Il primo One Planet summit dedicato alla biodiversità, organizzato dalla Francia in accordo con le Nazioni Unite nella giornata di lunedì 11 gennaio, ha rappresentato l’avvio di un anno cruciale per l’ambiente e il clima della Terra. Che culminerà nel secondo semestre con la Cop 15 della Convenzione sulla diversità biologica, che si terrà in Cina, e con la Cop 26, la ventiseiesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, prevista per il mese di novembre a Glasgow.
L’assenza di Brasile, Cina, Russia, Indonesia e Australia
Il primo impegno concreto che la comunità internazionale presente in videoconferenza per il One Planet summit si è fissata è quello di arrivare a rendere area protetta il 30 per cento della superficie del Pianeta, entro il 2030. L’azione, battezzata “30×30”, è stata approvata da 50 nazioni: ad oggi il 15 per cento delle terre emerse e il 7 per cento degli oceani è sottoposto a protezione.
“A livello internazionale, nessuno degli obiettivi che era stato fissato per il decennio appena terminato, in termini di tutela della biodiversità, è stato centrato”, ha ammesso il presidente francese Emmanuel Macron. Che ha ricordato come “il futuro dipende da ciò che facciamo qui e ora”.
A dimostrare, almeno nelle intenzioni, di volersi impegnare concretamente sono state nazioni come Germania, Canada, Cile, Colombia, Finlandia, Grecia, Regno Unito, Spagna, Giappone, Irlanda, Italia, Pakistan. Ma anche Emirati Arabi Uniti e Repubblica Democratica del Congo. A mancare, però, sono stati attori fondamentali a livello internazionale – sia in termini di estensione geografica, sia per la qualità dei loro territori – come il Brasile, la Cina, la Russia, l’Indonesia e l’Australia.
Greenpeace: “Obiettivi vecchi e misure concrete poco chiare”
Quanto basta per far sorgere dubbi a militanti e organizzazioni non governative. “L’obiettivo di estendere le zone protette è sul tavolo già da molto tempo – ha sottolineato François Chartier, responsabile della campagna oceani di Greenpeace Francia -. E per quanto riguarda i livelli di tutela immaginati e le misure concrete che saranno adottate è ancora tutto molto poco chiaro”. “Sono stati avanzati degli annunci, ora vedremo se si tradurranno in fatti”, ha commentato da parte sua la direttrice generale del Wwf Véronique Andrieux.
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Allo stesso modo, l’attivista svedese Greta Thunberg ha riassunto i risultati del One Planet Summit in modo particolarmente duro: “Bla bla”, ha scritto su Twitter. Parole alle quali Macron è sembrato rispondere in modo diretto: “Qualcuno ci dirà che sono solo chiacchiere. Io penso che cambiare le cose implichi azioni concrete ma anche impegni politici come quelli assunti qui”.
Per Greta Thunberg il One Planet summit è solo un “bla bla”
Un’altra iniziativa lanciata nel corso del One Planet summit è stata quella che punta a rendere “un esempio” il mar Mediterraneo entro la fine del decennio in corso. Ciò basandosi su quattro assi: l’estensione delle aree protette, la fine della pesca eccessiva, l’eliminazione dell’inquinamento marino (in particolare per quanto riguarda la plastica) e lo sviluppo di traporti marittimi sostenibili. Benché infatti il Mediterraneo rappresenti solamente l’1 per cento della superficie mondiale dei mari, esso presenta una biodiversità particolarmente ricca, con oltre 17mila specie. Proprio la loro conservazione sarà al centro del congresso dell’Unione internazionale per la conservazione della natura, previsto per il mese di settembre a Marsiglia.
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