L’assedio militare di Israele alle città della Cisgiordania continua

Continua l’operazione “antiterrorismo” lanciata dall’esercito d’Israele sulle città e i campi profughi palestinesi.

Prosegue per il secondo giorno di fila l’operazione militare lanciata da israele in Cisgiordania nella notte tra martedì e mercoledì, causando morti fra i palestinesi già durante le prime ore. Le Forze di difesa israeliane (Idf) si sono dirette contemporaneamente verso quattro tra le città principali situate in territorio palestinese – Nablus, Jenin, Tulkarem e Tubas – attaccandole sia con un’incursione via terra che dall’alto. L’Idf ha messo in atto un vero e proprio assedio, isolando i centri obiettivo dell’operazione e interrompendo le vie di collegamento con il resto del territorio. Anche i grandi campi profughi di Jenin e Tulkarem sono stati presi di mira dai raid dei militari, che ne hanno ordinato l’evacuazione. Tel Aviv ha motivato l’operazione parlando di “attività terroristiche” nell’area da contrastare. Il grande dispiegamento di forze messo in campo dall’Idf ha portato molti osservatori a paragonare l’incursione a quelle effettuate durante la Seconda intifada all’inizio degli anni Duemila, ritenendo le operazioni ancora in corso la più massiccia operazione militare in territorio palestinese degli ultimi venti anni. Anche per questo motivo, le Nazioni Unite hanno reagito definendo le modalità di condotta di Israele una “violazione del diritto internazionale”.

Il numero dei morti fra i palestinesi è destinato a salire

Giovedì mattina l’Idf ha comunicato l’uccisione di cinque palestinesi nascosti in una moschea a Tulkarem, che si aggiungono al bilancio dei morti di mercoledì. Nelle prime ore dall’inizio dell’attacco media locali avevano parlato di almeno 10 persone uccise, concentrati soprattutto nelle aree di Tulkarem, Jenin e Tubas. L’Idf ha precisato che si tratta di “terroristi”. Secondo quanto comunicato dalla Mezzaluna Rossa palestinese, quattro persone sono state uccise dalle forze israeliane nel campo profughi di Fara’a a Tubas, tre persone in un attacco di droni israeliani contro un veicolo nel villaggio di Seir, vicino alla città di Jenin, e due sono state uccise nella stessa Jenin. L’agenzia di stampa palestinese Wafa ha poi parlato di una persona eliminata a colpi di arma da fuoco nel villaggio di Kafr Dan, sempre nei dintorni di Jenin.

Secondo il ministero della Salute dell’Autorità nazionale palestinese che governa il territorio della Cisgiordania, i palestinesi uccisi sarebbero almeno diciotto, a cui si aggiungono decine di feriti. I media locali hanno sottolineato a più riprese come l’azione militare dell’Idf sia paragonabile ad un vero e proprio assedio, condotto con centinaia di soldati dispiegati per le strade, aerei e droni e bulldozer, lo strumento attraverso il quale Israele distrugge gli edifici palestinesi prima di appropriarsi del territorio attraverso insediamenti illegali. Riguardo alla durata dell’operazione militare Tel Aviv è, fino ad ora, rimasto vago, senza precisare quando l’offensiva si fermerà.

I campi profughi della Cisgiordania sotto assedio 

Giovedì l’idf ha reso nota l’uccisione di Muhammad Jaber, definito “il terrorista ricercato numero uno in Cisgiordania” secondo Channel 12. Jaber era il comandante dell’ala militare della Jihad islamica a Nur Shams, il campo profughi di Tulkaerm.

Tra gli obiettivi principali dell’offensiva di Tel Aviv ancora in corso ci sono soprattutto i campi profughi sparsi sul territorio palestinese e non lontani dalle città colpite. Si tratta del già citato campo di Fara’a a Tubas che, secondo i dati dell’Unrwa ospita quasi 11mila rifugiati palestinesi, quello di Jenin, con oltre 23mila persone e il proprio Nur Shams a Tulkarem, dove sono stanziati 13mila palestinesi. Da tempo l’Idf e il governo di Nethanyau considerano i campi profughi i luoghi in cui si nascondono i terroristi islamici. A questo proposito, il ministro degli Esteri Israel Katz ha giustificato l’operazione con la necessità di ostacolare i piani terroristici suppportati dall’Iran, sostenendo che il governo di Teheran voglia ampliare la minaccia a Israele aprendo un fronte orientale, appunto in Cisgiordania. Katz ha poi parlato di “evacuazione temporanea” dei palestinesi dalla Cisgiordania, sollevando il timore che Israele stia tentando di organizzare lo sfollamento forzato dei palestinesi dal territorio.

Come riportato ad Al Jazeera da Omar Baddar, analista politico del Medio Oriente, quest’ultima richiesta farebbe parte di una strategia più ampia in linea di continuità con le operazioni di Tel Aviv a Gaza: “Penso che valga la pena notare il contesto, ovvero il fatto che Israele ha intenzione di annettere e pulire etnicamente vaste parti della Cisgiordania da molto, molto tempo”, ha detto Baddar .

In verità, le offensive di Israele in Cisgiordania non sono nate ieri notte: dal 7 ottobre ad oggi, oltre alle 40mila vittime comunicate dal ministero della Sanità di Gaza, si aggiungono i 662 palestinesi uccisi in Cisgiordania. Nel frattempo, a Jenin proseguono gli scontri tra i palestinesi e l’Idf: la scorsa notte i residenti del campo profughi hanno attaccato bulldozer e veicoli militari.

La condanna dell’Onu e le parole di Borrell

Oltre alla pronta condanna delle Nazioni Unite, che hanno definito l’offensiva israeliana “una violazione al diritto internazionale”, giovedì è intervenuto anche l’Alto rappresentante per la politca estera dell’Unione europea Josep Borrell, che ha parlato della possibilità di sanzionare alcuni ministri israeliani: “Alcuni ministri di Israele hanno lanciato messaggi d’odio, incitazione a commettere crimini di guerra contro i palestinesi e io credo che l’Ue debba usare tutti gli strumenti a sua disposizione: ma non posso decidere, posso solo proporre e saranno gli Stati membri a decidere”, ha concluso lo spagnolo.

 

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