Il film Everything everywhere all at once ha trionfato agli Oscar 2023 con 7 statuette. Ecco le storie di dolore e riscatto di alcuni premiati del cast.
Everything everywhere all at once se le è prese tutte, le statuette. Il film scritto e diretto da Daniel Kwan e Daniel Scheinert, in arte “The Daniels”, ha dominato la 95esima edizione degli Oscar assicurandosi ben sette premi, sei dei quali vinti nelle categorie più prestigiose. A detta di molti osservatori la serata è scivolata via con il freno a mano tirato, com’era nell’aria dopo lo schiaffo (o pugno? Ancora non si è capito) rifilato dal Will Smith a Chris Rock lo scorso anno, evento che ha indotto l’Academy che organizza i premi a istituire un’unità di crisi per limitare al minimo gli imprevisti. Tuttavia, gli Oscar 2023 ci hanno offerto momenti curiosi e degni di nota che ci tornano utili per raccontare un appuntamento che, si sa, negli ultimi anni ha provato ad aprire il tempio esclusivo e privilegiato del cinema a cause sociali di varia natura.
Everything everywhere all at once trionfa agli Oscar 2023
Partiamo da chi ha vinto. Everything everywhere all at once, film che ha per protagonista una donna di origini cinesi insoddisfatta che si trova da un giorno all’altro a visitare realtà parallele, si è portato a casa sette statuette in tutto. L’ultimo ad essere annunciato è stato quello al miglior film, preceduto da quello alla migliore attrice protagonista andato a Michelle Yeoh, quelli alla miglior regia e miglior sceneggiatura originale andati appunto a Kwan e Scheinert, quello al miglior montaggio a Paul Rogers, quello a miglior attrice e attore non protagonisti, andati rispettivamente a Jamie Lee Curtis e Ke Huy Quan. Ma il film dei Daniels, duo formatosi durante una lezione di sceneggiatura all’ Emerson College di Boston che fino a questa notte non aveva neanche una pagina Wikipedia in italiano (non che quella inglese fosse molto più generosa), ha fatto da sfondo ad alcuni dei discorsi di ringraziamento più sentiti e commossi, alcuni dei quali hanno sancito dei veri e propri traguardi, personali e non solo.
Il primato di Michelle Yeoh
Con buona pace di Cate Blanchett, l’Oscar alla miglior attrice protagonista se l’è preso Michelle Yeoh, diventata la prima attrice asiatica a vincere il premio come miglior attrice protagonista: “Per tutti i bambini e le bambine che mi somigliano e che stanno guardando questa sera, questo è un faro di speranza e di possibilità”, ha detto Yeoh ritirando il premio. “Questa è la prova che i sogni si avverano. E alle donne dico, non permettete a nessuno di dirvi che avete superato il vostro momento migliore. Non arrendetevi mai”. Nel film Yeoh interpreta una donna cinese immigrata negli Stati Uniti, madre e proprietaria di una lavanderia a gettoni, la cui vita viene sconvolta quando viene catapultata in infiniti universi paralleli.
“Il mio viaggio è iniziato su una barca”, la storia di Ke Huy Quan agli Oscar 2023
Il discorso di ringraziamento dell’ex bimbo prodigio del cinema americano Ke Huy Quan è stato forse il più toccante di tutti, sia per la dedica in lacrime alla madre 84enne sia per la storia personale, potente benché soltanto accennata: “Il mio viaggio è iniziato su una barca. Ho passato un anno in un campo profughi e in qualche modo sono finito qui, sul palco più importante di Hollywood“, ha detto Quan, che all’età di 4 anni ha lasciato il Vietnam – l’allora Vietnam del Sud, in cui vigeva una dittatura militare – martoriato dalla guerra per chiedere asilo politico negli Stati Uniti. Sin da giovanissimo Quan si avvicinò al cinema, raggiungendo la fama a soli 12 anni recitando al fianco di Harrison Ford in Indiana Jones e il tempio maledetto. Quel debutto così precoce si è presto trasformato in un fardello per Quan, che dopo Indiana Jones ha faticato ad affermarsi a Hollywood, tanto da scomparire pressoché totalmente dalle scene per ben diciannove anni, dal 2002 al 2021: “Per anni ho temuto che quello che avevo raggiunto da bambino non sarebbe mai stato sorpassato”, ha dichiarato lo stesso Quan in occasione della cerimonia di premiazione dei Golden Globe.
L’Academy e l’Unhcr insieme per sostenere i rifugiati di tutto il mondo
Molte delle star riunite nel Dolby Theatre indossavano un fiocco blu appuntato sul petto. Il piccolo nastro intrecciato è il simbolo della campagna dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) riassunta dall’hashtag #WithRefugees, che già da alcuni anni è presente agli Oscar per diffondere un messaggio di solidarietà e sostegno a tutti coloro che sono stati costretti a fuggire dalle proprie case a causa di guerre, conflitti e persecuzioni.
Il “noi” nella dedica di Jamie Lee Curtis
“Anche se mi vedete sola su questo palco non lo sono, perché ho centinaia di persone intorno a me”. Jamie Lee Curtis dedica alla sua famiglia, e in particolare ai genitori Tony Curtis e Janet Leigh, entrambi attori che mai erano arrivati a un tale riconoscimento, la statuetta di miglior attrice non protagonista vinta sorprendendo quasi tutti: “Voglio dedicare questo premio al mio bellissimo marito, alle nostre figlie, a mia sorella Kelly, a tutti coloro che hanno sostenuto i film di genere che ho fatto in questi anni, oltre a mio madre e a mio padre, che hanno avuto la nomination in categorie diverse nel corso della loro carriera: ho vinto un Oscar”, ha concluso Curtis, che nel momento dell’annuncio è esplosa in uno sguardo incredulo che si preannuncia già tra i più memati dell’intera nottata e in un inconfondibile “Shut up!” – letteralmente “state zitti!” – agli annunciatori. No Jamie, puoi dirlo forte, hai vinto un Oscar.
La rivincita di Brendan Fraser, miglior attore protagonista con The Whale
Non è stato solo il cast di Everything everywhere all at once a portare sul palco di Los Angeles storie di sofferenza e riscatto. Anche la carriera di Brendan Fraser, miglior attore protagonista con The Whale, lo ha portato sul tetto di Hollywood – nei panni di Rick O’Connell nella trilogia de La mummia, tra la fine degli anni Novanta e l’inizi dei Duemila – per poi catapultarlo in basso, verso un abisso in cui più volte ha rischiato di perdersi, fino a ritirarsi dalle scene. Un abisso dove solo una balena poteva salvarlo: “Sono estremamente grato a Darren Aronofsky per avermi dato la possibilità di salvarmi con The Whale. Avere un cuore da balena è importante, perché è possibile vedere nelle nostre anime: io l’ho fatto ed è stato bellissimo essere qui”, ha detto un Fraser molto commosso sul palco del Dolby, che ha poi continuato: “Grazie per per questo perché non sarebbe stato possibile senza il mio cast. È stata un po’ una spedizione sul fondo dell’oceano. Risalire non è facile, ma ci sono persone che me l’hanno permesso”.
Siamo anche su WhatsApp.
Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.