Da quando è scoppiata la pandemia, i dieci miliardari più ricchi al mondo non hanno sofferto, anzi. Il loro patrimonio complessivo è aumentato di 540 miliardi di dollari. Una somma che sarebbe sufficiente per pagare a tutti il vaccino contro la Covid-19 e garantire che nessuno ricada in condizioni di povertà a causa del virus. In altre parole, per salvare l’umanità dalle due grandi minacce legate all’emergenza che stiamo vivendo, quella sanitaria e quella economica-sociale. È uno dei dati più eloquenti emersi dal report che, come di consueto, l’organizzazione umanitaria Oxfam ha pubblicato mentre si aprono i lavori (stavolta in videoconferenza) del World economic forum di Davos.
Da circa dieci anni Oxfam è impegnata in un’assidua opera di analisi e divulgazione delle disuguaglianze che spaccano in due le nostre società. Anche su questo fronte l’anno della pandemia è destinato a passare alla storia. Perché probabilmente farà aumentare il grado di disuguaglianza simultaneamente in tutti i paesi del mondo. È il timore condiviso dalle massime autorità mondiali in materia di economia, cioè il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), la Banca Mondiale e l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). “Gli anni Venti sono quelli di una generazione perduta i cui effetti postumi si ripercuoteranno anche sui decenni a venire”, ha dichiarato Kristalina Georgieva, direttrice operativa del Fmi.
Va nella stessa direzione un sondaggio condotto da Oxfam tra 295 economisti in 79 stati. I rispondenti si aspettano che nel proprio paese crescano le disuguaglianze di reddito (lo sostiene l’87 per cento degli intervistati) o di genere (56 per cento). Questa seconda previsione si spiega con il fatto che la rappresentanza femminile è particolarmente alta proprio in quei settori economici che sono stati colpiti più duramente. Se i posti di lavoro fossero ripartiti in modo equo, ora 112 milioni di donne non rischierebbero di perdere la loro fonte di reddito.
Oxfam surveyed 295 economists from 79 countries for our #InequalityVirus report. 87% of them think the coronavirus will lead to an increase or major increase in income inequality in their country. It doesn't have to be that way. https://t.co/hknBzKvHCrpic.twitter.com/EfhKzm449v
La pandemia si è abbattuta su un mondo che era già minato da profonde fratture. Un mondo in cui duemila individui avevano tra le mani una ricchezza che non sarebbero stati capaci di spendere nemmeno in un migliaio di vite. Non stupisce, dunque, che le mille persone più facoltose abbiano dimenticato in fretta la profonda recessione innescata dal coronavirus. Nell’arco di appena nove mesi, i loro patrimoni sono già tornati ai livelli di prima. Le fasce più povere del Pianeta invece ci metteranno almeno dieci anni a risollevarsi dalla crisi; 14 volte tanto.
Al termine del 2020 i miliardari avevano nelle loro mani 11.950 miliardi di dollari. Il che significa che tecnicamente avrebbero potuto finanziare di tasca propria tutti i pacchetti di aiuti concessi dai governi del G20 per far ripartire le economie. Il patron di Amazon Jeff Bezos, che si è appena visto soffiare da Elon Musk il titolo di uomo più ricco del mondo, ha visto aumentare di 78,2 miliardi di dollari il valore del proprio patrimonio netto. A settembre 2020 avrebbe potuto pagare un bonus da 105mila dollari a ciascuno degli 876mila dipendenti di Amazon, restando ricco come prima.
È il momento di costruire un mondo più giusto
Esiste una via d’uscita? La risposta di Oxfam è sì, ma bisogna volerlo. “L’aumento delle disuguaglianze non è un fenomeno inevitabile, ma dipende dalle scelte politiche dei governi”, spiega la direttrice di Oxfam International Gabriela Bucher. “La crisi generata dalla Covid-19 offre ai governi di tutto il mondo l’occasione di adottare politiche in grado di promuovere sistemi economici più equi e inclusivi”.
Ciò significa affrontare l’emergenza, certo, ma al tempo stesso promuovere il lavoro dignitoso, anche incentivando modelli di impresa che redistribuiscano il valore in modo equo invece di gonfiare i dividendi degli azionisti. E ancora “attuare politiche orientate alla giustizia fiscale; riorientare i nostri modelli di produzione e consumo in modo da porre un freno alla grave crisi climatica”. In poche parole, costruire un modello economico che smetta di avvantaggiare pochi e garantisca una vita piena e dignitosa a tutti.
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