Un team di giornalisti coraggiosi, migliaia di documenti, la sete di giustizia. Sono gli ingredienti di West Africa Leaks, una colossale inchiesta su corruzione ed evasione fiscale in Africa occidentale.
Panama Papers, i primi cento nomi italiani
Erano attesi da alcuni giorni. Da quando domenica 3 aprile si è scoperto in contemporanea mondiale della grande inchiesta giornalistica chiamata Panama Papers che sta analizzando un’immensa mole di dati (oltre 11 milioni di documenti) trafugati dallo studio legale panamense Massack Fonseca, specializzato nella creazione di società offshore. Il partner italiano del network di testate
Erano attesi da alcuni giorni. Da quando domenica 3 aprile si è scoperto in contemporanea mondiale della grande inchiesta giornalistica chiamata Panama Papers che sta analizzando un’immensa mole di dati (oltre 11 milioni di documenti) trafugati dallo studio legale panamense Massack Fonseca, specializzato nella creazione di società offshore.
Il partner italiano del network di testate giornalistiche di tutto il mondo che in questi mesi ha scandagliato l’enorme mole di documenti è il settimanale L’Espresso che, nel numero uscito l’8 aprile, pubblica i primi cento nomi di italiani che, in qualche modo, appaiono nei Panama Papers, su un totale di circa 800.
Il primo nome eccellente degli italiani che è trapelato è quello di Luca Cordero di Montezemolo, attualmente presidente di Alitalia. L’Espresso dice di avergli chiesto per due settimane di rispondere alla sue domande, per poi dichiarare di non avere conti all’estero. Il settimanale però riporta le foto di tre documenti a suo nome.
Così come pubblica documenti relativi alla società Athilith, riconducibile a Carlo Verdone, i cui legali però affermano categoricamente che l’attore e regista e romano non ha né soldi, né case all’estero.
Anche i legali di Barbara D’Urso hanno precisato che la società citata nelle carte dei Panama Papers era stata costituita “ai fini di un’operazione immobiliare […] che non si è poi concretizzata”.
Lo studio legale di Panama avrebbe curato anche alcune transazioni riservate per conto dello stilista Valentino Garavani. C’è poi una società legata all’affaire dei diritti televisivi gonfiati, che è costato una condanna a quattro anni a Silvio Berlusconi.
Ci sono ovviamente anche molti nomi non conosciuti dal grande pubblico, di cui L’Espresso rivela, in alcuni casi, i legami con vicende note; nonché un approfondimento sui tesori esteri dei boss di Cosa Nostra.
Dopo le anticipazioni uscite in questi giorni alcune procure italiane si sono mosse per vederci chiaro, il reato ipotizzabile è quello di riciclaggio. E la stessa direttrice dell’Agenzie delle entrate, Rossella Orlandi, ha annunciato ufficialmente che aprirà un’inchiesta. Che dalle premesse potrebbe rivelarsi un terremoto.
I primi nomi citati, a livello mondiale, sono stati quelli del presidente russo Vladimir Putin, tramite un presunto prestanome, e del premier britannico David Cameron per aver ereditato quote societarie del padre. Oltre a loro ci sarebbero diversi oligarchi russi, alti funzionari del partito comunista cinese, il presidente ucraino Poroshenko e quello argentino Macri; nonché i Le Pen, padre e figlia. La prima testa eccellente a cadere è stata quella del primo ministro islandese.
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