La risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu ordina il rilascio degli ostaggi, il ritiro delle truppe israeliane e la ricostruzione di Gaza. Israele la ignora.
La situazione degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas, un anno dopo
Abbiamo parlato con l’associazione che riunisce i familiari degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas, che da mesi guida le proteste contro Netanyahu.
- Il 7 ottobre 2023 Hamas ha preso in ostaggio 251 persone in Israele. Oggi a Gaza ne restano 101, di cui probabilmente 64 in vita.
- Negli ultimi mesi si sono intensificate le proteste dei familiari degli ostaggi in Israele contro il governo Netanyahu.
- La pressione per un cessate il fuoco funzionale al rilascio degli ostaggi cresce nel paese.
Il 7 ottobre 2023 migliaia di miliziani dell’organizzazione palestinese Hamas sono entrati in suolo israeliano e hanno assaltato un festival musicale e diversi villaggi, uccidendo circa 1.200 persone e prendendone in ostaggio 251.
Dopo decenni di occupazione dei territori palestinesi, di soppressione dei diritti e delle libertà di base, dopo decenni di violazioni del diritto internazionale, Israele si è trovato l’orrore e la violenza sul suo territorio come mai era successo prima d’ora. “L’odio genera solo odio”, diceva il giornalista e scrittore Tiziano Terzani. Dalla violenza di Israele contro il popolo palestinese è nata la violenza di Hamas contro Israele, che a sua volta ha risposto con una nuova dose di violenza senza precedenti. Nel giro di un anno l’offensiva militare israeliana sulla Striscia di Gaza ha ucciso circa 42mila persone, distrutto o danneggiato l’80 per cento delle abitazioni, ridotto alla fame il 90 per cento della popolazione e causando anche il ritorno di malattie faticosamente debellate, come la poliomielite.
Il fuoco israeliano ha ucciso anche diversi degli ostaggi israeliani nella mani di Hamas, mentre altri sono stati uccisi dalla stessa organizzazione palestinese. Qualcun altro è stato liberato o è riuscito a fuggire e oggi dovrebbero essere circa un centinaio gli ostaggi israeliani che ancora si trovano nella Striscia di Gaza: uomini, donne, bambini. In Israele si scende in piazza ogni settimana per chiedere la loro liberazione, ma i presidi organizzati e guidati dalle associazioni dei familiari degli ostaggi sono diventati sempre più un momento di critica profonda al governo di Benjamin Netanyahu. “I leader di Israele dovrebbero accettare qualsiasi accordo sul tavolo che porti alla liberazione degli ostaggi”, spiega a LifeGate il Forum dei familiari degli ostaggi.
Quanti sono gli ostaggi Israeliani
Dei 251 ostaggi presi da Hamas il 7 ottobre 2023, 117 sono stati rilasciati nel corso dell’anno. Questo è successo quasi esclusivamente a fine novembre 2023, grazie a un accordo tra il governo israeliano e Hamas che ha portato a una decina di giorni di cessate il fuoco.
Altri 70 ostaggi sono stati uccisi, secondo fonti israeliane. La metà dei corpi sono ancora nella Striscia di Gaza, gli altri sono stati portati in patria dall’esercito. Alcuni degli ostaggi sarebbero morti già il giorno dell’assalto di Hamas del 7 ottobre, altri durante la prigionia nella Striscia di Gaza. Secondo fonti palestinesi la gran parte sarebbe morta sotto le stesse bombe israeliane, che in un anno hanno distrutto o danneggiato l’80 per cento delle abitazioni nel territorio palestinese, colpendo indiscriminatamente scuole, ospedali, campi profughi, sedi istituzionali e presidi umanitari e facendo circa 42mila morti. Tre ostaggi sono poi stati uccisi a sangue freddo in strada da soldati israeliani, che li avevano scambiati per palestinesi. Prova della totale assenza di pensiero con cui sta operando l’esercito di Israele.
Oggi nella Striscia di Gaza restano ufficialmente 101 ostaggi, ma fonti israeliane ritengono che siano 64 quelli ancora vivi: 52 uomini, dieci donne e due bambini.
Le proteste contro Netanyahu
Ogni sabato i familiari degli ostaggi israeliani si ritrovano in piazza a Tel Aviv. Lo fanno da ormai un anno e lo faranno fino a quando l’ultimo degli ostaggi non sarà tornato a casa. Se nei primi mesi il dito veniva puntato contro l’organizzazione palestinese Hamas, ora le proteste riguardano anche e soprattutto il premier israeliano Netanyahu e il suo governo, il più estremista della storia del paese.
“Sebbene Hamas sia il principale responsabile, ci aspettiamo anche che il nostro governo faccia tutto il possibile per riportare a casa i nostri cari. I leader di Israele dovrebbero accettare qualsiasi accordo praticabile sul tavolo”, spiega a LifeGate il Forum dei familiari degli ostaggi, organizzazione nata il 7 ottobre 2023 dai parenti delle persone rapite da Hamas per chiedere la loro liberazione. I familiari accusano Netanyahu di non essere interessato a negoziare per far tornare a casa gli ostaggi e che il suo unico interesse sia portare avanti fino allo sfinimento un’offensiva militare priva di obiettivi chiari, se non un’irrealistica “sconfitta totale di Hamas”. Con il passare dei mesi la partecipazione della società civile israeliana alle proteste organizzate dal Forum dei familiari degli ostaggi è aumentata, fino alla grande manifestazione nazionale da mezzo milione di persone del 1 settembre, avvenuta nelle stesse ore in cui veniva comunicata la morte di altri sei ostaggi.
“La stragrande maggioranza della società civile israeliana sostiene gli ostaggi e le loro famiglie. Le persone partecipano a eventi e raduni in tutto il paese e all’estero per mostrare solidarietà”, continua il Forum dei familiari degli ostaggi. “Mentre celebriamo un anno dal 7 ottobre, esortiamo il mondo a non dimenticare la crisi umanitaria degli ostaggi provenienti da 24 paesi e cinque religioni, costretti a sopportare condizioni orribili tra cui fame, oscurità e abusi fisici e sessuali”. Analisi delle Nazioni Unite hanno stabilito che ci sono “chiare e convincenti informazioni” di episodi di abusi sessuali commessi da militanti di Hamas ai danni degli ostaggi israeliani, ma anche che i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane avrebbero subito violenze sessuali dalle forze di sicurezza di Israele. Diversi altri rapporti hanno sottolineato che l’esercito israeliano in questi mesi di invasione nella Striscia di Gaza ha commesso crimini di guerra, tra cui umiliazioni e abusi di vario tipo, nei confronti di civili palestinesi, compresi operatori sanitari e bambini, motivo per cui l’Onu ha incluso Israele nella “lista della vergogna”.
“Vogliamo un accordo sugli ostaggi”
Le proteste dei familiari degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas sono sì rivolte contro il governo Netanyahu, ma in modo diverso da quelle che hanno portato in piazza milioni di persone in tutto il mondo. Se in quest’ultimo caso lo slogan è lo “stop al genocidio a Gaza” e un cessate il fuoco in chiave pacifista, a Tel Aviv e nelle altre città israeliane chi scende in piazza lo fa per chiedere la liberazione degli ostaggi e un cessate il fuoco funzionale in questo senso.
“Come nazione, non possiamo andare avanti finché tutti gli ostaggi non saranno tornati a casa: i vivi per iniziare il loro complesso processo di riabilitazione e gli assassinati per una degna sepoltura”, sottolinea a LifeGate il Forum dei familiari degli ostaggi. “Come cittadini israeliani, le nostre richieste sono dirette ai nostri leader e al governo. Ci aspettiamo che facciano tutto ciò che è in loro potere per garantire il rilascio degli ostaggi e negoziare un accordo. Un accordo sugli ostaggi è l’unica via per raggiungere un cessate il fuoco, porre fine alle sofferenze sia degli israeliani che dei palestinesi e portare stabilità nella regione”.
L’opposizione sempre più partecipata a Netanyahu in Israele e alla sua gestione dell’offensiva militare su Gaza sta però creano spaccature nella società civile e perfino tra i familiari degli ostaggi. Il New York Times ha raccontato la storia dei parenti di tre ostaggi che si oppongono a ogni accordo del governo israeliano con Hamas. Anche tra i cittadini israeliani c’è chi inizia a non vedere bene le proteste del Forum dei familiari degli ostaggi, dopo che nei primi mesi i presidi raccoglievano un po’ tutti, elettori e detrattori del governo. I familiari degli ostaggi non hanno però intenzione di fermarsi con le proteste, anzi. “Ogni giorno che passa senza un accordo porta più sofferenza per gli ostaggi e le loro famiglie”, conclude il Forum dei familiari degli ostaggi. “Il fattore tempo è essenziale”.
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