Il clima che cambia sta delineando una nuova geografia del cibo con l’agricoltura chiamata a rispondere alle sfide ambientali e di sicurezza alimentare.
Pantelleria, l’isola dove la terra conta più del mare
A fine ottobre le agenzie di stampa battono una notizia curiosa: alcuni ricercatori ed entomologi dell’Università di Palermo hanno appena scoperto una nuova specie di grillo. Lo hanno sentito cantare in modo insolito durante un appostamento per osservare la berta maggiore (motivo del loro viaggio sull’isola), un uccello acquatico simile a un piccolo albatro. Dopo
A fine ottobre le agenzie di stampa battono una notizia curiosa: alcuni ricercatori ed entomologi dell’Università di Palermo hanno appena scoperto una nuova specie di grillo. Lo hanno sentito cantare in modo insolito durante un appostamento per osservare la berta maggiore (motivo del loro viaggio sull’isola), un uccello acquatico simile a un piccolo albatro. Dopo aver registrato il canto del grillo per confrontarlo con quelli conosciuti, i ricercatori hanno individuato un esemplare femmina e uno maschio: da qui la certezza di aver scoperto una nuova specie, il grillo pantescus. Com’è andato il ritrovamento lo racconta Sonia Anelli, direttrice del Parco nazionale isola di Pantelleria, durante una delle nostre chiacchierate in terra pantesca (rigorosamente a tavola). Ma riavvolgiamo il nastro.
Perché sull’isola
Arriviamo a Pantelleria in novembre come giornalisti invitati sull’isola dall’Ente Parco e dal ministero dell’Agricoltura, per scoprire la storia e il valore culturale delle viti ad alberello, dichiarate patrimonio immateriale dell’umanità Unesco. Un tipo di coltura tradizionale che si sviluppa in simbiosi con il territorio e con gli elementi come sole e vento, scarsità d’acqua, ed è proprio da questa collaborazione rispettosa tra uomo e natura che nascono i meravigliosi passiti – e i vini – che hanno reso famosa l’isola nel mondo. Basta veramente poco per rendersi conto di essere atterrati in un posto magico. Del resto, già in volo da Palermo, il tramonto rosso fuoco sopra Favignana, Marettimo e Levanzo e i morbidi cuscinetti di nuvole che sembrano onde sfumate sopra il Mediterraneo non aiutano certo a rimanere spettatori distaccati di quello che stiamo per andare a scoprire. Insomma, ancora prima di aver messo piede a terra, si parte già uno a zero per l’isola. E dopo è pure peggio.
La vite ad alberello, Patrimonio immateriale dell’umanità
La chiamano agricoltura eroica quella che si fa a Pantelleria, e la definizione calza a pennello. Tutto sull’isola viene coltivato trovando un accordo con gli elementi naturali, intensi e sempre presenti: siccità, vento, e tanto, tantissimo sole. E così anche gli olivi vengono fatti crescere radenti il suolo in modo da contrastare l’azione del vento e catturare l’umidità notturna. Per farlo, si usano pietre appese ai rami, che accompagnano la pianta a crescere bassa. Ma l’emblema dell’agricoltura eroica pantesca è lei, la vite ad alberello, che si coltiva con una tecnica antica passata di generazione in generazione nelle famiglie. L’Unesco l’ha iscritta nel 2014 nel registro dei Patrimoni immateriali dell’Umanità, un riconoscimento che va soprattutto al popolo pantesco per aver saputo proteggere fin qui una pratica capace di adattarsi a una natura indomabile, regalando vini d’eccellenza per gusto e per sostenibilità ambientale, tra cui il famoso passito. Ma ora la sopravvivenza di questa tecnica è arrivata a un punto critico, i giovanissimi dell’isola non stanno raccogliendo il testimone. E quella in corso potrebbe essere l’ultima generazione di contadini eroi. È urgente che il riconoscimento Unesco venga capitalizzato in un progetto per salvare il saper fare contadino, fuori e dentro l’isola.
Come funziona la coltura della vite
L’alberello cresce in una conca profonda 50 centimetri che lo ripara dal vento e gli consente di assorbire con le radici l’umidità e la rugiada dal suolo lavico. L’escursione termica tra giorno e notte è molto alta nell’isola. Il fusto principale della vite viene potato per produrre sei tralci e formare un piccolo cespuglio. L’incavo viene costantemente rimodellato per garantire che la pianta cresca nel giusto microclima. L’uva viene poi raccolta a mano a partire dalla fine di luglio. Dai grappoli di Moscato di Alessandria, il vitigno tipico del luogo, detto anche Zibibbo, nasce il passito di Pantelleria, le cui uve vengono fatte appassire al sole. I vini della Doc Pantelleria hanno il diritto di inserire il logo dell’Unesco in etichetta, un privilegio che solo pochi vini al mondo possono vantare.
Il Parco isola di Pantelleria, un parco di terra
Il parco isola di Pantelleria nasce nel 2016, ed è il primo in territorio siciliano. È un parco nazionale terrestre; del resto l’isola stessa è poco vocata per il mare: le acque mosse dalle correnti e la costa frastagliata, poco accessibile dal mare, non favoriscono attività come la pesca o la vita da spiaggia. “Molti abitanti non sanno nemmeno nuotare” spiega Julio Rodo, la nostra guida esperta locale. Il parco copre 6.560 ettari, l’80 per cento dell’isola. Pantelleria rappresenta la sommità di un ampio complesso vulcanico, la cui base si trova oltre mille metri sott’acqua e dista circa 70 chilometri dalla Tunisia e 110 dalla Sicilia, visibili entrambe nelle giornate limpide. A dispetto della mancanza di pioggia e di sorgenti, l’isola è straordinariamente verde: l’umidità della notte riesce comunque a mantenere rigogliosa la macchia mediterranea, con boschi sempreverdi, arbusti e tante erbe aromatiche.
A nord dell’isola si trova un lago salmastro, in cui confluiscono acque termali, il suo nome è Bagno dell’acqua, ma è conosciuto anche come Specchio di Venere: a forma di cuore, e dalle acque limpide e argentee, in particolari giornate senza vento riflette in modo dettagliato tutto quello che c’è intorno, proprio come uno specchio. È uno delle bellezze del Parco, un luogo di passaggio per molti uccelli migratori, e l’unico punto dell’isola in cui è possibile trovare spiagge di sabbia bianca. Intorno c’è solo verde, con fichi d’India, capperi selvatici e qualche dammuso in pietra, le antiche abitazioni locali.
Alla guida del parco nazionale dal 2021 c’è Sonia Anelli, parmense d’origine e pantesca nell’anima, una donna innamorata dell’isola e del suo lavoro. “Pantelleria è l’unico posto in cui camminerai sopra gli ulivi e non sotto – è la prima cosa che mi hanno detto quando sono arrivata. A me piace molto ripetere questa frase. Perché è propri così: la vite ad alberello è la coltura più diffusa, ma anche il cappero e l’olivo crescono bassi, allungati sul terreno, protetti dai muretti a secco. Quest’isola è l’unica in cui si fa aridocoltura, perché non c’è acqua dolce, e quindi tutto cresce grazie all’umidità e all’acqua piovana”, spiega la direttrice del parco.
Anche la parte naturalistica ha un’importanza notevole a Pantelleria: “qui si trovano specie africane, specie siciliane e specie endemiche, che non ci sono da nessun’altra parte”, spiega Anelli. “Come ad esempio alcuni tipi di pipistrelli, o il grillo che è appena stato scoperto. L’isola è punto di passaggio per l’avifauna che migra, ci sono piccoli mammiferi come il coniglio selvatico e il topo ragno. E le specie vegetali sono quelle della macchia mediterranea, come erica, rosmarino, origano, cisto, ginestra e poi pino d’Aleppo, leccio, corbezzolo”.
Un mondo in un’isola
Di Pantelleria si potrebbe scrivere per ore, dei suoi dammusi, case basse in pietra costruite a secco senza collante tra le pietre, con i tetti a cupola ricoperti di calce, fondamentali per raccogliere le piogge attraverso una canalina che permette all’acqua di raggiungere la cisterna di cui ogni dammuso è dotato; dei suoi muretti a secco, anche questi patrimonio immateriale dell’Umanità Unesco, che servivano come recinzioni, sostegno per la terra, un modo per spietrare i campi da coltivare ma soprattutto per avere barriere efficaci contro il vento, mentre i sassi dei muri trattengono umidità e calore. E anche elemento fondamentale per tutto quello che è la salvaguardia del territorio in ottica del contenimento del dissesto idrogeologico; dei suoi giardini panteschi, costruzioni circolari in pietra (ce ne sono circa 500 nell’isola) che custodiscono ognuno un unico albero, un agrume, che di solito è un arancio o un limone, in molti casi innestato in modo che la medesima pianta produca i due frutti.
Il giardino pantesco nasce nell’antichità dall’esigenza di avere a portata di mano, fuori casa, una fonte di vitamina C contro lo scorbuto. La propria farmacia familiare.
E infine c’è la gastronomia locale, una cucina prevalentemente di terra con qualche incursione nel mare, ricchissima di verdure, legumi, piante aromatiche con piatti dal gusto straordinario come l’insalata pantesca, la caponata, l’ammogghiu (il pesto locale) che si usa per condire la pasta o le bruschette, i ravioli “amari” ripieni di ricotta vaccina e foglie di menta, la pasta condita con il trusso, una sorta di cavolo rapa violetto, il couscous di pesce condito con verdure fritte, la zuppa di lenticchie dell’isola (una varietà rara e molto saporita), per chiudere con il dolce bacio pantesco, una fragrante e delicata cialda fritta farcita di ricotta dolce e gocce di cioccolato, che si può aromatizzare con scorza di limone.
Una delle poche cucine, quella di Pantelleria, che ancora ricalcano fedelmente i dogmi e i sapori della dieta mediterranea, quella vera.
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