Due termini correlati che esprimono concetti leggermente diversi. Abbiamo chiesto aiuto a Vidas per capire.
Chi soffre d’ansia può trovare sollievo nell’osteopatia
Il trattamento manuale osteopatico aiuta a ristabilire l’armonia nel sistema nervoso e riequilibra le tensioni. Induce l’autoguarigione ed è adatto a tutti.
- L’osteopatia è una medicina manuale complementare che lavora sul corpo in modo da migliorare la salute di tutti i sistemi organici, tra i quali quello circolatorio, linfatico e nervoso.
- È dimostrato che stimoli il sistema nervoso parasimpatico, responsabile del rilassamento. Questo la rende un valido aiuto nei casi di disturbo d’ansia generalizzato.
- Durante il trattamento, l’osteopata agisce positivamente sul sistema nervoso attraverso la manipolazione di cervicale, diaframma e intestino, alleviando così i sintomi da stress.
Preoccupato, teso, poco concentrato e in costante allerta: è così che si sente chi soffre di disturbo d’ansia generalizzato (Dag). Un problema che in Italia colpisce oltre un milione di adulti, finora alle prese principalmente con cure farmacologiche e sedute di psicoterapia che, seppur fondamentali, si rivelano efficaci non sempre o non del tutto. Ma la comunità scientifica esplora rimedi complementari e meno invasivi: l’osteopatia è uno di questi.
Osteopatia, una medicina manuale (anche) contro lo stress
Annoverata tra le forme di medicina integrativa e complementare, l’osteopatia è una medicina manuale che agisce sulle strutture muscolari e ossee aumentandone la mobilità reciproca, rilassando i muscoli, incrementando l’apporto di sangue nei tessuti.
Lavora sul corpo in modo da migliorare la salute di tutti i sistemi organici, tra i quali quello circolatorio, linfatico e nervoso. Quest’ultimo gioca un ruolo da protagonista nei casi di chi è costretto a convivere, più o meno pacificamente, con Dag, stress o rabbia, seguendo un copione che si è evoluto in migliaia di anni.
Entro certi limiti, l’ansia è una difesa
Oltre alla statura eretta, dai nostri antenati ereditiamo il sistema nervoso autonomo, quell’ingranaggio silenzioso che controlla le funzioni degli organi interni come cuore, stomaco e intestino e di alcuni muscoli. È suddiviso in due parti: parasimpatico e ortosimpatico. Il primo è detto “rest and digest” (riposa e digerisci) e si occupa di tutte le funzionalità “di comfort”. Ci fa riposare e digerire e ci permette di rilassarci.
Il secondo, invece, in inglese viene chiamato “fight or flight” (combatti o fuggi) ed è una reazione neuronale fisiologica che si manifesta in risposta a un evento percepito come pericoloso per l’incolumità propria o dei propri cari. L’attacco fulmineo di una pantera, la frana improvvisa di un crinale roccioso, la mail di rimbrotto del capo il lunedì mattina: “Il nostro sistema si è evoluto nel tempo su pericoli decisamente maggiori rispetto a quelli che viviamo oggi, soprattutto in Occidente ma noi conserviamo difese neurologiche ataviche che a volte si rivelano eccessive”, spiega Diego Tarallo, osteopata D.O. M.Sc. Ost. UK. “Quando una persona manifesta reazioni sproporzionate di fronte a eventi apparentemente non pericolosi possiamo parlare di simpaticotonia e di conseguenza di overreacting. L’ansia, in fondo, non è che una difesa”. E l’osteopatia? Eccoci al dunque.
L’osteopatia potenzia il sistema nervoso responsabile del rilassamento
È sempre più evidente il ruolo del trattamento osteopatico nello stimolo del sistema nervoso parasimpatico. Attraverso la manipolazione di organi specifici, strettamente connessi al sistema nervoso autonomo, l’operatore punta a ristabilire l’equilibrio tra il parasimpatico e ortosimpatico, informando il corpo del paziente con un messaggio di calma e tranquillità.
Per Tarallo “è come una corda di violino che può essere tesa di più o di meno: cambia la nota ma la corda resta sempre la stessa”. Se il violino siamo noi, allora il respiro è un diapason, che lo accorda.
Un organo chiave è il diaframma
Basta farci caso. Quando ci sentiamo irrequieti e ansiosi, tendiamo a trattenere il respiro o a respirare più velocemente. “Ho il fiato corto”, “Mi manca l’aria” sono espressioni comuni tra chi soffre di Dag. Questa fame d’aria derivante dallo stress e che i medici chiamano dispnea psicogena, può essere gestita gradualmente, “rieducando” un organo cruciale nella respirazione durante la seduta osteopatica: il diaframma.
“Quello respiratorio è uno degli apparati più connessi al sistema nervoso autonomo. Stimola la ventilazione continua dei polmoni attraverso il diaframma, un muscolo a forma di cupola che separa il torace dall’addome, ci consente di inspirare ed espirare e incide sulla postura”, conferma Tarallo. “Chi è esposto a molto stress, infatti, tende ad avere un diaframma meno mobile e questo influisce sulla meccanica vertebrale. Sono sintomi fisici, che però possono intaccare la sfera psico-sociale e comportamentale. Il corpo che soffre è una spia di allarme che si accende prima di altre”.
Sono sempre riuscito a trovare tutti i rimedi ben in vista, sullo scaffale più accessibile del magazzino dell’infinito – il corpo umano.
Oltre al diaframma, esistono altre aree da trattare coinvolte nella cascata di reazioni che partecipano all’eccitazione ortosimpatica, tipica degli stati d’ansia o degli attacchi di panico. In condizioni acute, potrebbero essere trattati a discrezione dell’operatore e sempre con cautela, cranio, stretto toracico superiore e le vertebre cervicali da cui fuoriescono le radici nervose del nervo frenico, che innerva il diaframma. Infine l’area gastroenterica, perché pancia e testa comunicano.
L’intestino è il nostro secondo cervello
È una frase ricorrente, pronunciata a ragion veduta, visto che l’intestino ospita una rete di circa 500 milioni di neuroni con diverse funzioni, da quelle dell’apparato digerente alla regolazione di stress, ansia e tensione. È la teoria dell’asse intestino-cervello, elaborata nel 1998 alla Columbia University.
L’intestino può influenzare le risposte emotive e, viceversa, la mente può incidere sulla salute digestiva e immunitaria. Mente e intestino, insieme, ricoprono ruoli primari per la sfera comportamentale, la funzione digestiva e il sistema immunitario.
In questo senso, la terapia manipolativa osteopatica può essere di supporto per la mobilità delle fasce addominali e della regione lombare, migliorandone la funzione e riducendone lo stato infiammatorio generale, e quindi il dolore. Dando sollievo ai sintomi spesso associati al Dag.
Ai pazienti ansiosi il trattamento osteopatico piace?
In genere all’inizio la risposta è no. Ma un bravo osteopata si riconosce anche da come è in grado di aggirare l’ostacolo, accogliendo con rispetto lo stato del paziente e applicando metodi sicuri per interagire con lui, metterlo a proprio agio e disporlo positivamente nei confronti del trattamento. È questione di tatto, letteralmente.
È stato dimostrato che un particolare tipo di contatto manuale previsto nella terapia osteopatica (gentle touch) può favorire il rilascio di ossitocina, “l’ormone dell’amore”, contribuendo ad abbassare la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna.
“Quando una madre tocca il suo bambino appena nato traccia delle mappe emotive cerebrali che abituano il piccolo al contatto fisico e attivano il sistema parasimpatico, con una reazione di comfort. In modo simile, il paziente sperimenta una ‘desensibilizzazione’ al dolore che avviene con l’abitudine al tocco, e la sua associazione con il beneficio derivato dalla seduta. All’inizio può dar fastidio, perché il paziente si sente stanato dalla sua zona di comfort. Ma se gestito con rispetto e competenza il contatto è il presupposto perché il trattamento funzioni”, conclude Tarallo.
Sull’efficacia della terapia, i pazienti italiani sembrano aver superato lo scetticismo di partenza: in un sondaggio recente, due intervistati su tre valutano positivamente l’osteopatia. Di questi, il 45 per cento ritiene che permetta di ridurre l’utilizzo di farmaci nelle problematiche ricorrenti come i dolori muscolo-scheletrici e che la professione sanitaria dell’osteopata, riconosciuta come tale dal Ministero della Salute nel 2021, sia utile nella gestione delle patologie croniche. Un motivo in più per auspicare che, dopo il riconoscimento si concluda l’iter di regolamentazione di questa terapia in Italia, per tutelare chi la esercita e chi ne beneficia, garantendo trattamenti di qualità, accessibili a tutti.
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