È morto lo scorso 8 agosto, all’età di 92 anni, Pedro Casaldáliga, vescovo emerito della prelatura di São Félix do Araguaia, Mato Grosso in Brasile e noto per il suo impegno al fianco delle comunità povere e indigene. Nato il 16 febbraio 1928 a Balsareny in Spagna, il 27 aprile 1970 era stato nominato da Paolo VI amministratore apostolico della prelatura territoriale di São Félix e l’anno successivo, prelato della stessa giurisdizione e vescovo titolare di Altava. Viene ricordato per il suo impegno nonviolento per la giustizia, per il rispetto per le culture indigene, tanto da essere stato citato da Papa Francesco nell’esortazione apostolica post-sinodale Querida Amazonia, che celebrava il legame tra l’uomo e la natura. Era malato di Parkinson.
ÚLTIMA HORA | Pedro Casaldáliga, o ‘Bispo do Povo’, se instalou no Brasil desde 1968 e trabalha pelos direitos dos camponeses sem terra e indígenas. O catalão tinha 92 anos e havia sido hospitalizado por problemas respiratórios https://t.co/Izw026SRvH
Ordinato sacerdote a Barcellona nel 1952, nel 1968 si trasferisce in Brasile per fondare una missione clarettiana nello Stato del Mato Grosso, già in quegli anni terra di latifondisti e di omicidi e dove le tribù indigene venivano vessate e minacciate. “Dom Pedro”, così veniva chiamato, era solito calzare sempre le famose “hawainas” tanto che uno dei suoi libri, che racconta la sua vita, è intitolato “A piedi nudi sulla terra rossa”. Padre Zanottelli scriveva di lui: “Straordinario esempio di missionario, appassionato di Gesù di Nazareth, il cui messaggio liberatorio ha saputo incarnare in una strenua difesa dei contadini impoveriti e degli indigeni. E per questo ha pagato con continue minacce di morte”.
Scrive un manifesto “Schiavitù e feudalesimo nel nord del Mato Grosso”, una chiara denuncia del sistema produttivo fondato sulla grande proprietà terriera, responsabile per la povertà e l’isolamento dei contadini.
La poesia di Pedro Casaldáliga citata da Papa Francesco
Galleggiano ombre di me, legni morti.
Ma la stella nasce senza rimprovero
sopra le mani di questo bambino, esperte,
che conquistano le acque e la notte.
Mi basti conoscere
che Tu mi conosci
interamente, prima dei miei giorni.
La minacce di morte e gli ultimi anni in fuga
Già nei primi anni fu sempre a contatto con la violenza che scorreva, e scorre tutt’oggi, in quelle terre. Nel 1976 fu testimone di un brutale omicidio da parte della polizia di un amico e sacerdote, gesuita João Bosco Penido Burnier, intervenuto per proteggere due donne imprigionate e torturate dagli ufficiali, che fece da scudo per proteggerlo. Ancora nel 1993 i latifondisti assoldarono un sicario per ucciderlo, ma nonostante tutto si salvò. Nel 2003, compiuti i 75 anni, diede le dimissioni chiedendo di rimanere a Sao Felix. Ma è nel 2013, a 84 anni, che è costretto a scappare in tutta segretezza ed essere portato in una località sicura dalle autorità federali, a causa delle ultime minacce di morte dei proprietari terrieri.
Il vescovo dell’Amazzonia scriveva: “Il Vangelo è arrivato in America Latina avvolto, portato, espresso da una cultura al servizio di un impero, all’inizio quello spagnolo. Più che un messaggio evangelico limpido, sovraculturale, liberatore… è giunto un messaggio di importazione culturale che in 500 anni ha fatto sì che in America Latina non si potesse realizzare veramente una Chiesa autoctona”.
Nell’Amazzonia ecuadoriana la tragedia sanitaria rischia di avere conseguenze drammatiche. Il governo non agisce, privilegiando gli interessi estrattivi alla salute delle comunità indigene, che si stanno organizzando per affrontare da soli la pandemia.
Nonostante la diffusione del coronavirus stia interessando anche il Brasile, il New tribes mission ha avviato un progetto di evangelizzazione delle tribù incontattate.
Gli indigeni Waorani hanno portato in tribunale il governo dell’Ecuador che voleva vendere 200mila ettari di Amazzonia all’industria petrolifera. Hanno vinto creando un precedente storico per i diritti di tutti i popoli indigeni.
Profilazione razziale, xenofobia nel dibattito politico e omofobia nel report dell’Ecri. Tra le sue richieste c’è quella di rendere indipendente l’Unar.
Un gruppo di indiani brasiliani che protegge l’Amazzonia dai taglialegna illegali, ha occupato alcuni uffici governativi per chiedere la protezione delle proprie terre.
In Brasile la situazione per i guaraní, il popolo indigeno più numeroso del Paese, è drammatica, privati delle loro terre ancestrali e assassinati impunemente dai proprietari terrieri.