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La tecnologia della svedese Modvion è davvero sostenibile? Ne parliamo con Davide Astiaso Garcia segretario generale dell’Associazione italiana del vento.
È ancora un prototipo ma ha grandi potenzialità. La prima pala eolica con torre modulare in legno che svetta sull’isola svedese di Björkö, nei pressi di Göteborg, promette di “svecchiare” il comparto eolico. “La modularità del legno è strategica soprattutto in determinati contesti: potrà rivelarsi utile in zone impervie o lì dove è più difficile l’integrazione paesaggistica”, commenta Davide Astiaso Garcia, segretario generale dell’Associazione nazionale energia del vento (Anev).
La produttrice Modvion, azienda svedese di design industriale, è certa dei suoi vantaggi: meno emissioni di anidride carbonica, maggiore resistenza, pale più facili da trasportare e alte quanto si desidera. Molti aspetti sono ancora da valutare. Da un punto di vista estetico, come detto, il legno potrebbe sposarsi meglio con la natura circostante. Chissà che non si convincano anche le comunità locali più contrarie alla presenza dei “mulini di acciaio”, le protagoniste delle proteste “non nel mio giardino”, dall’inglese “not in my back yard” (nimby).
Per rendere anche economicamente appetibile questa tecnologia bisogna ridurre i costi di produzione, come avvenuto per l’eolico “tradizionale” che ormai è in grado di essere competitivo con le altre fonti di energia senza incentivi, e promuoverne la diffusione su larga scala.
La partita si gioca sull’uso del legno lamellare al posto dell’acciaio. Il trasporto e il montaggio possono incidere positivamente: “Anche le torri di alluminio sono divise in pezzi, ma il legno è sicuramente un materiale più leggero da trasportare e può consentire di costruire pale più alte”, dichiara Davide Astiaso Garcia a LifeGate. Da valutare i costi di manutenzione e controllo della struttura, che non è più un corpo unico, e la produttività, rispetto alla tecnologia tradizionale.
È altrettanto vero che un’analisi della CO2 risparmiata incentrata unicamente su questo materiale è semplicistica. Bisognerà promuovere l’analisi del ciclo di vita, la cosiddetta life cycle assessment (lca), che valuterà tutte le fasi dalla produzione allo smaltimento e quantificherà gli impatti sull’ambiente e sulla salute umana.
Sarà indispensabile “certificare la provenienza dei materiali”, precisa il segretario generale dell’Anev, verificarne la disponibilità e misurare la distanza tra il sito di produzione e quello di installazione. Perché anche la logistica, se non è a ridotto impatto ambientale, rischia di pesare sul bilancio di sostenibilità del prodotto.
Creare una filiera a chilometro zero “dal bosco alla pala” sarebbe decisivo. Così il legno sarebbe certificato, tracciato e legale e si darebbe lavoro alle comunità locali. Una nuova filiera potrebbe nascere dal recupero delle parti non riutilizzabili, senza sprechi. “Il riciclo dei materiali è uno dei punti di vantaggio di questa tecnologia. Oggi in parte esiste già nel decommissioning (la dismissione, termine spesso riferito al nucleare, ndr)”, sottolinea Garcia.
A patto che ci sia anche la normativa a stabilire cosa non è più rifiuto ma risorsa e cosa può essere venduto o acquistato nel mercato di materie prime seconde, in piena attuazione dei principi di economia circolare.
La Commissione europea ha destinato al progetto 6,5 milioni di euro attraverso il programma di accelerazione dell’European innovation council. “È una garanzia, significa che la revisione fatta dagli esperti ammette margini di fattibilità e di crescita”, conclude Garcia.
La messa in opera consentirà di raccogliere le prime informazioni sulla produttività, sulla sostenibilità e sull’efficienza della pala eolica in legno. Solo allora si avranno le prove del suo potenziale e si sentirà soffiare un vento nuovo.
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