Papa Francesco si è recato in visita in Canada per chiedere perdono ai nativi indigeni. È la prima volta che succede.
Nell’Ottocento, nei collegi cristiani, migliaia di bambini hanno perso la vita in quello che il Canada ha definito uno dei peggiori “genocidi culturali”.
Il Canada aveva chiesto scusa e risarcito le famiglie delle vittime. La chiesa cattolica si era sempre rifiutata di riconoscere il proprio ruolo.
Papa Francesco è arrivato domenica a Edmonton, Alberta, per una visita di sei giorni in Canada. È il secondo pontefice a visitare questo paese, dopo Giovanni Paolo II. Il papa ha iniziato il suo “pellegrinaggio penitenziale” il 25 luglio in un ex collegio per indigeni, dove ha rinnovato la sua richiesta di perdono per il ruolo svolto dalla Chiesa cattolica per più di un secolo nelle violenze inflitte a migliaia di bambini.
Almeno seimila morti nelle scuole residenziali cattoliche
I popoli amerindi, tra cui i First Nations, i Métis e gli Inuit, attendevano da anni la visita del papa. Al centro di questo percorso c’è il doloroso capitolo delle scuole residenziali per i bambini indigeni, un sistema di assimilazione culturale che ha causato almeno seimila morti nell’Ottocento e ha creato un trauma per diverse generazioni a venire.
Il governo canadese, che ha pagato miliardi di dollari in risarcimenti agli ex studenti, si è ufficialmente scusato 14 anni fa per aver creato queste scuole pensate per “uccidere l’indiano nel cuore del bambino”. La chiesa anglicana fece lo stesso. Ma quella cattolica, responsabile di oltre il 60 per cento di questi collegi, si è sempre rifiutata di farlo. Fino ad adesso.
Cari fratelli e sorelle del #Canada, vengo tra voi per incontrare le popolazioni indigene. Spero che, con la grazia di Dio, il mio pellegrinaggio penitenziale possa contribuire al cammino di riconciliazione già intrapreso. Per favore, accompagnatemi con la #preghiera.
Ad aprile 2022 papa Francesco ha porto le sue scuse, per conto del Vaticano, per il ruolo svolto dalla chiesa nei 130 convitti in Canada, castigando la “colonizzazione ideologica” e la “azione di assimilazione” di cui “tanti bambini sono caduti vittime”. Prima il pontefice si è recato a Maskwacis, una riserva aborigena a circa 100 chilometri a sud di Edmonton, dove si trova l’ex collegio Ermineskin, uno dei più grandi del Canada, aperto dal 1895 al 1975.
Dopo una preghiera silenziosa al cimitero, papa Francesco ha pronunciato il suo primo discorso, in spagnolo, davanti a migliaia di persone, compresi gli ex studenti del collegio. Ai partecipanti, che provengono da tutto il paese, è stato offerto un aiuto psicologico. Il papa si è poi recato alla Chiesa del sacro cuore dei primi popoli di Edmonton, una delle più antiche della città, ricostruita dopo un incendio nel 2020, dove ha tenuto un altro discorso davanti alle comunità indigene.
Un genocidio perpetrato anche dalla chiesa
Circa 150mila bambini indigeni sono stati reclutati con la forza in queste scuole, strappati alle loro famiglie, alla loro lingua e alla loro cultura. E spesso soggetti a violenze fisiche, psicologiche e sessuali. A poco a poco, il Canada sta aprendo gli occhi su questo passato, qualificato come “genocidio culturale” da una commissione d’inchiesta nazionale: la scoperta di oltre 1.300 tombe anonime nel 2021 vicino a questi collegi ha sconvolto l’opinione pubblica.
La visita papale suscita quindi molte speranze tra alcuni sopravvissuti e le loro famiglie. Molti di loro sperano anche in gesti simbolici, come il rimpatrio di alcuni oggetti d’arte indigeni custoditi ancora in Vaticano.
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