L’Unione europea, che si candida a diventare il primo Continente a impatto climatico zero entro il 2050, già da tempo ha promesso di tagliare le emissioni di CO2 del 40 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Nel discorso sullo Stato dell’Unione tenuto il 16 settembre, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha alzato l’asticella: bisogna arrivare almeno al 55 per cento, altrimenti sarà impossibile realizzare questo proposito e rispettare l’Accordo di Parigi. Il Parlamento europeo non si limita ad accettare la sfida ma rilancia, puntando al 60 per cento.
Fra poco la plenaria del Parlamento europeo vota la Legge sul clima, che rende legge gli obiettivi di neutralità climatica. Cosa c’è in gioco? La risposta nel video ⤵ pic.twitter.com/7AcDu9l2aG
Cosa prevede il testo approvato dal Parlamento europeo
Giovedì 8 ottobre il Parlamento europeo riunito a Bruxelles ha dato il via libera alla legge sul clima, con un emendamento (votato il giorno precedente) che alza al 60 per cento il target di riduzione delle emissioni al 2030. 392 i sì, 161 i no e 142 le astensioni.
La legge sul clima sarà l’architrave del futuro verde dell’Unione, perché trasformerà quello che oggi è un impegno (azzerare le emissioni nette entro il 2050) in un obbligo giuridicamente vincolante. Gli Europarlamentari chiedono quindi alla Commissione di studiare anche un obiettivo intermedio per il 2040 e di sbloccare i finanziamenti necessari per una transizione di questo calibro. Precisando che ogni singolo Stato membro dovrà raggiungere la neutralità sotto il profilo delle emissioni climalteranti. A valutare i progressi raggiunti – propongono – dev’essere un organismo scientifico indipendente costituito ad hoc, il Consiglio europeo per i cambiamenti climatici (Eccc).
“Historic moment and game changer to take us to a higher level for the climate policy”
Il capitolo dell’energia è cruciale in questo percorso. A tale proposito, i deputati chiedono all’Unione e ai singoli Stati di eliminare gradualmente entro il 31 dicembre 2025 qualsiasi sovvenzione (diretta o indiretta) a favore dei combustibili fossili. Solo in Italia – secondo una recente analisi – questi ultimi ammontano a 19 miliardi di euro all’anno.
Il prossimo appuntamento è con il Consiglio europeo in programma il 15 e il 16 ottobre, che vedrà confrontarsi i capi di Stato e di governo dei paesi membri. Sarà probabilmente il passaggio più complicato, perché bisognerà trovare una mediazione tra esigenze e interessi molto eterogenei.
Finora a dimostrarsi più restii sono stati soprattutto i paesi dell’Est Europa come la Polonia, fortemente ancorata a un’economia carbonifera. Nel pieno della pandemia da coronavirus, il ministro dell’Ambiente ha già dichiarato che sarà “difficile” raggiungere gli obiettivi sul clima che erano stati prefissati. Una volta concordata una posizione comune tra tutti gli Stati, il Parlamento avvierà i negoziati con i singoli Stati dell’Unione. L’auspicio è quello di concludere i negoziati per la legge sul clima entro la fine del 2020.
Un’altra data da ricordare è quella del 31 maggio 2023. È il termine entro il quale la Commissione europea dovrà mettere a punto una tabella di marcia dettagliata che spieghi come raggiungere i due grandi obiettivi: raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e limitare il riscaldamento globale come previsto dall’Accordo di Parigi.
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