Patti Smith, tra la Callas e gli Stones

Chicago, primi anni 60. “Da grande avrei voluto essere Maria Callas …”, sognava la piccola Patti. Innamorata di Verdi e Puccini vedeva nel grande soprano un modello da imitare. “Mi colpivano la sua fragilità e la sua potenza … Quando ascoltavo la sua voce piangevo: volevo cantare come lei ma ero troppo magra …”.  

Chicago, primi anni 60. “Da grande avrei voluto essere Maria Callas …”, sognava la piccola Patti. Innamorata di Verdi e Puccini vedeva nel grande soprano un modello da imitare.
“Mi colpivano la sua fragilità e la sua potenza …
Quando ascoltavo la sua voce piangevo: volevo cantare come lei ma ero troppo magra …”.

 

http://www.youtube.com/watch?v=gcbuG2w0Kzo&feature=kp

 

Patti è una bimba malaticcia: passa gran parte dell’infanzia a letto a leggere.
Il suo amore per la poesia nasce in quegli anni.
Poi, un giorno, un ragazzino le fa ascoltare una canzone di Little Richard.
“Sono rimasta a bocca aperta …”, ricorda, “il rock mi è entrato in testa e mi ha dato voglia di vivere”.
Qualche anno dopo, quando Patti frequenta il College convinta di diventare un’insegnante di educazioen artistica sente il padre bestemmiare davanti alla tv: allo show di Ed Sullivan c’è un gruppo rock inglese che lo manda fuori dai gangheri.

 

Patti si avvicina allo schermo e … rimane folgorata.
“Quella band era implacabile come la morte”, racconta.
“Il chitarrista, un certo Keith, aveva i brufoli, il biondo inginocchiato gli occhi cerchiati, uno i capelli unti, il batterista se ne sbatteva e il cantante (Mick) esibiva il suo secondo strato di pelle: sembrava un ragazzino. Era proprio un bel manzo … Gli ho trapassato i calzoni con uno sguardo a raggi X. Erano cinque ragazzi bianchi sexy come dei neri. In sei minuti quelle 5 immagini di lussuria hanno provocato la prima perdita orgasmica nelle mie mutandine di vergine …”

 

Ma ancora oggi, quella che nel frattempo è diventata la Sacerdotessa del Punk, non ha dimenticato il suo idolo giovanile: quando viene a Milano pretende di alloggiare nel lussuoso hotel di via Manzoni in cui Maria Callas nei primi anni 50 aveva una camera a lei riservata.

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