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L’Italia dell’auto vista dalla Cina? “Un meraviglioso Paese”. Il colosso cinese Chery approda in Italia. E mentre l’Europa riscopre il protezionismo, marchi (per ora) sconosciuti tessono alleanze strategiche.
Omoda-Jaecoo, vi dice qualcosa? Probabilmente no, almeno non ancora. I due nomi non devono trarre in inganno, in realtà si tratta di un solo marchio automobilistico, seppur con identità diverse per prodotti, target e posizionamento. Ma andiamo per gradi. Perché ne sentiremo parlare sempre di più? Intanto perché è un marchio automobilistico cinese. Proprio così, uno dei brand della galassia Chery (“il primo gruppo automotive cinese per esportazioni nel mondo”, spiega una nota; fondata nel 1997, con sede a Wuhu, prefettura nella provincia di Anhui, centro d’eccellenza per la robotica, l’industria e la tecnologia, Chery ha da poco annunciato il suo debutto sul mercato italiano con il brand Omoda-Jaecoo.
Quella Cina che fa tanto paura all’Europa, (vedi i recenti dazi destinati a colpire economicamente l’importazione di auto elettriche prodotte nel Paese), sta mettendo in atto una serie di strategie tese a “creare sinergie locali per diventare una vera azienda europea”. Tradotto, la Cina si sta attrezzando per produrre, fare ricerca e creare una supply chain locali. Se alle parole seguiranno i fatti lo vedremo.
Un gruppo automobilistico cinese che vuole “diventare parte integrante della comunità locale, impegnandosi al massimo per contribuire allo sviluppo sociale ed economico locale”. Insomma, più o meno la missione che per molti anni ha avuto in Italia la Fiat (e pensare che Sergio Marchionne nel 2007 pensava già a un’alleanza con Chery, ipotizzando persino di costruire un’Alfa Romeo in Cina). Un piano, quello che in Chery chiamano “In Europe for Europe”, di progressiva “europeizzazione”, in cui l’Italia potrebbe avere un posto di rilievo, perché “ha una storia automobilistica incredibile, è la patria del car design e delle grandi produzioni di lusso famose in tutto il mondo”, ha spiegato Zangshan Zhang, vice presidente di Chery automobile, che ha proseguito annunciando di voler progressivamente consolidare partnership locali, radicarsi ulteriormente, creare un “rapporto con questo meraviglioso Paese”. Curioso no? Che un’azienda cinese, dopo aver stretto alleanze strategiche in ogni parte del globo, riconosca all’Italia delle eccellenze di cui l’industria automotive europea (già, quell’Europa che alza muri e barriere piuttosto che investire nella transizione elettrica…), sembra essersi dimenticata.
Capito i cinesi? Insomma, per comprendere se e come le parole si trasformeranno anche in fatti dovremo attendere. Intanto, però, quelli annunciati sono numeri e programmi che fanno riflettere. Omoda-Jaecoo al primo semestre 2024 si annuncia fra i marchi auto che crescono più rapidamente al mondo con un aumento del 54 per cento rispetto all’anno precedente; il gruppo Chery nel primo semestre ha raggiunto vendite per un totale di 1.100.621 veicoli, accompagnate da un massimo storico di utenti globali che ora supera i 14 milioni; presente in 5 continenti; 17 stabilimenti; oltre 4 mila concessionari partner e più di 80 mila addetti in tutto il mondo. In Italia si comincia con una rete di vendita e assistenza di oltre 40 punti vendita riconducibili a una trentina di realtà imprenditoriali consolidate. Capito i cinesi? D’altro canto, Zangshan Zhang ha le idee chiare: “Per raggiungere questi risultati ci vogliono basi solide e, soprattutto, la piena coscienza che il cliente europeo e il sistema economico continentale sono centrali”.
Il primo modello si chiama Omoda 5 (un suv per ora disponibile solo in versione endotermica), con prezzi a partire da 27.900 euro, a cui si aggiunge il lancio (a partire da settembre) di un secondo modello, Jaecoo 7, nelle versioni benzina e ibrida plug-in. Marchi e modelli, Omoda e Jaecoo, destinati ad avere target e pubblico diversi. La prima elettrica del marchio si chiama Omoda 5 EV, un crossover lungo poco più di 4 metri, con un powertrain da 204 cavalli alimentato da una batteria al litio ferro fosfato da 62 kWh o, in alterativa, da 41 kWh. L’autonomia dichiarata è di 430 chilometri. I prezzi non sono stati ancora comunicati, ma si annunciano competitivi come nelle politiche del marchio.
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