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La mostra di sound art fatta coi suoni della natura cilena: Otros sonidos otros paisajes
Si chiama sound art e permette di esplorare un luogo catturando i suoi suoni. Grazie a quest’arte Otros sonidos otros paisajes ci porta in Cile tra il deserto di Acatama e il fiume Mapocho.
Otros sonidos otros paisajes (altri suoni altri paesaggi) è il titolo della mostra di sound art che trasforma i suoni della terra cilena in arte al Macro, il Museo d’arte contemporanea di Roma fino all’11 giugno. L’esposizione vedrà proposti per la prima volta in Italia i lavori di cinque sound artist cileni che regalano al pubblico la loro terra attraverso la commistione di diverse forme d’arte.
La terra cilena in Otros sonidos otros paisajes
Dal deserto di Atacama fino alla Patagonia, un viaggio in Cile attraverso l’esplorazione sonora dei suoi paesaggi: questa l’idea artistica alla base delle installazioni realizzate dagli artisti con l’obiettivo di rileggere e ridare luce attraverso la prospettiva dell’ascolto a geografie e storie che altrimenti sarebbero lasciate ai margini. In mostra cinque opere che hanno destrutturato e analizzato cinque tratti del paese: Fernando Godoy ha catturato l’impronta acustica del deserto di Atacama come luogo di sospensione tra passato e futuro; Claudia González Godoy, il rumore del fiume Mapocho, il cui sgocciolio rappresenta il suono dello scorrere del tempo; Sebastian Jatz ha realizzato un’installazione sonora costruita secondo i principi dell’arpa eolica; Rainer Krause ha indagato attraverso il suono della voce la connessione tra l’uomo e il territorio in cui vive e Alejandra Perez Nuñez ha rappresentato con la sua opera interattiva una cartografia sonora della penisola antartica.
Una riflessione sul suono, non solo in quanto protagonista della sound art e all’avanguardia del panorama dell’arte contemporanea, ma anche il suo ruolo nel mondo delle scienze umane e quelle sociali. Grazie all’arte infatti il suono diventa un vero e proprio linguaggio, un mezzo espressivo in grado di mettere in discussione la sua vecchia definizione che gli conferiva dignità solo in ambito musicologico.
Il fiume Mapocho, come si crea la sound art
Hidroscopia/Mapocho è l’opera di Claudia Gonzáles Godoy che analizza gli aspetti visibili e invisibili del fiume Mapocho e dei processi naturali e artificiali che hanno frammentato e trasformato il suo corso. Ecco la sua genesi: dopo aver raccolto campioni d’acqua in diversi punti del fiume, Godoy ha documentato la sua ricerca con foto, video e registrazioni sonore. L’opera finale è un circuito costituito da impalcature in legno e schede elettroniche su cui cadono le gocce del Mapocho: lo scorrere dell’acqua diventa così il suono dello scorrere del tempo. L’installazione restituisce un’immagine dinamica del Mapocho che cambia in relazione ai luoghi che attraversa. Allo stesso tempo il ritmo e la frequenza delle gocce sono influenzati dalle variabili fisiche dell’ambiente in cui si trova il circuito. Quella di Godoy è un’opera di “idrosonorizzazione” di un elemento del paesaggio cileno, costruita sul suo volto udibile e inaccessibile agli altri sensi.
Otros sonidos, otros paisajes è aperta al Macro da martedì alla domenica, dalle ore 10.30 alle 19.30, il biglietto costa 10 euro.
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