“Non ci sarà tregua, non ci saranno sospensioni, non ci sarà mediazione. Vogliamo il ritiro della riforma delle pensioni”. È con queste parole che si è presentata, il 30 marzo scorso, Sophie Binet, la nuova segretaria generale della Cgt, il principale sindacato della Francia. Se qualcuno aveva pensato che il cambiamento alla guida della sigla potesse comportare un alleggerimento delle posizioni sulla mobilitazione in corso, la risposta è stata netta. E la conferma è arrivata giovedì 6 aprile, con l’intero territorio nazionale attraversato da una nuova giornata di proteste.
3 mois après la début du mouvement, notre détermination n'a pas faibli d'un pouce.
En grève et en manifestation jusqu'au retrait de cette réforme !
Due milioni di persone in piazza in Francia per l’undicesimo giorno di sciopero
Si è trattato dell’undicesimo giorno di sciopero da gennaio a questa parte, con due milioni di lavoratori (secondo i sindacati) che hanno incrociato le braccia e riempito piazze e strade. Anche stavolta, come accaduto anche in altre occasioni, alcune centinaia di manifestanti, al termine dei cortei organizzati hanno dato vita a quelli che oltralpe vengono definiti “cortei selvaggi”, con scontri con le forze dell’ordine, in particolare a Parigi.
Ciò nonostante, come accaduto in ciascuna giornata di mobilitazione, la stragrande maggioranza dei manifestanti ha protestato in modo totalmente pacifico. E ha confermato la volontà dei francesi di non arrendersi di fronte alla strategia del presidente Emmanuel Macron, che dalla Cina – dove si trova in visita ufficiale – ha ribadito la volontà di non cedere.
La prima ministra Borne per la prima volta chiede un “periodo di convalescenza”
Qualche evidente crepa nella maggioranza di governo comincia tuttavia a manifestarsi, a partire dal partito dei Repubblicani (conservatori) che risulta completamente diviso al proprio interno. Ma qualcosa sembra cambiare perfino al vertice del governo. Contraddicendo almeno in parte il capo di stato, la prima ministra Elisabeth Borne ha per la prima volta proposto di fatto un passo indietro da parte dell’esecutivo. “I sindacati – ha affermato – non devono uscire umiliati da questa vicenda”. E occorre “rispettare un periodo di convalescenza. Dobbiamo essere estremamente attenti a non aggravare le cose, il paese ha bisogno di calma”.
Da parte loro, i sindacati, in maniera unitaria, hanno già proclamato una nuova giornata di sciopero, la dodicesima, che si terrà giovedì 13 aprile. E – appoggiati dai partiti di opposizione a Macron e Borne, non si accontentano più di contrastare la riforma, che prevede l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni: rilanciano affinché si discuta una riforma che la abbassi a 60 anni. “Se è questo che vogliono le persone, non è me che dovevano eleggere come presidente della Repubblica”, ha commentato Macron.
La situazione, insomma, appare ancora lontana da una via d’uscita. Il braccio di ferro tra lavoratori, da un lato, governo e presidenza, dall’altro, continuerà. “Non dovremo voltare pagina finché la riforma non sarà ritirata”, ha confermato Binet.
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