In dieci dei paesi più vulnerabili alla crisi climatica, il numero di persone che soffrono la fame è più che raddoppiato in sei anni. Lo dimostra Oxfam.
Un nuovo report di Oxfam si concentra su dieci hotspot climatici: Afghanistan, Burkina Faso, Gibuti, Guatemala, Haiti, Kenya, Madagascar, Niger, Somalia e Zimbabwe.
In questi dieci paesi, 48 milioni di persone soffrono la fame. Un numero più che raddoppiato in appena sei anni.
Per contro, sono responsabili solo dello 0,13 per cento delle emissioni climalteranti.
Dopo mesi in cui la siccità nel Corno d’Africa non dà tregua, in Somalia le Nazioni Unite sono a un passo dal dichiarare la carestia. L’ultima volta in cui è successo risale al 2011: all’epoca sono morte 260mila persone, per la metà bambini. Dall’altro lato del continente, in Africa occidentale e centrale, le torrenziali piogge estive si sono abbattute sulle zone in cui abitano 731mila persone, lasciandone 126mila senza un tetto sopra la testa. Questi sono soltanto due esempi di come la crisi climatica colpisca soprattutto i paesi più vulnerabili, quelli che hanno meno mezzi per difendersi. L’organizzazione umanitaria Oxfam ha voluto vederci più chiaro sulle possibili conseguenze. Scoprendo che, in appena dieci stati, 48 milioni di persone soffrono la fame.
La correlazione “netta e innegabile” tra crisi climatica e fame
Afghanistan, Burkina Faso, Gibuti, Guatemala, Haiti, Kenya, Madagascar, Niger, Somalia e Zimbabwe. Questi i dieci paesi studiati da Oxfam. Sono stati scelti perché sono hotspot climatici, cioè aree che si stanno riscaldando a un ritmo più veloce rispetto alle altre, manifestando rilevanti variazioni sia nelle temperature medie sia nelle precipitazioni. Sono inoltre quelli per cui le Nazioni Unite hanno diramato il maggior numero di appelli relativi agli eventi meteo estremi dal 2000 in poi.
In questi dieci paesi, il numero di persone che soffrono la fame acuta è più che raddoppiato nell’arco degli ultimi sei anni. Nel 2016 ammontava a 21 milioni di individui, oggi arriva a 48. Per avere un termine di paragone, è più dell’intera popolazione spagnola. Di questi 48 milioni, quasi 18 sono sull’orlo della carestia. “La correlazione tra le crisi meteorologiche e l’aumento della fame in questi paesi, e in altri, è netta e innegabile”, si legge nel report.
L’appello di Oxfam: servono misure urgenti, radicali e non più rinviabili
C’è un dato che, se possibile, suona altrettanto amaro. Questi dieci paesi sono responsabili di una briciola delle emissioni di gas serra che determinano il riscaldamento globale. Per la precisione, messi insieme raggiungono uno striminzito 0,13 per cento. Le emissioni delle dieci economie industrializzate del G20 sono 650 volte superiori. È stato anche messo a punto un indice che misura la capacità di ciascuno stato di adattarsi agli impatti del clima: paradossalmente in fondo alla classifica ci sono proprio i territori che li subiranno in modo più intenso in prima persona.
“Il numero di eventi climatici sempre più estremi e imprevedibili è cresciuto di ben 5 volte nell’ultimo mezzo secolo. Per milioni di persone già colpite dagli effetti della guerra in Ucraina e dalle crescenti disuguaglianze, è impossibile fronteggiare i disastri climatici”, sottolinea Francesco Petrelli, policy advisor per la sicurezza alimentare di Oxfam Italia. “Basti pensare che tra il 2010 e il 2019 i danni materiali diretti e indiretti dovuti al clima sono stati in media di 3,43 milioni di dollari al giorno. Siamo di fronte ad una tempesta perfetta che produce una crescita esponenziale della fame globale, per la quale devono essere adottate misure urgenti, radicali e non più rinviabili. Di questo passo tra il 2030 e il 2050 fino a 720 milioni di persone – ovvero 1 abitante su 11 del pianeta – rischia di ritrovarsi in condizioni di povertà estrema a causa della crisi climatica”.
Le agenzie Onu hanno comunicato di aver bisogno di 49 miliardi di dollari per portare avanti i propri programmi umanitari nel 2022, assistendo circa 200 milioni di persone. Una cifra che, ad oggi, è stata coperta solo per il 35,6 per cento dalle donazioni. Le grandi aziende energetiche dei combustibili fossili, conclude Oxfam, per guadagnare 49 miliardi di dollari ci mettono appena 18 giorni.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.