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Il lato oscuro della terra dell’oro, l’oppio torna a coprire i campi della Birmania
Quando si parla della Birmania (o Myanmar) spesso si nomina la parola “oro” e ancor prima di atterrare a Yangon, la sua città più grande, si può intuire perché spesso ci si riferisca a questo paese come, appunto, alla “terra dell’oro”. Miriadi di pagode dorate punteggiano il paesaggio nelle vicinanze della città come nel resto
Quando si parla della Birmania (o Myanmar) spesso si nomina la parola “oro” e ancor prima di atterrare a Yangon, la sua città più grande, si può intuire perché spesso ci si riferisca a questo paese come, appunto, alla “terra dell’oro”. Miriadi di pagode dorate punteggiano il paesaggio nelle vicinanze della città come nel resto del paese: l’oro arricchisce i monasteri e i monumenti ovunque si volga lo sguardo. Per ironia della sorte, la terra dell’oro è anche la nazione più importante del Triangolo giallo, da dove viene la maggior parte dell’oppio prodotto nel Sudest asiatico. In Birmania decine di migliaia di contadini poveri e di lavoratori senza terra hanno deciso di cominciare a coltivare il papavero da oppio per il proprio sostentamento.
Il Myanmar, prima di essere soppiantato dall’Afghanistan negli anni Ottanta, è stato il maggior produttore di oppio ed esportatore di eroina (un derivato della morfina, che si trova naturalmente nel papavero da oppio) a livello globale. Oggi i papaveri da oppio sono considerati illegali. Eppure, dopo un lungo periodo in cui la produzione di oppio era precipitata grazie a leggi in materia più rigide, i coltivatori di papavero della Birmania e i trafficanti sono tornati in affari: la produzione è aumentata in seguito alla recente apertura economica del paese al resto del mondo. Da alcuni dati pubblicati dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (Unodc) è emerso che nel dicembre del 2014 le coltivazioni di oppio ricoprivano una superficie di 57.600 ettari di terra, il triplo rispetto al 2006.
Nei villaggi degli stati di Kachin e North Shan, nel nord del paese, i contadini sono coscienti delle conseguenze della loro attività sia a livello locale che internazionale. Ma non sono pronti ad abbandonarla per il guadagno che ne ricavano. Fino al gennaio del 2015, secondo quanto riportato sul New York Times, un chilo di papaveri produceva circa 414 dollari, due o tre volte tanto rispetto a tutte le altre piante coltivate in quella zona. Anche se si considera che, come ha rivelato il quotidiano americano, parte dei guadagni viene dato alle forze di polizia e agli eserciti nazionali ed etnici perché chiudano un occhio su questa attività illegale la coltivazione del papavero da oppio rimane comunque l’opzione economicamente più vantaggiosa.
Oltre al profitto economico, l’Unodc riporta che gli abitanti di quei villaggi continuano a dedicarsi a quel tipo di attività perché “i commercianti di oppio, rifornendosi direttamente nei villaggi, li liberano dal peso del viaggio” verso i mercati per vendere la merce.
In quei luoghi dove prospera il business dell’oppio, anche la dipendenza da droga è comune. Secondo le stime dell’Unodc, “dal 2012 al 2014 il consumo di oppio è raddoppiato, mentre quello di eroina è triplicato”, specialmente nei villaggi dove viene coltivato l’oppio.
La droga nel nord della Birmania costa relativamente poco, è facilmente reperibile e ad usarla sono quasi sempre persone povere e senza lavoro. Secondo i dati delle autorità religiose di Kachin riportati dalla Cnn circa il 65-70 per cento dei giovani fa uso di droga. Alcuni testimoni dicono di aver visto fognature e campi cosparsi di siringhe usate, nelle zone in cui questo problema ha avuto maggiore eco e le statistiche dimostrano che il tasso di malati di Aids tra la popolazione rimane alto.
Vista l’inefficienza nel risolvere i problemi sociali e di salute dovuti al business dell’oppio, il governo del Myanmar, insieme ad esperti internazionali, sta rivedendo la propria politica sulla droga. Nel frattempo alcune ong locali e internazionali e organizzazioni della società civile danno il proprio sostegno alle comunità che vivono nelle zone interessate dalla produzione, dal traffico e dall’abuso di oppio. Sono stati portati avanti progetti che danno assistenza sanitaria e sociale alle comunità e che incentivano la produzione di altri tipi di colture e attività di sostentamento che offrono alla gente opportunità tangibili per costruirsi un futuro più luminoso nella terra dell’oro.
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