Quello della tennista Peng Shuai è diventato un caso internazionale dopo le accuse di molestie sessuali a un esponente di punta del governo di Pechino.
Da oltre un mese Peng Shuai non è più (solo) una tennista. È diventata una sorta di fantasma. Il 2 novembre scorso, aveva denunciato sui social network di aver subìto violenze sessuali dall’ex vicepremier cinese Zhang Gaoli. Il messaggio era stato rimosso dalle autorità di Pechino e, da quel momento, l’ex campionessa mondiale nel doppio non si è più vista in pubblico; se non per fugaci apparizioni che poco hanno convinto l’opinione pubblica mondiale, mobilitatasi nel frattempo a diversi livelli. E così, a inizio dicembre, l’organizzazione mondiale del tennis femminile (Wta) ha annunciato la sospensione immediata di tutti i tornei in Cina, avanzando “seri dubbi” sulle condizioni di Peng Shuai.
Cosa è successo a Peng Shuai, dal post incriminato alla “sparizione”
I protagonisti della storia sono, da un lato, la tennista 35enne, vincitrice nella specialità del doppio, tra gli altri, degli Open di Francia e del torneo di Wimbledon che gli Open di Francia. E, dall’altro lato, il 75enne ex vicepremier che il 2012 e il 2017 è stato uno dei sette membri del comitato permanente del partito comunista cinese, una delle figure centrali delle politiche economiche di Pechino nell’ultimo quindicennio. Il 2 novembre scorso, in un lungo post su Weibo – la versione cinese di Twitter – la campionessa aveva denunciato un abuso sessuale subìto dal politico tre anni fa; non era mai accaduto prima che un esponente del governo cinese di tale importanza, fosse coinvolto pubblicamente in un caso di molestie.
"With the full support of the WTA Board of Directors, I am announcing the immediate suspension of all WTA tournaments in China, including Hong Kong."
La macchina della censura di Pechino si era messa subito in moto: in mezz’ora erano stati cancellati il post di Peng e tutte le conversazioni sui social network inerenti l’argomento; stop anche alla possibilità di lasciare commenti nella pagina personale dell’atleta, alle ricerche del suo nome e perfino alla parola “tennis”. Ciò nonostante, il post incriminato ha continuato a circolare sotto forma di screenshot. E, soprattutto, di Peng si sono perse le tracce.
Le rassicurazioni (poco rassicuranti) di Pechino e la decisione della Wta
Di fronte alla crescente pressione dell’opinione pubblica, con in testa alcuni dei più noti campioni del tennis, i vertici del governo cinese si sono mossi in più direzioni. Prima, il 18 novembre, hanno letto alla tv di Stato una lettera – attribuita all’atleta – nella quale si spiegava che la scelta di non apparire fosse di natura personale. Poi sono state diffuse delle foto in cui Peng appariva sorridente con in braccio il suo gatto, e infine è stato organizzato un colloquio video con il presidente del Comitato olimpico internazionale, Thomas Bach, nel quale la tennista aveva affermato di stare bene e di essere al sicuro.
Ma tutto ciò non è bastato. Per la Women’s tennis association, “ai funzionari cinesi è stata offerta l’opportunità di dimostrare in modo verificabile che Peng fosse libera e in grado di parlare senza interferenze o intimidazioni”, e al contempo “di indagare sull’accusa di violenza sessuale in modo approfondito, equo e trasparente”. Ma la delicata questione “non è stata affrontata in modo serio e credibile”, e non è ancora chiaro se Peng “sia libera, al sicuro e non soggetta a censura, coercizione e intimidazione”. Da qui la decisione di sospendere immediatamente tutti i tornei in Cina, proprio per i “seri dubbi” sulle condizioni della tennista. Una decisione forte che getta un’ulteriore, pesante ombra sulla questione dei diritti umani in un paese che conta quasi un miliardo e mezzo di abitanti.
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