Per la presidente di Federbio Mammuccini, alcuni disagi degli agricoltori sono oggettivi e comprensibili, ma le proteste contro il Green deal sono inammissibili.
Pastificio Garofalo, quando la sostenibilità è un’opportunità di crescita
Dagli imballi di carta riciclata proveniente dalle discariche campane al riutilizzo degli scarti di lavorazione fino alla pasta bio: pratiche virtuose che hanno permesso a Pastificio Garofalo di migliorare le proprie performance proteggendo l’ambiente e il benessere dei dipendenti.
Non solo un produttore di pasta: il Pastificio Garofalo è anche un attore del territorio di Gragnano che dimostra attenzione all’ambiente e ai suoi dipendenti. Negli anni ha lavorato e continua a lavorare per migliorare le proprie prestazioni attraverso know-how, nuove tecnologie, iniziative di welfare aziendale per i dipendenti e progetti di economia circolare a vantaggio dell’ambiente. Ci ha raccontato tutto Sergio De Gennaro, quality&safety system manager del Pastificio Garofalo.
Possiamo individuare un momento nella storia del Pastificio Garofalo in cui l’azienda ha inaugurato il suo percorso verso la sostenibilità ambientale?
Non saprei indicare un evento preciso, ma posso dire che sono anni che perseguiamo uno sviluppo sostenibile e lo facciamo con la garanzia di enti terzi: nel 2003 abbiamo ottenuto la certificazione ISO 14001 sui sistemi di gestione ambientale e nel 2017 la ISO 50001 sui sistemi di gestione dell’energia. Utilizziamo pannelli fotovoltaici per la produzione di energia, abbiamo sostituito tutta l’illuminazione a neon con i led, abbiamo un impianto di trigenerazione alimentato a gas naturale che ci permette di ottimizzare i costi energetici e di ridurre le emissioni di CO2. Negli ultimi quindici anni abbiamo lavorato sull’efficientamento energetico migliorando di volta in volta ogni fase della catena di produzione, mentre prossimamente saremo impegnati in progetti per il contenimento dei consumi idrici per diminuire la quantità di acqua utilizzata per ogni tonnellata di pasta prodotta.
E per quanto riguarda la sostenibilità sociale?
Nel 2010 abbiamo ottenuto la certificazione SA 8000 sulla responsabilità sociale d’impresa per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e dei lavoratori oltre che la sicurezza e la salubrità del posto di lavoro. Nel 2017 abbiamo raggiunto anche gli standard della certificazione OHSAS 18001 relativa ai sistemi di gestione della sicurezza e della salute dei lavoratori. Il welfare aziendale prevede ad esempio iniziative sanitarie di prevenzione (come ad esempio gli screening mammari) per far sentire i dipendenti protetti e sicuri. Per noi è importante anche il benessere psicologico dei collaboratori: cerchiamo di fare in modo che tutti si sentano parte di un progetto, di una comunità, smussando le contrapposizioni dove sorgono e con particolare sensibilità verso i temi di diversità. Lo dimostra l’inclusione dell’azienda, nel marzo 2019, tra i 20 brand finalisti al Premio Diversity&Inclusion Award.
Quali sono i principali progetti legati alla sostenibilità che avete avviato negli anni?
Innanzitutto, i nostri scarti di lavorazione non vengono gettati, ma indirizzati al settore della mangimistica che li trasforma in nutrimento per la zootecnia oppure verso la produzione di biogas. In secondo luogo, per gli imballaggi dei nostri prodotti utilizziamo carta riciclata proveniente dalle discariche campane e rilavorate in Campania. Solo nel 2018 questo ha permesso una riduzione delle emissioni di CO2 pari a 958 tonnellate, oltre che un risparmio di oltre 56mila metri cubi di acqua e quasi 3 milioni e mezzo di kwh/ton di energia. Si può definire un progetto di carta riciclata a filiera corta: la carta riciclata di per sé è già sostenibile, ma lo è ancora di più se compie meno chilometri per essere trasformata e riutilizzata. Consideriamo poi che si tratta di un’iniziativa partita quindici anni fa quando la Campania si trovava in piena emergenza rifiuti: è stato un modo per essere sul territorio e dare il nostro contributo così come lo è stato l’ingresso nel Consorzio pasta di Gragnano Igp, una scelta non scontata come invece si può pensare.
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Operate anche in un’ottica di economia circolare e siete sensibili al problema della plastica e al benessere animale…
Sì, abbiamo provato ad esempio a riutilizzare gli scarti di lavorazione per creare cannucce di pasta, in alternativa a quelle di plastica. Cannucce che, una volta usate, possono essere raccolte, rinviate al nostro stabilimento e riutilizzate per la produzione di biogas. Abbiamo collaborato poi al progetto I’mpasta per dare vita a un innovativo impasto per lievitati ottenuto, ancora una volta, dagli scarti di lavorazione della pasta. Abbiamo scelto inoltre di produrre la nostra pasta fresca solo con uova di galline allevate a terra: era una cosa possibile da fare in termini di produzione e l’abbiamo fatta. L’aspetto curioso è che solitamente il consumatore è sempre più attento nell’acquistare le uova provenienti da galline allevate a terra, ma non ha ancora sviluppato invece la stessa sensibilità nell’acquisto di prodotti fatti con le uova, come la pasta fresca, appunto. Noi abbiamo fatto un passo in più, un segno di coerenza nel rispetto dei nostri valori. Quelle elencate sono tutte iniziative che dimostrano un’intenzione, una volontà di andare in una determinata direzione, che lanciano un messaggio chiaro di sostenibilità.
Producete anche pasta biologica, anche questa una scelta di sostenibilità.
Per l’esattezza siamo trasformatori di semola ottenuta da grano biologico. Quando nel 2009 abbiamo deciso di produrre la pasta integrale, la volevamo soprattutto buona, ovvero in grado di soddisfare certi valori nutrizionali, ma anche il palato. E abbiamo scelto da subito di farla biologica. In realtà produciamo anche la pasta classica biologica, tra l’altro in quantità notevolmente superiori rispetto all’integrale, ma è una produzione che vendiamo soprattutto negli Stati uniti, in Canada, in Germania. In Italia non c’è ancora una forte sensibilità nell’acquisto di pasta biologica come avviene invece, ad esempio, per l’ortofrutta o la carne. È anche un fatto culturale.
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Come riesce un’azienda ad essere sostenibile?
La sostenibilità è una presa di consapevolezza: non si traduce necessariamente in costi per l’azienda, al contrario si rivela un’opportunità di crescita e di miglioramento delle proprie performance. Per perseguirla occorrono competenze, supporto tecnologico e innovazione, ma anche la capacità di cogliere i momenti giusti in cui fare determinate scelte. Negli ultimi anni la nostra azienda ha osservato un trend di crescita continuo: ogni volta che c’è stata la necessità di apportare cambiamenti si è cercato di cogliere l’occasione per migliorarsi. C’era la possibilità per farlo e queste scelte si sono rivelate un’opportunità, ma fatte nel momento sbagliato magari avrebbero avuto ritorni diversi. Ci vuole una certa dose di razionalità ed equilibrio oltre che la volontà.
Dal sesto Osservatorio nazionale sullo stile di vita sostenibile di LifeGate è emerso che la sostenibilità è una priorità per 36 milioni di italiani, che si riflette sempre più anche negli acquisti. I consumatori premiano le scelte sostenibili?
Certamente i consumatori sono sempre più consapevoli e sensibili rispetto ai temi di sostenibilità ambientale e sociale, benessere animale e produzione biologica, ma ci teniamo a sottolineare che l’impegno costante del Pastificio Garofalo verso la massima sostenibilità possibile è frutto del rispetto dei nostri valori prima che di un interesse di comunicazione. Lo facciamo soprattutto perché ci crediamo, non per vendere un pacchetto di pasta in più.
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