A Pieve di Compito, in provincia di Lucca, c’è un uomo che dal 1987 coltiva la prima piantagione italiana di Camellia sinensis, la pianta del tè. Si chiama Guido Cattolica, meglio conosciuto come il signore del tè italiano.
Come tutto ebbe inizio
Guido è nato con e nelle camelie. Nei primi anni del 1800, il suo avo dottor Angelo Borrini, oculista del Duca di Lucca, girando in lungo e in largo per l’Europa inciampa nelle camelie (e nella sua futura moglie) a Dresda. Affascinato, ne riporta i semi a Lucca, cominciando a collezionarle. E sarà solo Guido, alcune generazioni dopo, a risentire il fascino delle camelie e la magia della futura collezione.
La camelia è un arbusto sempreverde di origine giapponese, con fiori variopinti che sbocciano principalmente in primavera, creando un red carpet di petali colorati. Pianta ornamentale, dal frutto (non commestibile) si ricavano i semi dai quali si estrae un olio particolarmente idratante, adatto alla cura di cicatrici e ferite.
Oh fortunata questa camelia, che bianca muore tra i veli candidi del seno, socchiusi, agitati, dal pulsar delle turgide forme…!
Un cameliofilo
La camelia è una pianta resistente, longeva e grande depuratrice dell’aria dai metalli pesanti: “Se ne mettessimo in abbondanza nelle città, sai che aria pulita”, afferma Guido. Esistono oltre 300 specie di camelie, tra le quali troviamo la Camellia japonica (la più comune), la Camellia sasanqua (con dei bellissimi fiori viola) e la Camellia sinensis, ovvero la pianta del tè.
Scrittore di tre libri sulle camelie, collezionista e ibridatore, Guido ha creato 150 ibridi di camelie, incrociando manualmente i genitori, per dar vita a tanti figli, tutti diversi. “Ho dato un nome a tutte le camelie che ho ibridato: nomi della mia famiglia, di personaggi importanti, di stelle… Ne ho una che ha anche il mio nome, regalatami da un mio caro amico qualche anno fa. C’è poi Calo Marx e Engels, Maria Antonietta, Diana d’Inghilterra (nonostante dall’Inghilterra mi abbiano mandato una lettera di protesta)”, racconta soddisfatto.
E il tè? “Beh, volevo fargliela agli inglesi”
Come un avventuriero cha solca i mari cercando l’isola del tesoro, Guido ha iniziato il suo percorso alla ricerca del tè, sfidando i professori, i botanici e persino i suoi avi. Negli anni ’80, studente di agraria a Pisa, è stato proprio Guido a iniziare gli studi sulle camelie e sulla Camellia sinensis in particolare. Nel 1985, il giovane Guido nota che le due piante di tè che l’orto botanico di Lucca aveva comprato dai giardini inglesi Hillier, resistono alla tremenda gelata. “Mi venne il tarlo nella testa: perché non provare ad ambientare il tè ai nostri climi?”. I colleghi lo prendevano per matto, succubi del retaggio inglese. Nell’800, alcuni ricercatori inglesi dopo aver fatto delle prove di piccole piantagioni di tè in Sicilia, andate malissimo, decretarono che il tè in Italia non si poteva coltivare. E invece si può, a quanto pare.
Da agronomo cocciuto, Guido è andato avanti, selezionando ibridi sempre più resistenti al freddo, con l’obiettivo di far sopravvivere le piante all’inverno, ma anche al troppo caldo. Con grandi risultati (in 30 anni di lavoro). Il suo sapere e la sua determinazione hanno incuriosito l’Europa, dando inizio ad una serie di piantagioni sperimentali in Svizzera, a Nantes e in Galizia. Guido si rende conto che il tè buono ama le differenze, al contrario di come la pensano i “miei amici giapponesi, che brontolano perché le mie piante sono una diversa dall’altra, mentre loro sono abituati alla razionalità assoluta”. Se la materia prima è buona e la lavorazione delle foglie è quella giusta, il gioco è fatto.
Oggi la coltivazione di Guido comprende cinque piccole piantagioni, i suoi “giardini di tè”, per un totale di circa 2.500 piante.
In una valle di gigli e di rose tra il sussurrar di un ruscello e il morir del sole
Angelo Borrini 1830
La Camellia sinensis: una sola pianta, tante tipologie di tè
“Gérard Depardieu un giorno si è presentato al mio cancello e mi ha detto: ‘Guido! So che qui produci il più squisito tè d’Europa!’ Non so se sia il più buono, di certo è il più antico”, spiega divertito Guido. È dal 1987 che Guido produce tè: verde, bianco, nero e Oolong. La pianta del tè è sempre la solita, la Camellia sinensis; la differenza sta nella lavorazione delle foglie. I tè verdi sono fatti da foglie di tè non ossidate, che rimangono verdi; le foglie del tè nero invece, sono molto ossidate; quelle degli Oolong lo sono solo parzialmente. Il tè bianco viene ricavato invece dalle gemme o dalle prime foglie, prima che si aprano completamente.
Del tè si colgono solo le prime tre foglie. “I primi di maggio, durante la stagione della raccolta, mi metto seduto su uno sgabello, a cogliere a mano tre foglioline per pianta, per tutte le mie 2.500 piante”. Poi le porta nella soffitta della Villa Borrini, e sempre da solo, crea le varie tipologie. “La vera sfida è creare le confezioni: ho bisogno di due o tre mesi per finire”. Tutto l’anno è scandito dalla cura del tè e delle camelie.
Qualità, acqua e tempo di infusione: ecco come fare un buon tè
Il tè perfetto parte da una buona materia prima (e il grosso è fatto). Poi, c’è da prestare attenzione all’acqua, che non deve essere calcarea e non deve superare gli 85 gradi. “L’acqua che bolle è un brutto vezzo degli inglesi in India, che dovevano per forza farla bollire per prudenza”, racconta Guido. Infine, il tempo di infusione è fondamentale ed è variabile a seconda della varietà del tè: dai tre minuti e mezzo del tè verde agli oltre cinque dell’Oolong. La bustina del tè di Guido poi si può riutilizzare, perché il suo tè non contiene nessun residuo, come può accadere nell’agricoltura convenzionale. “Il mio tè è più che biologico: lo definisco naturale. Non utilizzo nessun tipo di trattamento sulle mie piante, nemmeno quelli consentiti dall’agricoltura biologica”.
Guido rivela anche come privare il tè della teina. “Un trucco per chi non tollera la teina consiste nel lasciare la bustina di tè in infusione per solo quattro secondi. Buttare via quell’acqua e rimettere in infusione. La teina si dissolve immediatamente in acqua, e la seconda infusione ne sarà priva”.
Le mirabolanti avventure del signore del tè solcano i quattro mari
Guido è un eclettico idealista, con una fantastica storia da raccontare. Tant’è che lo scrittore francese Gérard de Cortanze, rimasto affascinato dalla sua storia, ne ha preso ispirazione per il suo romanzo Assam, vincitore del premio Renaudot nel 2002 (e futuro film). “Un giorno ricevo la telefonata dell’attrice francese Sophie Marceau che voleva conoscere il personaggio che ha ispirato il romanzo, perché sarà una delle attrici del film. È stata lei a contattare i Grimaldi, che, affascinati, mi invitarono al Principato di Monaco, dedicando un’intera serata alla mia storia e al mio tè.”
Libro, film e Principato di Monaco: una vera e propria serie di fortunati eventi. Fortunati, ma meritati. L’intera vita di Guido è colma di interessi, di passioni e di grandi ideali. Dalle camelie a una composizione musicale alla robotica, basta un attimo.
In una stanza a Villa Borrini, Guido conserva un pianoforte su cui ha suonato Giacomo Puccini, mentre in gran segreto, sta seguendo la costruzione di un violino da legno di camelia. “Immaginati come sarà suonarlo!”, sogna. Pittore e scultore, sta incidendo due tronchi ormai morti di due delle camelie più vecchie (del 1795), piantate dal padre dell’avo Angelo Borrini. “Si chiameranno Cami e Lia, e spero di finirle entro il congresso internazionale delle camelie del 2023, mia madre ne sarebbe contenta”.
Appassionato di astrologia e geologia (insieme a uno dei fratelli, geologo), nel suo camelieto Guido conserva un meteorite caduto nelle isole filippine nel 1990, con età stimata di 4,6 miliardi di anni, la stessa del nostro sistema solare. Ebbene sì, in un paesino sperduto della provincia di Lucca, tra i monti da una parte e le camelie dall’altra, è conservato uno dei più antichi meteoriti facenti parte di un planetismo dislocato tra Marte e Giove, disgregatosi e caduto sulla terra creando una buca profonda un metro e mezzo. Una storia incredibile.
Guido conserva poi con orgoglio una camelia proveniente dal Vietnam, l’unica sopravvissuta alla guerra e al Napalm. “Conobbi un ragazzo che aveva ancora dei semi: una pianta simbolo di resistenza, l’unica salvata dalle ceneri della foresta bruciata e catapultata nelle mie braccia”. Grande cuoco infine, ma dei piatti e dei prodotti poveri e tradizionali, quelli da cucinare nella pentola di rame e servire sul tavolo di marmo. Magari usando il miele di camelia, un’altra intrigante ed eclettica possibilità “su cui mi piacerebbe lavorare”, racconta Guido.
Poeta autodidatta, suadente declamatore: tutta la sua vita e la sua attività sono nascoste nella campagna lucchese, senza sito web né social media. “Anzi, mi rimproverano sempre perché non rispondo mai al telefono”, sorride Guido.
Un incredibile futuro
L’India, la mano robotica, e una coltivazione di tè sottomarina. Con Guido la noia non esiste.
Qualche anno fa, un marajà indiano esaltato dalla bellezza del camelieto lucchese, chiese a Guido di realizzare per la sua piantagione in India un camelieto simile, ma su 380 ettari. Voleva realizzare la più grande coltivazione di camelie ornamentali del mondo: 37 mila esemplari, uno diverso dall’altro, in una struttura architettonica sotterranea ideata da Renzo Piano. “E sarebbe andato tutto in porto, se non fosse stato per i diamanti!” Esatto, i diamanti, come nell’isola del tesoro… Durante gli scavi per la costruzione del camelieto, “i lavoratori hanno fatto alcuni ritrovamenti di pregio, là sotto!”, racconta Guido, dispiaciuto.
La mano meccanica è un progetto dell’Università Sant’Anna e ha le caratteristiche della mano di Guido mentre coglie il tè: precisione, attenzione, minuzia. “Ovviamente l’obiettivo non è la raccolta del tè”, ci scherza su, ma le applicazioni in campo medico. Vi immaginate? Guido, l’agronomo ibridatore di camelie ha ispirato una futura mano robotica per complesse operazioni chirurgiche. Fantascienza o follia? Entrambe, insieme ad un pizzico di soddisfazione.
E il tè sott’acqua? Dopo il vino e il basilico, sono iniziate anche le sperimentazioni di tè coltivato in agricoltura idroponica sottomarina. Solo curiosità? No, c’è dell’altro. Studi dimostrano che le piante di tè in quelle condizioni particolari potrebbero sviluppare grandi quantità di una catechina molto importante in campo oncologico per la cura dei tumori del retto del colon. Poliedrico Guido, poliedrico il tè: le sperimentazioni di una mente instancabile in aiuto della scienza. “Sembra un progetto strampalato, ma perché no, a me piacciono le sfide”, sorride. Una certezza del futuro c’è, però: le Azzorre. La meraviglia delle camelie delle Azzorre è unica, e le piante sono antiche come quelle lucchesi “E credo che tra cinque anni, il mio futuro sarà là, per creare un altro camelieto, un nuovo – identico capitolo della mia vita”.
Il tè di Guido è ogni anno diverso, mai standardizzato. Ogni foglia, ogni bustina, è un pezzo della sua vita. Avventure mirabolanti, incontri fantastici, passioni folli. La vita di Guido è circondata da un’aura magica, di un uomo incurante delle difficoltà e del giudizio altrui. Sempre ad inseguire un sogno, una passione permeante, una vocazione alla biodiversità. Un amore incondizionato per quegli arbusti colorati, che lo tiene sempre Ventimila leghe sotto i mari.
Eppure, alla fine, Guido è sempre lì, ogni giorno, tra le colline lucchesi, a curare le sue camelie e il suo tè.