Cosa può fare il cloud per la competitività delle startup. E per abbattere il proprio impatto ambientale

OVHcloud, il primo unicorno francese, ha voluto supportare attivamente le startup con le tecnologie cloud e con un programma dedicato. Ne abbiamo parlato con Jonathan Clarke.

Sei aziende italiane su dieci hanno adottato le piattaforme cloud: ciò significa che, invece di costruire e gestire un’architettura informatica di proprietà, si appoggiano a piattaforme messe a disposizione in rete dai provider. Con indiscutibili vantaggi in termini di flessibilità, possibilità di collaborare da remoto, stabilità e contenimento dei costi: vantaggi che possono fare la differenza soprattutto per le imprese più giovani e ad alto potenziale innovativo. Le startup, insomma. Nasce come startup anche OVHcloud, azienda francese che si è posta fin dal primo momento alcuni obiettivi ben chiari: garantire elevate performance ai clienti, e farlo contenendo al massimo l’impatto ambientale di strutture che di per sé sono estremamente energivore.

Impatto ambientale del cloud
L’architettura tecnologica su cui si reggono i sevizi cloud è, di per sé, molto energivora © Maxiphoto/iStockphoto

La sfida di OVHcloud, il primo unicorno francese

Fondata nel 1999 a Roubaix, OVHcloud è stata la prima startup transalpina a fregiarsi dell’ambito titolo di unicorno, raggiungendo una valutazione pari a un miliardo di dollari. Oggi è la più grande società di web hosting dell’Unione europea, con oltre 400mila server nei suoi 33 datacenter dislocati in quattro continenti. Una delle novità, rispetto ai competitor, sta nella scelta di affrontare a viso aperto il nodo cruciale per il futuro di queste tecnologie: l’enorme impatto ambientale associato ai data center, le “sale macchine” che ospitano le apparecchiature informatiche.

Le strategie adottate sono eterogenee. Alcuni data center per esempio sono stati costruiti riqualificando edifici già esistenti, come una vecchia centrale idroelettrica tedesca. Nel 2003 ha fatto il suo debutto il primo sistema di raffreddamento ad acqua (watercooling): basta una ridottissima quantità d’acqua per evitare che le macchine si surriscaldino, con un’efficienza molto maggiore rispetto agli obsoleti sistemi ad aria. Già oggi il 78 per cento del fabbisogno energetico viene soddisfatto dalle fonti rinnovabili, ma si punta al 100 per cento entro il 2025. E, quando un server fisiologicamente invecchia e non garantisce più le elevate performance per cui era stato progettato, non viene smantellato bensì riutilizzato in contesti nei quali può ancora tornare utile.

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La nostra intervista a Jonathan Clarke

Per scendere più nel dettaglio sul valore del cloud per le startup innovative, e sui programmi avviati dalla stessa OVHcloud per supportarle, abbiamo raggiunto Jonathan Bowman Clarke, Start-Up Program Leader – Southern Europe di OVHcloud.

In che modo il cloud favorisce la competitività delle startup?
Partiamo con una premessa: che cos’è il cloud? Qualsiasi informazione che sta in una rete si regge su macchine che chiamiamo server. Vent’anni fa bisognava comprare questi server e gestirli in azienda. Da quando sono stati virtualizzati, molte più persone hanno avuto la possibilità di accedere a prodotti digitali.

E cos’è una startup? Di definizioni ne esistono tante: secondo me, una startup è un’impresa che ha un modello di business incerto, ma anche scalabile e potenzialmente esponenziale. Questa scalabilità è anche merito della tecnologia. Il cloud permette loro di essere più scalabili, più flessibili e di concentrarsi sul prodotto, perché alla manutenzione del server provvede il gestore del cloud.

C’è inoltre il fattore prezzi. Il cloud ha cambiato le formule di pagamento per questi mezzi tecnologici: prima si acquistavano, ora si possono utilizzare soltanto gli spazi e le funzioni di cui si ha bisogno. Questa ottimizzazione dei costi legata alla migrazione al cloud può essere anche misurata, mediante una metrica che si chiama total cost of ownership (Tco).

La flessibilità del cloud si sarà rivelata fondamentale con l’adozione di massa dello smart working
Quando è scoppiata la pandemia, nell’arco di pochi mesi le aziende hanno fatto passi avanti, in termini di digital transformation, che in altri contesti avrebbero richiesto degli anni. Questo però è vero soprattutto per le imprese più tradizionali. Le startup sono native digitali e cominciano direttamente con il cloud: magari quando è arrivata la Covid-19 erano già ibride e remote, ma ne hanno approfittato per adottare nuove tecnologie.

Nel 2015 avete lanciato l’OVHcloud Startup Program. Di cosa si tratta?
Questo programma ha preso il via nel 2015, all’epoca si chiamava Digital Launch Pad. L’idea iniziale era quella di dare supporto alle aziende giovani, che hanno di fronte a sé tanti rischi e tanta incertezza, e aiutarle a intraprendere il cammino che la stessa OVHcloud ha percorso, essendo il primo unicorno francese. Nel 2020 il programma è cresciuto ed è diventato ancora più internazionale, anche grazie al dialogo con svariati interlocutori locali.

Si tratta di un programma di 12 mesi, sempre attivo, che offre a startup e scaleup tre benefici principali: tecnologia, visibilità ed ecosistema. Per quanto riguarda la tecnologia, mettiamo a loro disposizione dei crediti da spendere in soluzioni cloud e un supporto tecnico personalizzato. In termini di visibilità, li inseriamo nella nostra community e organizziamo eventi e contest a cui possono partecipare. Infine, li inseriamo in un ecosistema di partner: consulenti, esperti legali, incubatori, investitori. Dal 2015 a oggi, 2.600 startup hanno aderito a questo programma.

Che accoglienza ha ricevuto l’OVHcloud Startup Program in Italia?
Due anni fa ne facevano parte tre startup, oggi sono 35. Lo scorso anno abbiamo organizzato un pitch contest internazionale e ha vinto proprio una startup italiana, Mapo Tapo, che organizza viaggi di arrampicata ed è stata incubata da B4i, che fa capo all’università Bocconi.

Il successo non sta solo nelle startup ma anche nell’ecosistema: in Italia abbiamo quindici partner, tra cui lo spazio di coworking Nana bianca a Firenze, la stessa B4i, e anche LifeGate Way, con cui subito abbiamo pensato a un programma per supportare le startup sostenibili. Da sempre noi di OVHcloud spieghiamo quali sono gli sforzi che può fare un fornitore di cloud per migliorare il suo impatto sociale e ambientale; ora abbiamo deciso di fare un passo in più.

Quanto è presente il tema della sostenibilità tra le startup che seguite?
Questa è la prima volta in cui avviamo un programma tematico, e il tema scelto è proprio la sostenibilità. Seguiamo già diverse statup che lavorano nell’ambito della misurazione della carbon footprint, dell’economia circolare e così via, e spero che ne arrivino sempre di più. Mi viene in mente per esempio Wise Robotics: è di Roma e usa l’internet of things (iot) per il monitoraggio strutturale e sismico di edifici e infrastrutture. Ce n’è una che monitora la qualità dell’aria, un’altra che analizza i dati satellitari per ricostruire l’impatto dei cambiamenti climatici sull’agricoltura e indicare soluzioni migliorative.

 

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