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L’olio di palma è un rischio anche per gli investitori
Si parla tanto dell’olio di palma e delle sue conseguenze sulla salute e sulla deforestazione. Molto meno frequente è sentir parlare dei rischi finanziari legati all’olio di palma, in un momento in cui l’attenzione dell’opinione pubblica è altissima e molti produttori alimentari hanno scelto di farne a meno. Un’analisi di Sustainalytics fa il punto della
Si parla tanto dell’olio di palma e delle sue conseguenze sulla salute e sulla deforestazione. Molto meno frequente è sentir parlare dei rischi finanziari legati all’olio di palma, in un momento in cui l’attenzione dell’opinione pubblica è altissima e molti produttori alimentari hanno scelto di farne a meno. Un’analisi di Sustainalytics fa il punto della situazione, fino a porre una domanda molto netta: le aziende se li possono permettere?
Costi di produzione bassi, rischi Esg alti
A livello puramente economico, l’olio di palma risulta particolarmente conveniente perché i suoi costi di produzione sono molto bassi. È questo il motivo principale del boom del comparto, che secondo le stime della Fao passerà dai 61 miliardi di dollari del 2014 a 88 miliardi nel 2022. Come hanno evidenziato campagne d’opinione e inchieste (compreso il documentario di Leonardo DiCaprio Before The Flood), la filiera è fortemente esposta a controversie legate all’ambiente e ai diritti umani. Ciò significa che si profilano importanti rischi Esg (ambientali, sociali e di governance) per gli emittenti attivi nella produzione, nel commercio e nell’utilizzo dell’olio di palma.
Tutti i freni allo sviluppo dell’olio di palma
Oltre alle critiche dell’opinione pubblica, chi produce e commercia olio di palma si troverà di fronte a una strada sempre più costellata di ostacoli. È opinione comune, infatti, che l’Indonesia sia pronta a estendere la moratoria sulla concessione di nuove terre per le piantagioni di palme da olio. Le aziende dunque si stanno guardando intorno, ad esempio nelle regioni dell’Africa occidentale, ricche di foreste che costituiscono veri e propri gioielli di biodiversità. Cosa che potrebbe amplificare la minaccia della deforestazione e delle possibili violazioni dei diritti umani. Nel frattempo, nel mese di febbraio 2016 gli Stati Uniti hanno siglato il Trade Facilitation and Trade Enforcement Act, che proibisce l’ingresso nel Paese a prodotti che derivano, anche solo parzialmente, dal lavoro forzato. Al momento, le modalità di applicazione della misura non sono del tutto chiaro. In virtù di quest’incertezza è bene che le aziende stiano con gli occhi aperti.
Le aziende non sono ancora preparate
L’industria dell’olio di palma ha messo in campo una serie di iniziative per far fronte a questi rischi. Alcune sono campagne di comunicazione, altre coinvolgono a pieno titolo i loro modelli di business. Uno dei temi caldi è quello di assicurarsi che lungo tutta la filiera vengano rispettati determinati standard sociali e ambientali. Gli investitori stanno osservando la questione molto da vicino, per capire di chi si possono realmente fidare. E quali siano i casi, invece, in cui conviene scappare a gambe levate per evitare tracolli finanziari.
Sustainalytics, che si occupa proprio di ricerca sui temi Esg, ha preso in analisi tutte queste iniziative. Ed è arrivata a “dare i voti” alle principali società globali nel settore dell’olio di palma, elaborando un indicatore che aggrega diversi elementi. Da un lato, i loro impegni ambientali e nei confronti dei lavoratori; dall’altro lato, i loro sistemi di management; e ancora, le loro pratiche e quelle dei loro fornitori. I risultati? La stragrande maggioranza delle aziende è sonoramente bocciata. E sono davvero pochi i casi in cui l’approccio ai rischi Esg è davvero completo, efficiente e attento. Un dato eclatante, che dovrebbe suonare come un campanello d’allarme per i loro investitori.
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