La campagna Vote for animals, promossa da Lav e altre organizzazioni, mira a far assumere a candidati e partiti un impegno maggiore sul tema dei diritti animali.
Papillon, l’orso che ama la libertà è ancora rinchiuso
La vicenda dell’orso Papillon, ingiustamente detenuto per la sua voglia di libertà, è anche il simbolo della natura che si ribella al predominio dell’uomo.
Lo hanno chiamato Papillon, come il romanzo omonimo, per la sua inesauribile voglia di libertà, di spazio, di vita. A causa della rigida prassi burocratica è invece l’orso M49, un numero, una sigla per definire un essere vivente nato libero e che libero vuole morire. Un po’ come tutti noi, ovviamente, che aneliamo a un’esistenza a contatto con la natura e il più possibile scevra da gabbie, infrastrutture, prigioni materiali e non. Papillon è un orso intelligente. Certo molto di più degli uomini che vogliono costringere la sua vita in uno spazio delimitato, in un ergastolo non meritato. È evaso più volte dalla sua gabbia, lo hanno ripreso, castrato, imbottito di farmaci per sedarlo e renderlo apatico e privo di scopi. Ora conduce un’esistenza al limite del vegetale con altri orsi sfortunati nella prigione del Casteller, nel “civile” Trentino, sottoposto al rigidissimo sistema di sorveglianza dei suoi carcerieri umani.
Ripercorriamo la storia di Papillon, che è un po’ il simbolo di come la natura e gli animali non riescano ancora a convivere serenamente con la specie umana che, oltre a distruggere habitat ed ecosistema, si occupa sistematicamente di sopprimere ogni tentativo di convivenza con le specie diverse.
Papillon è diventato un simbolo
M49 è nuovamente rinchiuso nella sua odiata prigione, all’interno dell’area faunistica del Casteller, dove oggi sono già prigionieri altri due orsi, DJ3 e M57. Papillon era fuggito due volte alla ricerca di una libertà fortemente desiderata e sempre sottratta dall’uomo. Eppure, secondo il Wwf e le altre associazioni animaliste, M49 non può rientrare nelle categorie di “orso pericoloso” o “orso confidente”, non avendo mai mostrato né comportamenti di confidenza né atteggiamenti aggressivi verso le persone. Recentemente era anche riuscito a togliersi il radiocollare girando indisturbato per i suoi boschi, e si preparava – come ogni orso – ad andarsene tranquillamente il letargo con l’approssimarsi della stagione invernale.
“Negli Stati Uniti, all’ingresso dei grandi parchi sono distribuiti volantini in cui si spiega come comportarsi nel caso si incontri un orso, evitando comportamenti che lo potrebbero attirare, e si invitano le persone a portare con sé il cibo in contenitori ermetici. I bidoni della spazzatura sono a prova di predatore, e sono numerosi i cartelli che ricordano continuamente le regole per la sicurezza. E, senza andare troppo lontano, anche la gestione dell’orso in Abruzzo potrebbe insegnare molto al Trentino e alla provincia autonoma di Trento”, dichiara in una nota l’Oipa, una delle associazioni animaliste che più da vicino ha seguito le vicende di Papillon e degli altri orsi trentini.
La tenuta del Casteller dove vivono reclusi i tre orsi è comunque molto simile a un recinto e i plantigradi devono convivere a stretto contatto fra loro, privi delle funzioni specifiche della specie e, soprattutto, incapaci di seguire le fondamentali tappe della loro vita animale. L’esistenza di un orso si svolge seguendo momenti prefissati: l’accoppiamento, la nascita dei cuccioli, la loro cura, il letargo invernale e il risveglio primaverile. Di tutto ciò Papillon è stato privato. La sua castrazione – pratica immotivata e senza senso in un plantigrado – e lo stato di sedazione in cui versa è una palese violazione dei diritti animali e della sopravvivenza della sua specie.
Una convivenza pacifica fra uomo e ambiente
Poche settimane fa era stato scoperto che Papillon, durante la sua ultima prigionia, non era stato rinchiuso in un recinto, ma in un’angustia gabbia, dove è rimasto per ben tre mesi prima di riuscire nuovamente a evadere. Una chiara dimostrazione dell’inventiva di questo intelligentissimo animale che è riuscito, con le sue sole forze, a trovare una via di fuga dalla sua prigionia. “Gaia animali & ambiente, con i suoi avvocati e con le altre associazioni, non lascerà nulla di intentato per liberare gli orsi reclusi al Casteller. Intanto chiediamo che M49 sia munito di radiocollare (per poterlo controllare) e immediatamente rilasciato in modo che possa andare in letargo come tutti quelli della sua specie”, dichiara Edgar Meyer, presidente di Gaia animali & ambiente.
Un proposito che per ora non ha avuto riscontro anche se per Papillon si è mosso il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa che ha sollecitato un’immediata risposta dall’amministrazione della regione. “Papillon, come l’ho chiamo io, è stato catturato per la terza volta dalla provincia autonoma di Trento. Molti di voi mi hanno chiesto di prendere una posizione, di dire qualcosa. Bene. Io sono un ministro e, per come la penso io, un ministro della Repubblica deve prima fare e poi, in caso, parlare. La mia posizione la conoscete: l’orso deve vivere libero e monitorato con il radiocollare. Ma i fatti stanno andando in una direzione opposta alla mia volontà e questo accade, come sapete, perché la provincia di Trento è autonoma e, per quanto assurdo possa sembrare, può decidere di catturare Papillon”, ha dichiarato in merito alla vicenda, annunciando un’ispezione al Casteller per verificare le condizioni di detenzione degli orsi.
Sulla vicenda di Papillon c’è stato anche lo sciopero della fame della delegata Oipa di Trento, Ornella Dorigatti, sciopero interrotto solo pochi giorni fa in seguito alla decisione del ministro. Ma per ora ancora tutto tace, mentre si è aperto proprio in questi giorni a Trento il processo per l’uccisione durante le fasi di cattura dell’orsa KJ2, madre di due cuccioli. La prigionia di Papillon e dei suoi sfortunati compagni continua. E non sembra prossimo il giorno in cui riusciremo a festeggiare la sua liberazione, inaugurando un capitolo migliore della convivenza fra l’uomo e l’ambiente che lo circonda.
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