Il progetto LIFE New4Cartridges, coordinato da Eco Store, si concentra sul mercato delle cartucce d’inchiostro per dare vita a un approccio sostenibile.
Orange Fiber, un futuro internazionale per i tessuti fatti con gli agrumi
Dalla terra siciliana in cui affondano le radici degli agrumi e si spande il profumo della zagara, crescono i frutti che hanno ispirato Orange Fiber, i cui progetti ad alto contenuto di innovazione e sostenibilità prendono la strada del mondo. Sono i filati e tessuti ottenuti dal pastazzo di agrumi, sottoprodotto dell’industria della spremitura, che
Dalla terra siciliana in cui affondano le radici degli agrumi e si spande il profumo della zagara, crescono i frutti che hanno ispirato Orange Fiber, i cui progetti ad alto contenuto di innovazione e sostenibilità prendono la strada del mondo. Sono i filati e tessuti ottenuti dal pastazzo di agrumi, sottoprodotto dell’industria della spremitura, che posizionano l’azienda a valle di un’industria alimentare che caratterizza fortemente la Sicilia, terra da cui provengono le fondatrici e che vale, solo in Italia, circa 700mila tonnellate ogni anno.
Dalla prima idea di utilizzare scarti delle arance per la produzione di tessuti, con l’obiettivo di rendere più sostenibile il mondo della moda, la piccola media impresa innovativa con sede a Catania in questi otto anni di vita ha fatto tanta strada: oggi Orange Fiber ha rapporti consolidati con aziende internazionali e guarda al futuro e ad una crescita sempre più sostenibile, a livello ambientale ed economico. Lo fa anche grazie alla consulenza di LifeGate, per quanto riguarda i processi produttivi, mentre è entrata a far parte dell’ecosistema di LifeGate Way, la controllata del gruppo che si occupa di startup sostenibili.
Orange Fiber guarda lontano ma affonda le proprie radici saldamente nell’amata Sicilia, luogo dove è stato costruito l’impianto produttivo e che ha visto convergere idee, persone e congiunture che hanno dato vita a questo progetto: una studentessa di moda, Adriana, con l’intuizione di sviluppare a partire dalle arance tessuti sostenibili per la moda e valorizzare la propria terra; la foto di un agronomo che lamentava l’impossibilità di vendere sul mercato gli agrumi che rimanevano nei campi; l’incontro con Enrica, con una formazione in comunicazione, esperienze nella cooperazione internazionale e il desiderio di avere un impatto attraverso la propria attività lavorativa. Era il 2014 e in Italia si respirava il fermento di Expo sulle filiere alimentari e la sostenibilità.
Proprio Enrica, co-fondatrice e oggi amministratore delegato dell’azienda, di cui guida scelte e strategie, ci ha raccontato quest’esperienza che parla di economia circolare, innovazione, futuro e sostenibilità.
Come si è sviluppata l’idea di Orange Fiber?
Orange Fiber è nata con l’idea di creare materiali per la moda più sostenibili, riutilizzando scarti di produzione e riducendo così l’utilizzo di materie prime vergini. La prima fase è stata molto teorica, ha riguardato l’ideazione del processo e la sperimentazione in laboratorio, in collaborazione con il Politecnico di Milano, e si è concretizzata con il brevetto, prima in Italia e poi in altri Paesi produttori di succo di agrumi, del processo di estrazione della cellulosa atta alla filatura dagli scarti degli agrumi nell’industria alimentare. Nella seconda fase c’è stata la fondazione della startup, avvenuta nel 2014, la raccolta fondi, la creazione del prototipo e la produzione pilota, fino a che nel 2017 la casa di moda Salvatore Ferragamo ha realizzato una capsule collection con tessuti Orange Fiber. È lì che ci siamo affacciati sul mercato e nel 2019 una nuova raccolta fondi ci ha permesso un ulteriore ampliamento e progressivamente, grazie ai finanziamenti e riconoscimenti ottenuti, siamo cresciuti fino a diventare, oggi, una Pmi innovativa.
La partnership con Lenzing Group, siglata nel 2021, ci ha permesso di consolidare un processo industriale in cui parte della cellulosa di legno utilizzata nella produzione tessile viene sostituita da cellulosa prodotta dal pastazzo, migliorando così la sostenibilità del prodotto finito: per quanto provenga da foreste certificate, infatti, la cellulosa del legno consuma materia prima di valore. Questa stessa logica può essere applicata a diversi altri prodotti, ad esempio vorremmo andare a sostituire anche materiali inquinanti, sintetici e plastici che derivano da base petrolio, come quelli presenti nel poliestere o nel nylon.
Quale processo porta alla creazione della fibra di arancia?
La cellulosa estratta dal pastazzo di agrumi Orange Fiber diventa una fibra dall’aspetto simile ad un batuffolo che viene poi trasformato in filato e tessuto. È possibile realizzare un tessuto cento per cento Orange Fiber, ma i blend di materiali vengono studiati per dare al tessuto determinate caratteristiche in base alle necessità del cliente. Per esempio, un mix con la seta offre un effetto di morbidezza e maggiore lucentezza. Un blend con altre fibre di cellulosa può soddisfare le richieste di prodotti vegani e animal free o biologici. Tutto dipende dai brand, dalle loro scelte stilistiche e valoriali. Orange Fiber mantiene sempre la supervisione del processo e il controllo del prodotto finito, così da garantire trasparenza, tracciabilità e un certificato di qualità che l’azienda andrà ad utilizzare, apponendo il marchio Orange Fiber sull’etichetta dei propri capi e comunicando così un messaggio che parla di sostenibilità e responsabilità ambientale.
Come lavorate sulla sostenibilità del processo di estrazione della fibra?
Le nostre attività sono a uno stadio relativamente iniziale di sviluppo quindi stiamo elaborando il modo di ottimizzarle. Abbiamo intrapreso un percorso di analisi e valutazione dell’impatto del nostro lavoro in modo da assicurarci un futuro sostenibile a livello economico e ambientale. In particolare, stiamo analizzando e valutando il consumo d’acqua, l’impronta di carbonio, l’efficienza dei processi, l’impatto dei prodotti di scarto in modo da poter valorizzare al meglio ogni risorsa e generare valore a ogni stadio del processo. I nostri prodotti così come i nostri processi sono altamente innovativi, pertanto è necessario un costante lavoro di ricerca e sviluppo per ottimizzare e migliorare sempre più il nostro modello. Noi prendiamo come riferimento per l’ottimizzazione, l’estrazione industriale di cellulosa da legno vergine certificato, che allo stato attuale è tecnologicamente più efficiente rispetto a quella da pastazzo di agrumi, in primis perché il legno contiene una maggiore quantità di cellulosa, ma anche perché lavora su quantitativi ed impianti molto più grandi e sulla base di processi che sono stati sviluppati e ottimizzati nel corso di diversi decenni – si pensi che il processo per la viscosa risale a fine ‘800. L’uso di legno vergine però, nel caso per esempio di quello non certificato, è tra le cause della deforestazione. Il nostro lavoro di assessment, valutazione e adattamento è necessario per capire cosa migliorare nel prossimo salto in avanti verso l’aumento della capacità produttiva. Anche i programmi di mentoring che abbiamo intrapreso ci aiutano in questo percorso, migliorando la nostre competenze manageriali.
Cosa c’è nel presente e nel futuro di Orange Fiber?
Nonostante tutte le incertezze e le difficoltà che hanno colpito il mondo della moda e non solo, il 2021 ci ha portato grandi soddisfazioni e riconoscimenti. Abbiamo infatti utilizzato quest’ultimo anno che andava a rilento per partecipare a concorsi e grant e siamo contenti perché stiamo andando verso un futuro sempre più europeo e sostenibile. Abbiamo vinto la Vogue Yoox challenge 2021 grazie all’innovatività del nostro prodotto, siamo tra i finalisti del Social innovation tournament, organizzato in collaborazione con la Banca europea per gli investimenti (Bei) e della Microfiber innovation challenge di Conservation X Labs e abbiamo creato un’edizione limitata di cravatte con il marchio tradizionale del made in Italy E. Marinella. Già nel 2019 siamo stati inclusi nella H&M conscious exclusive, una capsule collection del grande brand realizzata con nuovi tessuti provenienti da fonti sostenibili.
Il nostro obiettivo a dieci anni è produrre una materia prima da fonti alternative, sostenibili e scarti alimentari e farlo in modo altamente performante. Vogliamo fare in modo che ogni componente del processo possa essere nobilitata, utilizzando ad esempio la biomassa per la produzione di energia, un impianto che usa la più alta percentuale possibile di scarti di arance, migliorare l’efficientamento energetico, ridurre il consumo di acqua. Anche per questo stiamo cercando di creare legami con esperienze italiane e catanesi che attraverso i propri processi nobilitano le materie prime e hanno, rispetto alla spremitura dei frutti, un livello di processo più avanzato e un più elevato contenuto tecnologico. Ad esempio, il nostro responsabile tecnologico e membro del board, Andrea Bonina, ha esperienza nell’ estrazione di principi attivi per la cosmetica e la nutraceutica da prodotti del mediterraneo, tra cui le arance. Crediamo che creare una sinergia in questo senso possa essere utile e costruttivo per un futuro più sostenibile, efficiente e innovativo.
In che direzione va il mondo della moda?
La moda si sta muovendo nella direzione della sostenibilità, in tutti i campi. Siamo convinti che l’aumento del consumo di fibre sostenibili e alternative sarà guidato dalla crescente consapevolezza sia da parte dei marchi sia da parte dei consumatori finali, ma anche dalla crescente offerta di tessuti realizzati con materie prime sostenibili. Per creare un impatto bisogna coinvolgere grosse filiere e grossi gruppi, solo se c’è convergenza di interessi tra tutti questi attori si riescono a ottenere dei risultati. Infatti, se la domanda di un prodotto sostenibile da parte di un brand non viene soddisfatta, sarà impossibile per un singolo produttore rispondere a questa richiesta. Ma se tutta la filiera della moda cerca sostenibilità, ogni produttore potrà lavorare su questo aspetto, che sia a livello delle materie prime di origine, nel metodo di tintura o nella riduzione dell’utilizzo dell’acqua. Se lo fanno solo i marchi luxury, il processo passa come qualcosa di bello e aspirazionale, ma il consumatore vuole trovare il prodotto sostenibile nella propria esperienza quotidiana, quindi anche nei marchi più accessibili. Il nostro cliente ideale è il brand di lusso, ed è da lì che abbiamo cominciato, ma ci siamo resi conto che tutti oggi si stanno muovendo verso la sostenibilità.
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