Come costruire un nuovo multilateralismo climatico? Secondo Mark Watts, alla guida di C40, la risposta è nelle città e nel loro modo di far rete.
Parigi, anno 2050. La rivoluzione (ecologica) francese
Un rapporto commissionato dal sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, immagina una profonda transizione ecologica della città. Che si può completare entro il 2050.
È la città che ha ospitato la Cop 21 del 2015, dando il nome all’Accordo mondiale sul clima. Che ha deciso di mettere al bando i motori diesel entro il 2024, e quelli a benzina entro il 2030. Che si è vista assegnare i Giochi Olimpici del 2024 grazie ad un progetto imperniato sull’ecologia. Che ha deciso di raddoppiare l’estensione delle piste ciclabili sul proprio territorio, portandola a 1.400 chilometri. E che, grazie all’impegno del suo sindaco Anne Hidalgo, guida da anni il C40, rete costituita da più di 80 grandi città in tutto il mondo impegnate nella lotta ai cambiamenti climatici.
Parigi ha assunto negli ultimi anni un ruolo-guida nella salvaguardia dell’ambiente, arrivando a lanciare iniziative internazionali come quella battezzata significativamente “Air’volution” (la rivoluzione dell’aria), condivisa con le città di Londra e Seul. “Di qui al 2020 – ha spiegato Anne Hidalgo in un’intervista rilasciata al mensile Alternatives Economiques – tutte le città del C40 avranno stabilito un piano d’azione per il clima che permetterà loro di diminuire le emissioni di gas ad effetto serra, conformemente all’Accordo di Parigi. È per questo che stiamo lavorando ad un programma specifico per la nostra città che coprirà il periodo 2017-2021: se ogni centro urbano di più di 100mila abitanti nel mondo farà lo stesso, potremo ridurre del 40 per cento le emissioni globali”.
Parigi vuole abbattere le emissioni di CO2 dell’80% entro il 2050
La capitale francese, insomma, ha fatto non solo della lotta ai cambiamenti climatici una bandiera, ma anche uno strumento di pianificazione del proprio futuro. È da qui che nasce l’idea del sindaco Hidalgo di commissionare uno studio a lunghissimo termine alla società di consulenza Elioth. Ne è scaturito un rapporto di ben 368 pagine, intitolato “Parigi cambia era”, nel quale viene immaginata la metropoli tra 33 anni, nel 2050: la “cronaca di una rivoluzione annunciata” che tocca ogni ambito della vita della città, dai trasporti al settore immobiliare, dall’alimentazione alla gestione dei rifiuti.
L’ipotesi degli studiosi che hanno lavorato al rapporto prevede un calo delle emissioni di CO2 equivalenti pari al 50 per cento, entro il 2030, e all’80 per cento entro il 2050. Ciò grazie soprattutto allo sviluppo delle energie rinnovabili e alla profonda trasformazione che occorrerà effettuare nell’edilizia. “Nel 2050, circa il 20 per cento dei tetti di Parigi sarà coperto da pannelli solari”, il che significherà coprire qualcosa come 30 milioni di metri quadrati. La produzione elettrica che ne deriverà potrà toccare tra i 1.200 e 1.500 gigawattora annui, rispondendo a circa il 10 per cento dell’intero fabbisogno degli edifici della città”. I cittadini potranno auto-consumare l’energia e stoccare quella in eccesso grazie a sistemi ad hoc, il tutto sulla base di una proposta di legge già approvata a livello nazionale.
Nella capitale francese l’illuminazione stradale è già al 100% rinnovabile
“Nel 2050, il tempo ritorno sull’investimento per gli abitanti di Parigi sarà nettamente inferiore ai dieci anni”, spiega il rapporto, basandosi su un’ipotesi di durata media della vita degli impianti pari a 30 anni. Inoltre, nuovi pannelli solari termici consentiranno di produrre gratuitamente “il 15 per cento dell’acqua calda consumata nei condomini della capitale”.
Per raggiungere tali obiettivi, il comune di Parigi sta già mostrando il buon esempio, equipaggiando i tetti di pannelli solari gli edifici pubblici, la cui superficie complessiva “è pari a cinque milioni di metri quadrati, ossia il 17,4 per cento del territorio edificato della città”. Mentre ai cittadini verrà chiesto di fare la loro parte acquistando energia prodotta grazie a fonti rinnovabili. È su questo punto che occorrerà fare più strada: mentre la totalità dell’illuminazione pubblica parigina si basa già su fonti pulite, solamente lo 0,1 per cento della popolazione ha scelto contratti “100 per cento rinnovabili” per le abitazioni private. Si prevede che la quota raggiunga l’uno per cento nel 2020 e il dieci per cento nel 2050.
https://www.youtube.com/watch?v=tucDqPKCvII https://www.youtube.com/watch?time_continue=2&v=sRudUWG7e7A&has_verified=1
Chiaramente, ciò non basterà comunque a coprire tutto il fabbisogno della popolazione urbana. È per questo che il comune guidato da Anne Hidalgo parteciperà “al finanziamento di siti rinnovabili anche al di fuori del proprio territorio”, al fine di compensare il ricorso a gas di origine fossile. In particolare, il municipio parteciperà alla costruzione di tremila pale eoliche e 50 chilometri quadrati di parchi solari (il che rappresenta l’estensione dell’intera città).
Edilizia sostenibile e ristrutturazioni per il 75% degli edifici urbani
Altro tassello fondamentale del profondo cambiamento immaginato per Parigi è il rinnovamento dell’edilizia. La costruzione dell’85 per cento dei palazzi della città è infatti antecedente all’introduzione della prima normativa ecologica, che risale al 1974. Il piano prevede di procedere alla ristrutturazione del 75 per cento delle abitazioni entro il 2050: “Il ritmo che occorrerà tenere è di 5.500 edifici restaurati all’anno tra quelli di edilizia sociale e 24.000 tra quelli privati”.
Fortunatamente, le mura spesse delle costruzioni “haussmanniane” – quelle ideate dall’urbanista Georges Eugène Haussmann, caratteristiche della capitale francese – garantiscono ai palazzi più antichi di non rappresentare il cuore del problema nell’ambito dell’efficienza energetica. Gli sforzi dovranno concentrarsi piuttosto su tutto ciò che è stato edificato tra il 1918 ed il 1974.
Quanto alle nuove costruzioni, se ne prevedono 10mila all’anno, con il duplice obiettivo di rispondere alla grave mancanza di alloggi e di promuovere una nuova concezione, basata non solo sull’isolamento termico ma anche sull’uso di biomateriali in alternativa a quelli tradizionali. “Entro il 2020 a Parigi saranno consegnati i primi grandi immobili a struttura primaria in legno. Per il 2030, l’obiettivo è di triplicare l’uso di tale materiale nel settore”. Per finanziare il tutto, sono stati promessi aiuti e “eco-prestiti” pubblici a tasso zero, nonché sistemi di crediti d’imposta e certificazioni per consentire ai cittadini di orientarsi.
Verranno dimezzate le auto. Quelle in circolazione saranno tutte ecologiche
Ulteriore pilastro della rivoluzione energetica immaginata per Parigi è quello relativo ai trasporti. Essi sono responsabili, ad oggi, di più della metà delle emissioni totali di CO2 della città. Oltre (e grazie) alle restrizioni già previste per i motori diesel e benzina, l’obiettivo è di dimezzare il numero di auto private in circolazione sul territorio urbano, facendole scendere a quota 300mila. L’idea è di far sì che la condivisione del mezzo di trasporto possa diventare la normalità: se oggi ogni auto è occupata in media da 1,1 persone, l’obiettivo è di arrivare a due persone entro il 2050.
Al contempo, si prevedono ulteriori misure particolarmente forti: la totalità delle vetture in circolazione dovrà essere alimentata da fonti pulite e sarà introdotto un divieto totale e permanente di circolazione nel corso dei fine settimana e dei giorni festivi.
Alimentazione sostenibile e riforestazione “compensatrice”
Il cambiamento, però, passa anche per le cose solo apparentemente secondarie. È il caso dell’alimentazione, questione che non è sfuggita allo studio che proietta Parigi nel futuro sostenibile: nei prossimi decenni, nella metropoli transalpina 150 ettari saranno consacrati all’agricoltura urbana, al fine favorire i cibi a chilometri zero e l’economia circolare. Ciò dovrebbe permettere di ridurre la produzione di rifiuti per ciascun abitante da 500 a 220 chilogrammi all’anno.
Inoltre, il comune sosterrà importanti politiche di riforestazione al di fuori del proprio territorio: saranno piantati tanti alberi da coprire una superficie di 10mila chilometri quadrati, ovvero l’equivalente dell’estensione della regione che ospita la capitale, l’Ile-de-France. In questo modo si punta a compensare i cinque milioni di tonnellate equivalenti di CO2 che verranno comunque emesse nel 2050 e che sono considerate dallo studio come “incomprimibili”.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Pubblicate nella notte le nuove bozze di lavoro alla Cop29 di Baku, compresa quella sulla finanza climatica. Strada ancora in salita.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
La nuova edizione del Climate change performance index constata pochi passi avanti, da troppi paesi, per abbandonare le fossili. Italia 43esima.
Uno studio della rete di esperti MedECC e dell’Unione per il Mediterraneo mostra quanto il bacino sia vulnerabile di fronte al riscaldamento globale.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.
Per mitigare i cambiamenti climatici e adattarsi ai loro impatti servono fondi. Alla Cop29 i Paesi sono molto distanti su quanto e chi debba pagare.
Il governo del Regno Unito ha scelto la Cop29 di Baku per annunciare il suo prossimo piano di riduzione delle emissioni di gas serra.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenendo alla Cop29 a Baku, ha ribadito il proprio approccio in materia di lotta ai cambiamenti climatici.