Il 6 dicembre 2023, mentre la Cop28 compiva il suo giro di boa, i ministri dell’energia di diversi paesi arabi dell’Opec avevano già deciso di respingere qualsiasi accordo finale che puntasse direttamente alla graduale eliminazione dei combustibili fossili.
Infatti, durante la 12esima Conferenza araba sull’energia, che si è tenuta a Doha, capitale del Qatar, il segretario generale dell’Opec, Haitham Al Ghais, ha esortato i membri dell’Opec a bocciare qualunque soluzione discussa alla Cop di Dubai che prevedesse il phase out.
Al Ghais, che di recente si è scagliato contro l’invito dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) a eliminare i combustibili fossili, ha messo nero su bianco il suo avvertimento, in una lettera che è stata consultata dall’agenzia di stampa Reuters.
L’Opec aveva già deciso prima della Cop
I paesi dell’Opec, il principale cartello di produttori di petrolio (di cui fanno parte 13 stati) detengono circa l’80 per cento delle riserve mondiali di petrolio, la maggior parte delle quali è concentrata tra i membri del Medio Oriente. Per la maggioranza di questi paesi i ricavi petroliferi rappresentano la principale fonte di reddito. Non stupisce, quindi, che qualsiasi messaggio proveniente dalla Cop28 e finalizzato a ridurre la domanda di petrolio e gas, si trasformi – per questi paesi – in un campanello di allarme.
Gli Emirati Arabi Uniti, secondo paese arabo a ospitare il vertice sul clima dopo l’Egitto nel 2022 e membro dell’Opec, insieme ad altri produttori di energia del Golfo, ha chiesto una transizione energetica che consideri “più realisticamente” il ruolo dei combustibili fossili nel garantire l’approvvigionamento energetico mentre le industrie sono impegnate nella fase di decarbonizzazione.
Sultan Al Jaber, capo della compagnia petrolifera di stato degli Emirati Arabi Uniti, la Adnoc, e presidente della Cop28, da una parte ha dichiarato che una riduzione graduale dei combustibili fossili è inevitabile, ma dall’altra, stando alle prime bozze in circolazione del documento finale, il global stocktake, pare improbabile che si parlerà di “phase out”.
Concentrarsi sulla riduzione delle emissioni, non su quella dei combustibili
Così succede che mentre 80 paesi, tra cui gli Stati Uniti, l’Unione Europea, e diversi rappresentanti politici dei paesi più vulnerabili al riscaldamento globale – specie quelli delle isole del Pacifico che rischiano di sparire a causa dell’innalzamento del livello dei mari – insistono perché la Cop28 termini con l’impegno di rinunciare ai combustibili fossili, al vertice di Doha si riuniscono i ministri di Iraq, Kuwait, Algeria, Libia e anche l’Oman, che non è un membro dell’Opec, così come il Qatar che ospita l’evento.
A questi si sono aggiunti anche il ministro dell’energia saudita, il principe Abdulaziz bin Salman, appena rientrato da Dubai per il vertice sul clima (il ministro dell’energia degli Emirati Arabi Uniti, Suhail Mohamed Al Mazrouei, era invece assente). L’Arabia Saudita, leader de facto dell’Opec, ha insistito perché i documenti finali della conferenza delle parti di Dubai si concentrino sulla riduzione delle emissioni, piuttosto che sui combustibili fossili che le causano.
Il Qatar, che ha lasciato l’Opec nel 2018 ma la cui posizione è in gran parte allineata con altre nazioni produttrici di petrolio e gas, ha affermato di aver investito decine di miliardi di dollari nella sua industria del gas naturale liquefatto (gnl): durante la Cop, il capo della compagnia energetica statale del Qatar, Saad al-Kaabi, ha sostanzialmente detto che la decisione di investire nel gnl si è basata “su una comprensione realistica delle necessità del mercato e di concentrare gli sforzi nella riduzione delle emissioni globali di CO2”.
Oil producer group OPEC has called on its members and allies to resist any attempts by the COP28 climate summit negotiations to target fossil fuels in its final agreement. https://t.co/q9nfXLfVgRhttps://t.co/q9nfXLfVgR
Ma la posizione più estrema al riguarda è quella del Kuwait che “opera secondo una politica basata sulla preservazione delle fonti di ricchezza petrolifera e sul loro sfruttamento e sviluppo”, ha detto all’agenzia di stampa statale del Kuwait, Kuna, il ministro del petrolio Saad Al Barrak. Il ministro ha ribadito il suo rifiuto all’inclusione di un phase out, aggiungendo che il suo paese “crede profondamente nella necessità di ridurre le emissioni di gas serra per proteggere l’ambiente”. Però, non ha spiegato come intende raggiungere tale obiettivo.
Secondo il membro del governo di Bagdad, quella che le nazioni arabe stanno conducendo alla Cop28 è “una battaglia per la nostra libertà e i nostri valori”, mentre il ministro iracheno del Petrolio, Hayan Abdel-Ghani, ha dichiarato che “le energie fossili resteranno la principale fonte di energia nel mondo”, lasciando intendere una posizione oltranzista da parte dell’Iraq, che potrebbe non lasciare spazio non solo a un’uscita, ma neppure a una diminuzione dello sfruttamento di carbone, petrolio e gas.
A parlare è stato anche Mohamed Bin Mubarak Bin Daina, ministro del Petrolio e dell’Ambiente del Bahrein, che ha sottolineato come proprio il petrolio rappresenti “un elemento essenziale delle nostre economie. Dobbiamo concentrarci su questa industria e preservarla, consumando i suoi derivati in maniera equilibrata”. Ciò nonostante, il rappresentante della monarchia araba ha comunque parlato di riduzione delle emissioni e di utilizzo più intensivo delle energie rinnovabili.
Gli accordi alle conferenze climatiche dell’Onu devono essere approvati all’unanimità tra i quasi 200 paesi presenti. La posizione conservatrice dei paesi dell’Opec espressa durante la Conferenza araba sull’energia è l’ennesima dimostrazione di quanto sia difficile mettere d’accordo tutti i paesi su quali misure adottare per frenare la crisi climatica. Anche se la comunità scientifica non ha più alcun dubbio: i combustibili fossili vanno eliminati. Tutte le altre proposte rientrano nel campo delle false soluzioni.
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