Il Vaticano ha chiesto all’Italia di modificare il ddl Zan, il provvedimento contro l’omotransfobia già approvato dalla Camera e ora al centro di un lungo e lento dibattito in Senato, in quanto violerebbe “in alcuni contenuti l’accordo di revisione del Concordato”, o più precisamente l‘accordo siglato nel 1984 tra Stato e Chiesa che superò il Concordato del 1929, parte dei Patti Lateranensi. Il Concordato del 1984, noto anche come Accordo di Villa Madama, firmato dal presidente del Consiglio Bettino Craxi e dal egretario di Stato vaticano Agostino Casaroli, aggiornava i patti tra Stato e Chiesa disciplinando, tra le altre cose, l’indipendenza e la sovranità dei due ordinamenti, l’istituzione di scuole cattoliche e la loro parificazione alle scuole pubbliche, la tutela degli edifici e del patrimonio artistico del Vaticano, l’introduzione dell’8xmille.
La richiesta del Vaticano affidata ad un nota formale
La richiesta ufficiale è giunta all’ambasciata italiana presso la Santa Sede lo scorso 17 giugno (ma solo ieri ne è stata data notizia dal Corriere della Sera) sotto forma di nota verbale, una comunicazione formale preparata in terza persona e non firmata: a consegnarla è stata monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, l’equivalente del nostro ministro degli Esteri.
Nella nota, per la sua forma non ascrivibile personalmente né a monsignor Gallagher né a Papa Francesco, ma piuttosto alla Santa Sede in generale, si spiega che il ddl Zan, in alcuni suoi passaggi, metterebbe in discussione “la libertà di organizzazione delle scuole private cattoliche”: questo perché l’articolo 7 del disegno di legge non esenterebbe le scuole private dall’organizzare attività in occasione della Giornata nazionale contro l’omofobia,la lesbofobia e la transfobia, prevista proprio dalla nuova legge.
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Ma soprattutto, spiega il Vaticano, le norme del ddl Zan “addirittura attenterebbero, in senso più generale, alla libertà di pensiero della comunità dei cattolici”, con il timore “che l’approvazione della legge possa arrivare persino a comportare rischi di natura giudiziaria”. Il Vaticano chiede quindi che “siano accolte le nostre preoccupazioni”.
In che senso, o in che modo? Il Concordato tra Stato e Chiesa prevede che di fronte ad un problema di corretta applicazione del Patto è possibile che si arrivi all’attivazione di una commissione paritetica, che avrebbe il compito di dirimere amichevolmente la controversia. L’articolo 14 del Concordato del 1984 prevede infatti che “se in avvenire sorgessero difficoltà di interpretazione o di applicazione delle disposizioni, la Santa Sede e la Repubblica italiana affideranno la ricerca di un’amichevole soluzione ad una commissione paritetica da loro nominata”.
Di fatto però dal 1984 a oggi non si è verificata la necessità di ricorrere alla commissione paritetica, la cui composizione non è nemmeno specificata nel testo: nel 2005 il Vaticano si spese sì per il mancato raggiungimento del quorum per il referendum abrogativo della fecondazione assistita, ma rivolgendosi all’opinione pubblica e non alla politica, mentre nel 2016 in occasione dell’approvazione dellalegge sulle unioni civiliBergoglio disse chiaramente che “il Papa non si immischia nella politica italiana”. L’unico precedente in cui il Vaticano, tramite l’allora Papa Paolo VI, si rivolse direttamente all’ambasciatore italiano presso la Santa Sede fu nel 1974, in occasione della legge sul divorzio, ma neanche in quel caso si passò a una vera trattativo Stato-Vaticano, così come nel 1981 per la legalizzazione dell’aborto che pure era vista molto negativamente da Giovanni Paolo II.
Le risposte delle istituzioni
Per questo la nota ufficiale del Vaticano è stata vista da molti osservatori anche come un’ingerenza nei lavori del Parlamento, che attualmente è nel pieno dell’esame del disegno di legge. Roberto Fico, presidente del ramo del parlamento che ha già approvato il ddl Zan, ha già chiarito che “il Parlamento è sovrano”. E proprio alla Camera oggi anche il presidente del Consiglio Mario Draghi ha precisato: “Il nostro è uno Stato laico, non è uno Stato confessionale, quindi il parlamento è certamente libero di discutere e di legiferare”.
Il ddl Zan è stato approvato finora solamente alla Camera, lo scorso novembre, mentre al Senato è stato calendarizzato in commissione Giustizia già a maggio, ma i lavori procedono a rilento per via di una spaccatura all’interno della stessa maggioranza. Lega, Forza Italia e Udc hanno infatti presentato un disegno di legge alternativo, che si limita a introdurre l’aggravante omofoba rispetto oltre a quelle già previste dall’articolo 61 del Codice penale (“aver agito in ragione dell’origine etnica, credo religioso, nazionalità, sesso, orientamento sessuale, disabilità”).
Proprio la possibilità che il ddl Zan incida sulla libertà di opinione, come sottolineato dal Vaticano, è una delle principali preoccupazioni del centrodestra. “Compito del diritto penale – è scritto nella relazione al ddl alternativo – è quello di attenersi alla materialità dei fatti, non potendo essere utilizzato per promuovere valori etico-culturali”.
Cosa prevede il ddl Zan
Il disegno di legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo preparato da Alessandro Zan, deputato del Pd, andrebbe invece a modificare l’articolo 604 bis del codice penale, che ad oggi punisce con la reclusione fino a sei anni anni i reati di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa, aggiungendo anche gli atti discriminatori fondati “sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”.
Il #DDLZan è stato approvato da un ramo del Parlamento a larga maggioranza, e l’iter non si è ancora concluso.Vanno…
All’articolo 4 il dd Zan precisa però che “sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime; conducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”.
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