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Pendulum, in mostra a Bologna la modernità fra moto perpetuo e immobilità forzata
Al Mast di Bologna l’esposizione fotografica Pendulum mette in mostra l’ambivalenza contraddittoria della velocità come sinonimo di energia positiva e caduta libera.
La Fondazione Mast di Bologna compie cinque anni e per festeggiare allestisce la mostra Pendulum, visitabile gratuitamente fino al 13 gennaio: un’esposizione fotografica che presenta una selezione di immagini storiche e contemporanee sul tema industria e lavoro.
Sessantacinque artisti da tutto il mondo per duecentocinquanta immagini che hanno l’intento di mostrare la genialità e l’energia che negli ultimi due secoli hanno spinto gli uomini a progettare mezzi e infrastrutture per muovere merci, persone e dati sempre più velocemente, ma anche una riflessione sulla inesorabile velocità dei nostri giorni.
Perché Pendulum?
Il pendolo che dà il titolo all’esposizione simboleggia il moto perenne del mondo e dei suoi abitanti nello spazio e nel tempo: non a caso viene utilizzata la parola “pendolare” per evocare i milioni di persone che la mattina presto per lavoro raggiungono il centro delle città e la sera tornano stanche ai loro quartieri dormitorio. L’oscillare è sinonimo di cambiamenti improvvisi d’opinione, di convinzioni che si ribaltano nel loro esatto contrario in men che non si dica, una tendenza sempre più contemporanea.
Il pendolo diventa, così, una forte metafora della più grande contraddizione dell’epoca contemporanea: velocità che sì è sinonimo di progresso, ma che spesso porta al disfacimento di quei valori che ci rendono umani in onore del profitto. E sembra esistere una sottile linea che contrappone l’energia positiva e creativa alla più caotica voglia di velocità incontrollata che corrisponde, spesso e volentieri, ad una pericolosa caduta libera.
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Ma la chiave di lettura della mostra è doppia. Come spiega il curatore della mostra Urs Stahel: “Da decenni si continua ad aumentare il ritmo e la velocità: la crescente accelerazione dei processi economici e sociali è iniziata ai primordi della rivoluzione industriale fino a toccare oggi livelli vertiginosi. Il solo fenomeno che ci spinge a rallentare il passo, a cercare persino di fermare tutto, è quello delle migrazioni. Le uniche barriere esistenti sono quelle che frenano i perdenti locali e globali della modernità”.
La mostra illustra visivamente le energie contrastanti e opposte che si sprigionano da questi due fenomeni: da una parte la forza dei motori, l’enorme accelerazione, i mezzi di trasporto trasformati in feticcio del nostro tempo e dall’altra il rallentamento, la brusca, violenta frenata, il blocco dei flussi di persone che migrano.
Cosa vedere alla mostra Pendulum
Così le auto da corsa di Ugo Mulas o il trittico in onore del feticcio-automobile di Luciano Rigolini, per esempio, si alternano alle complesse installazioni di Ulrich Gebert e Xavier Ribas sul tema della migrazione e del nomadismo; i trucker ritratti da Annica Karlsson Rixon o i pendolari delle metropolitane di Helen Levitt indagano gli stati d’animo e gli umori dei “viaggiatori per forza”, così come i pendolari moderni in sette città del nostro mondo globalizzato della video installazione di Jacqueline Hassink, in perenne viaggio sia fisico che virtuale con il telefono cellulare su cui tutti, senza eccezione, tengono gli occhi puntati.
Forse l’opera più emblematica della mostra è quella di Richard Mosse che associa il commercio globale alle migrazioni: un’opera lunga sette metri dal titolo Skaramaghas in cui l’artista immortala centinaia di container che occupano un’area portuale tramite una termocamera, uno strumento ottico in grado di rilevare differenze di calore. Sul lato sinistro dell’opera viene fotografato il trasporto di merci lungo le rotte mondiali, mentre sulla destra gli stessi container sono impiegati come abitazioni per i migranti. Individui rimasti bloccati, persone che non possono andare avanti né tornare indietro e che temono il momento in cui sapranno se hanno ottenuto il permesso di proseguire il viaggio o se invece verranno reimbarcate verso il paese d’origine. Un’unica immagine che condensa tutto il sistema e, probabilmente, tutto il senso di questa mostra.
Immagine di copertina: Napoli, Manifestazione a Piazza Garibaldi / Naples, Demonstration in Piazza Garibaldi, 1967 @ Mimmo Jodice.
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