La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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Le specie di panda, elefanti, ibis e gibboni che popolano la Cina stanno tornando a crescere grazie agli sforzi per la loro conservazione.
Gli sforzi per la conservazione delle specie di panda, elefanti, ibis e gibboni stanno mostrando risultati positivi in Cina, dove i loro numeri sono tornati a salire. È quanto emerge dal primo libro bianco del Paese sulla conservazione della biodiversità, intitolato Biodiversity conservation in China, pubblicato l’8 ottobre.
Il governo cinese ha pubblicato questo documento per presentare le idee del Paese, i piani e le azioni per la conservazione della biodiversità e condividere con la comunità internazionale i progressi raggiunti.
Tra questi, figura in particolare l’aumento delle popolazioni di panda, elefanti, ibis e gibboni. Nello specifico, negli ultimi quarant’anni, quella di panda giganti (Ailuropoda melanoleuca) in natura è passata da 1.114 esemplari a 1.864. Quella degli ibis crestati (Nipponia nippon) è aumentata da 7 esemplari ad oltre cinquemila. Il numero di elefanti asiatici (Elephas maximus), fermo a 180 negli anni Ottanta, oggi conta più di 300 esemplari. Mentre la popolazione selvatica dei gibboni di Hainan (Nomascus hainanus) è passata da meno di 10 esemplari, divisi in due gruppi, a 35 in 5 gruppi.
Anche i vapiti (Cervus elaphus canadensis), un tipo di cervo, che un tempo erano completamente assenti in natura, sono arrivati a contare ottomila esemplari grazie al lavoro di tre centri per la conservazione, quello di Nanhaizi a Pechino, il Dafeng nel Jiangsu e il Shishou nell’Hubei.
Il numero di panda cresciuti in cattività è ugualmente aumentato, cosa che ha portato la specie a non essere più considerata a rischio estinzione, ma “solo” vulnerabile anche dalle autorità cinesi. Sebbene l’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) avesse già tolto il panda gigante dall’elenco delle specie in via di estinzione, classificandolo come vulnerabile nel 2016, fino a luglio di quest’anno il Paese non aveva accettato questa scelta, ritenendola pericolosa in quanto avrebbe potuto indebolire gli sforzi per salvaguardare questo iconico animale, simbolo del paese asiatico e considerato un vero e proprio “tesoro nazionale”.
Alcuni di questi esemplari sono stati reintrodotti nei loro habitat naturali, nel tentativo di ripopolare anche le comunità selvatiche. “La biodiversità è alla base della sopravvivenza e dello sviluppo umano e ha un impatto diretto sulla nostra salute – si legge nel report –. Gli esseri umani devono rispettare la natura e seguire il suo percorso”.
Il territorio marittimo e terrestre della Cina è molto esteso. Questa complessità naturale, unita a quella climatica, ha permesso la nascita di ecosistemi unici che ospitano una grande varietà di specie, animali e vegetali.
Per questo, alcune misure straordinarie sono state applicate anche per proteggere 120 specie di piante che contano pochissimi esemplari e che sono oggi minacciate dalla perdita dei loro habitat naturali. Tra queste figurano la Cycas debaoensis, che prospera in foreste decidue e sempreverdi miste su pendii calcarei; la Manglietiastrum sinicum e l’Abies beshanzuensis, una specie di abete. A questa lista si aggiungono anche una serie di attività per ripristinare l’habitat naturale di 112 specie rare e minacciate di piante selvatiche native della Cina.
Nel libro bianco vengono anche menzionate le strategie adottate dal paese per raggiungere questi risultati e che si spera possano continuare a dare esiti positivi. Queste comprendono l’aumento delle aree protette e l’apertura di nuovi parchi nazionali, così come di giardini botanici, di centri per la riabilitazione della fauna e di banche dei geni; la creazione di “linee rosse”, ovvero modelli per una migliore pianificazione dell’uso del territorio e delle misure di conservazione; lo sviluppo di campagne ad hoc per salvare le specie a rischio e una migliore prevenzione contro l’invasione delle specie aliene.
Nel documento si riconosce anche la necessità di una normativa a livello statale che rimanga aggiornata per far fronte alle sfide più recenti, e di una maggiore sinergia tra gli attori coinvolti nella conservazione delle specie a livello locale e globale.
“La Terra è la casa dell’umanità e dovremmo proteggerla insieme – conclude il report –. Quando si guarda alla sfida mondiale posta dalla perdita della biodiversità, gli esseri umani sono una sola comunità che condivide lo stesso destino”. Un destino che ogni persona ha il potere di cambiare.
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