Il bike delivery, la consegna dell’ultimo miglio in bicicletta, rappresenta una valida soluzione per ridurre l’impatto ambientale nelle aree urbane.
Omar Di Felice, in bicicletta al polo Nord per raccontare la crisi climatica
Artic World Tour è l’ultima impresa dell’atleta Omar Di Felice. Dalla Russia all’Alaska, con il supporto scientifico di Italian Climate Network
“Nei sogni comincia la responsabilità” scrive il poeta W. B. Yeats. La frase si può leggere in modi diversi ma di sicuro ci porta a riflettere sul potere creativo e trasformativo dell’immaginario, sul senso delle nostre azioni e sulla qualità dei nostri desideri. Lo sa bene Omar Di Felice, l’ultra cyclist romano alle prese con la sua ultima avventura chiamata Artic world tour.
4.000 chilometri dalla Russia all’Alaska, passando per Lapponia, Islanda e Groenlandia, pedalando per circa due mesi in solitaria tra scenari unici, per raccontare un mondo lontano, incredibilmente fragile e ancora da esplorare.
L’obiettivo di Omar è duplice: realizzare il primo giro del mondo artico e comunicare i problemi legati alla crisi climatica. Un sogno che si unisce al bisogno di prendersi delle responsabilità rispetto al posto occupato nel mondo dello sport e della comunicazione. Omar ci invita quindi a seguirlo e a osservare il polo Nord dal sellino della sua bicicletta, ascoltando la voce di esperti che nelle varie tappe intervengono per parlare delle condizioni del pianeta.
Omar Di Felice e la collaborazione con Italian climate network
L’impresa è frutto di un grande lavoro collettivo costruito con Italian climate network, un’associazione che si occupa di divulgazione ambientale, comunicazione e advocacy sui cambiamenti climatici, presente da anni anche ai negoziati per il clima delle Nazioni Unite. C’è la rete dell’associazione, ci sono i contributi degli scienziati e degli esperti, c’è Omar che pedala nel bianco e poi ci siamo noi. La sfida è quella di raggiungere insieme un traguardo nuovo, più vicino alla scienza e alla consapevolezza di quanto sta avvenendo al pianeta a causa dei cambiamenti climatici. Dobbiamo imparare a orientarci nella complessità, contrastando le fake news e la superficialità di una comunicazione mordi e fuggi, sapendo che sognare consapevolmente è possibile e quanto mai necessario.
Il racconto di Omar Di Felice dall’isola di Spitsbergen
Ci siamo collegati con Di Felice mentre si trovava sull’isola di Spitsbergen, la maggiore delle Svalbard. Questo è il punto più a nord del tragitto, siamo in Norvegia, a 78° gradi di latitudine nord, nel cuore dell’articolo.
“Quando sono atterrato qui mi sono emozionato – racconta Di Felice – queste zone dalla nostra latitudine vengono viste come lande di ghiaccio remote e inospitali. Spesso le ignoriamo, eppure questo è un mondo pieno di vita, biodiversità, culture e popolazioni indigene oltre che di scenari pazzeschi”.
Il viaggio è iniziato il 2 febbraio dalla Russia con l’attraversamento della Kamchatka (800 chilometri) a cui è seguito il trasferimento in aereo verso la Lapponia finlandese. Da lì altri 1.200 chilometri pedalati da Murmansk fino al fiordo di Tromsø, passando i confini di Svezia e Norvegia. Giorni in cui Omar ha trascorso anche tredici ore sui pedali, affrontando i -35 gradi a ritmi incredibili, percorrendo più di duecento chilometri al giorno. Non sono mancati gli imprevisti legati al meteo, alla burocrazia e alla salute fisica.
“La parte più difficile è sempre la prima, quando agganci il pedale e senti un mix di paura e agitazione. Ogni volta è la prima volta, devi rientrare nella routine dell’organizzazione di un viaggio come questo. La mente umana si deve riadattare. Ora sono pronto a vivere la seconda parte del viaggio con meno stress”. Dopo le isole Svalbard lo aspetta la Groenlandia, ovvero lunghe tappe off road, territori in cui non ci sono strade, per cui bisogna essere pronti a tutto, orsi polari compresi. Per questo ha deciso di passare dalla bici gravel a una fat bike: “Alla nuova bici ho collegato uno slittino perché servono scorte e attrezzature, non bastano le borse da bike-packing”.
Bike to 1.5 C°, in sella per la salute del Pianeta
“La bicicletta è il mezzo più naturale per renderci conto di cosa abbiamo intorno, anche in città mentre andiamo al lavoro. In questi ultimi dieci anni di carriera da ultra cyclist ho visto cambiare molto il mondo. Inoltre, mi sono reso conto di avere un ruolo pubblicamente esposto e ho pensato che sarebbe stato bello e importante offrire a chi mi segue il punto di vista degli scienziati, documentando il viaggio, strutturando il lavoro con una formazione personale e in sinergia con gli esperti di Icn”.
Così è nato il progetto Bike to 1.5 C° che nel novembre del 2021 l’ha portato a pedalare per 2000 chilometri da Milano a Glasgow in occasione della Cop26. Questa traversata ha rappresentato la prima tappa del percorso intrapreso con l’associazione Italian climate network, in cui si inserisce anche l’attuale Artic world tour.
Dare voce a esperti e scienziati
“Negli incontri con gli esperti cerco sempre di creare un percorso graduale, sottolineando prima di tutto cosa vuol dire comunicare e qual è il ruolo dei media. Spieghiamo cos’è il mondo artico, la sua geografia e i suoi confini, perché c’è molta confusione al riguardo”. Infatti, oltre al confine tracciato dalla linea del circolo polare artico – ovvero un parallelo fisso e immobile – ci sono i confini definiti dalle linee delle isoterme dei 10 gradi di luglio e dalla linea degli alberi, che si modificano in base al cambiamento climatico.
Continua Omar Di Felice: “Si sta registrando un ritiro del mondo artico che ha un impatto su biodiversità ed ecosistemi. Pensiamo per esempio agli orsi polari che stanno cambiando le loro abitudini perché manca cibo: si spostano e si avvicinano sempre più agli insediamenti umani. Un altro problema è legato alla fusione del permafrost – il terreno ghiacciato su cui siamo appoggiati – che libera nell’atmosfera una volta fuso grandi quantità di gas metano, uno dei principali attori che incidono nell’innalzamento delle temperature medie. Attenzione a pensare che questo non ci riguardi! Al contrario, riguarda tutti noi perché l’aumento delle temperature è globale e ormai stiamo registrando da oltre cinque anni ‘l’anno più caldo'”.
Oltre al confronto con climatologi, geografi, politologi e ricercatori, negli appuntamenti online, Omar racconta come si prepara un’avventura del genere e cosa vuol dire fare turismo sostenibile: “Spesso erroneamente si pensa che risolvere il problema sia tornare al calesse o far regredire il nostro sistema di vita. Non è così ma possiamo darci delle regole utili per contrastare la crisi”.
La certificazione del Guinnes, strumento contro le fake news
Omar Di Felice nella sua lunga carriera si è allenato a sognare in grande riuscendo così a realizzare imprese “impossibili”. Il freddo polare non è una novità visto che ha già pedalato in zone estreme come il Canada, Capo Nord, l’Alaska o l’Islanda. Per dare l’idea della sua esperienza e preparazione, ricordiamo l’attraversamento in solitaria del deserto dei Gobi nel 2020 o nel 2021 la spedizione invernale – sempre su due ruote – lungo i sentieri dell’Himalaya fino al campo base dell’Everest. È stato spesso “il primo” o “il più veloce” e ha ottenuto molti riconoscimenti.
L’ultimo Guinnes è appena arrivato e riguarda proprio il viaggio in corso. Lunedì 21 febbraio è arrivata infatti la conferma dal board internazionale dell’ente RHR: quella di Omar risulta essere la prima traversata ufficiale in inverno, senza supporto, della Kamchatka (in bici). In soli cinque giorni e otto ore, Omar ha coperto i primi 800 chilometri dei quattro mila previsti, mantenendo una media di 160 chilometri al giorno. Qualcosa di impressionante se si considera la difficoltà di procedere su un terreno ghiacciato con copertoni chiodati e il vento gelido contro.
“È un traguardo importante non per il mio ego, non perché mi si dica “bravissimo”, ma per confermare l’approccio scientifico di questo lavoro. La certificazione è un metodo, un sistema per validare quello che faccio grazie a una giuria e un ente terzo”. E poi aggiunge: “Le foto dei social network non possono certificare un’impresa sportiva. Siamo pervasi dalle fake news, per cui i dati sono fondamentali. Tutto questo richiede tempo di preparazione e lavoro da dedicare alla logistica ma restituisce autorevolezza e credibilità al progetto”. Conclude con una battuta: “Alla fine, pedalare per me è la cosa più semplice!”.
La bicicletta salverà il mondo
Il titolo Bike to 1.5 C° la dice lunga sullo scopo del progetto: “Voglio far capire che la bicicletta è il mezzo per raggiungere il contenimento delle temperature entro questo famoso 1.5°C deciso durante le conferenze internazionali sul clima, per cui dobbiamo lottare, per evitare scenari futuri catastrofici” spiega Omar. “Ho visto tutta la mia vita dalla sella di una bicicletta. Sono cambiate le forme, dalle gare sono passato alle avventure e ora alla divulgazione scientifica ma la bici per me è come una abbraccio, rappresenta le mie radici. In generale, per l’umanità, credo rappresenti il ritorno all’essenziale. La bicicletta è riscoperta e rinascita. Dobbiamo fare un passo indietro per cercare di essere più sostenibili”.
Chiudiamo la nostra chiacchierata con una riflessione pungente sul settore sportivo che deve evolvere, perché spesso si utilizzano cause importanti per motivare avventure fini a se stesse: “Non servono dichiarazioni di intenti ma fatti – dice Omar. “Non servono parole per pulirsi la coscienza e farsi pubblicità”. La sfida più grande dei nostri giorni si chiama responsabilità.
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