In Pakistan è iniziato l’esodo forzato di 1,7 milioni di afgani
I rifugiati afghani siedono a bordo di un camion con le loro cose mentre aspettano di attraversare il confine con l'Afghanistan, alla vigilia della scadenza fissata dal governo pakistano per espellere gli immigrati clandestini, a Torkham, Pakistan, 31 ottobre 2023. Efe/Epa/Bilawal Aebab
Da giorni camion stracolmi di persone accusate di rappresentare una “minaccia alla sicurezza nazionale” del Pakistan si sono ammassati vicino ai valichi di frontiera con l’Afghanistan.
I rifugiati afghani siedono a bordo di un camion con le loro cose mentre aspettano di attraversare il confine con l'Afghanistan, alla vigilia della scadenza fissata dal governo pakistano per espellere gli immigrati clandestini, a Torkham, Pakistan, 31 ottobre 2023. Efe/Epa/Bilawal Aebab
Il Pakistan ha avviato una massiccia operazione di deportazione ed espulsione delle persone afgane senza documenti residenti sul suo territorio. Le operazioni sono iniziate mercoledì 1° novembre, al termine dell’ultimatum lanciato qualche settimana fa dal governo di Islamabad per invitare tutti gli stranieri privi di documenti a lasciare volontariamente il paese. Il ministero degli Interni pakistano ha dichiarato lunedì che circa 200.000 afgani avevano deciso di lasciare il paese negli ultimi due mesi. Nonostante il governo abbia annunciato il piano rivolgendosi a tutte le persone che risiedono clandestinamente in Pakistan, l’obiettivo principale delle esplusioni sarebbero gli 1,7 milioni di afgani senza documenti, che rappresentano una delle comunità di immigrati più grandi del paese.
Specie negli ultimi giorni decine di migliaia di persone si erano spostate su camion stracolmi per ammassarsi nelle aree di Tokhram e Chaman, rispettivamente a nord e a ovest del Pakistan, che rappresentano due dei principali valichi di frontiera con il vicino afgano. Mercoledì il ministro dell’Interno pakistano provvisorio Sarfraz Bugti ha riportato su X l’espulsione di 64 persone. Secondo quanto riferito da un funzionario di Chaman, la conta delle esplusioni parlava già di 4.000 persone.
Today, we said goodbye to 64 Afghan nationals as they began their journey back home. This action is a testament to Pakistan's determination to repatriate any individuals residing in the country without proper documentation. pic.twitter.com/2PB9BjFKTA
Con l’avvicinarsi della fine dell’ultimatum si è ulteriormente intensificato ciò che è destinato a diventare un vero e proprio esodo di persone dirette verso l’Emirato islamico dell’Afghanistan, da ormai oltre due anni nelle mani dei Talebani. Ed è proprio in Afghanistan che le potenziali ripercussioni delle espulsioni di massa potrebbero rivelarsi fatali: il paese non è pronto ad accogliere masse di rimpatriati, che saranno accolti da una vasta crisi umanitaria che ha già gettato circa 15 milioni di persone in una grave condizione di insicurezza alimentare, aggravata da siccità, inondazioni e terremoti.
Per decenni il Pakistan ha rappresentato un punto d’approdo immediato per le persone in fuga dall’Afghanistan. Milioni di persone hanno raggiunto il paese a partire dagli anni Settanta, attirati sia dalla prospettiva di migliori condizioni economiche e di vita, che dalla prospettiva di vivere in un paese relativamente stabile. Negli anni Ottanta erano arrivati gli afgani in fuga dall’occupazione dell’Unione Sovietica, mentre all’inizio degli anni 2000 la guerra con gli Stati Uniti aveva determinato un’ulteriore ondata di profughi. Centinaia di migliaia di persone sono arrivate anche dopo la presa del potere in Afghanistan da parte dei talebani nel 2021.
Nel tempo le organizzazioni per i diritti umani attive nella regione hanno documentato un progressivo acutizzarsi delle tensioni tra i cittadini del Pakistan e le comunità di persone immigrate nel paese. In particolare, gli afgani sarebbero da anni oggetto discriminazione sul posto lavoro, a scuola e nelle campagne. Tanto le forze di polizia quanto i funzionari governativi pakistani hanno contribuito ad alimentare questo stigma, accusando gli afgani di rubare posti di lavoro ai cittadini pakistani rappresentando manodopera a basso costo, oltre ad alimentare uno stato di generale insicurezza attraverso la criminalità, lo spaccio di droga e il coinvolgimento in operazioni terroristiche. Sul piano delle relazioni internazionali, invece, Islamabad accusa il governo talebano di non aver fatto abbastanza per frenare la presenza del gruppo terroristico Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp), responsabile della sanguinosa recrudescenza del terrorismo in Pakistan e con sede proprio in Afghanistan. Tutto questo ha nutrito l’idea che gli immigrati afgani senza documenti rappresentino un problema alla sicurezza nazionale, la cui soluzione sarebbe rappresentata proprio dall’operazione appena cominciata.
Secondo quanto riportato da Foreign Affairs, appare chiaro come “gli afghani siano diventati capri espiatori mentre il Pakistan attraversa una delle peggiori crisi economiche degli ultimi anni”, a cui si somma la minaccia del terrorismo del Ttp. Sebbene questa narrativa abbia trovato una seppur minima opposizione nelle piazze, appare molto imporobabile che l’opinione pubblica possa influenzare Islamabad. Il Pakistan è guidato da un governo provvisorio apolitico che prepara il paese alle elezioni di gennaio, che procede spedita con l’individuazione degli afgani irregolari e il loro trasporti nei centri di detenzione per il rimpatrio vicino ai valichi di frontiera: “È probabile che l’esercito, che esercita una forte influenza sul regime ad interim, guidi la politica – continua Foreign Affairs – ma sta lasciando che il regime ad interim, che non deve preoccuparsi di contraccolpi politici, si prenda ogni critica pubblica”.
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