
Durante un convegno organizzato da CapBus Service e InGenio a Prato, si è parlato di sicurezza nella mobilità del futuro e nell’elettrificazione dei trasporti.
È un’Italia a due facce quella descritta dal rapporto Pendolaria 2017 redatto da Legambiente e reso pubblico pochi giorni fa. Un’Italia dove ogni giorno 3 milioni di pendolari si spostano sulle linee ordinarie dovendo fare i conti con treni in ritardo, convogli datati o sottodimensionati, stazioni spesso fatiscenti. Diverso il discorso per la rete dedicata
È un’Italia a due facce quella descritta dal rapporto Pendolaria 2017 redatto da Legambiente e reso pubblico pochi giorni fa. Un’Italia dove ogni giorno 3 milioni di pendolari si spostano sulle linee ordinarie dovendo fare i conti con treni in ritardo, convogli datati o sottodimensionati, stazioni spesso fatiscenti. Diverso il discorso per la rete dedicata all’alta velocità, dove si è registrato un buon aumento dei collegamenti veloci, come le 50 corse al giorno di Frecciarossa e le 25 di Italo che collegano Roma a Milano, per un aumento dell’offerta del 78,5 per cento dei treni in circolazione in 7 anni: un treno ogni 10 minuti negli orari di punta.
Ma se da una parte aumentano le corse “veloci”, dall’altra le linee regionali e i collegamenti Intercity hanno registrato tagli importanti, con un 20 per cento in meno di quest’ultimi negli ultimi sette anni. E ovviamente tutto ciò va ad influire sulle prestazioni offerte per tutti quei pendolari che ogni giorno devono prendere il treno per raggiungere il luogo di lavoro. Con una conseguenza su tutte: l’abbandono del treno come mezzo di trasporto.
Legambiente ha così stilato una classifica, raccogliendo le proteste degli utenti per i problemi di ritardi e tagli dei treni, la tipologia dei treni utilizzati sia per capienza sia per età, la carenza di orari adatti per l’utenza pendolare, la frequenza dei convogli, la condizione delle stazioni. Ne esce una lista che mostra come siano le regioni del Sud le più penalizzate e le linee romane e napoletane. “Solo in pochissime regioni si è mantenuto o aumentato il servizio (il caso migliore è la provincia di Bolzano), in tutte le altre è stato ridotto o al limite è numericamente rimasto uguale ma con tagli in alcune linee (o vera e propria cancellazione di collegamenti) per trasferirli su altre ritenute prioritarie”, scrive l’associazione nel rapporto.
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Ad aprile, l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Renato Mazzoncini spiegava in un’intervista su LaStampa che: “I primi nuovi treni sono in consegna a gennaio 2019. Di fatto ci vogliono due anni dagli ordini. In Italia la produzione di treni tra i due piani e i monopiani può raggiungere una decina di treni al mese, quindi per sostituire cinquecento treni ci servono cinquanta mesi”. Sottolineando come: “Il mito secondo cui noi vogliamo privatizzare solo la lunga percorrenza perché è il nostro fiore all’occhiello è falso, perché al momento quello che genera utili sono rete e treni regionali“.
Anche Legambiente spiega che la nota positiva: “Riguarda il fatto che negli ultimi anni si stanno finalmente sostituendo i treni più vecchi con treni nuovi. In particolare in alcune regioni, attraverso i contratti con Trenitalia, sta avvenendo un miglioramento del parco treni circolante con mezzi nuovi”. Resta il fatto che il treno rimane oggi una delle migliori soluzioni per la riduzione del traffico cittadino e di conseguenza delle emissioni di CO2 e delle emissioni di particolato.
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