Al mondo ci sono 120 milioni di persone sfollate da casa, secondo l’Unhcr

Continua ad aumentare il numero di sfollati nel mondo: 120 milioni, di cui un terzo sono rifugiati. Siria, Venezuela, Gaza, Myanmar le crisi più gravi.

  • In aumento per il dodicesimo anno di fila il numero di persone sfollate nel mondo: ora sono 120 milioni.
  • Solo un terzo di loro hanno ottenuto uno status di rifugiato e sono sotto protezione delle Nazioni Unite.
  • Pensano le guerre in Sudan, in Siria, Myanmar, Ucraina e Gaza, ma anche i cambiamenti climatici.

Nel mondo ci sono ormai 120 milioni di persone sfollate, l’1,5 per cento della popolazione mondiale, una persone ogni 69, pari alla popolazione del dodicesimo Paese più popoloso al mondo, il Giappone. È l’ultimo rapporto Global Trends dell’Unhcr a dipingere un quadro allarmante e senza precedenti riguardo al numero di persone costrette alla fuga: il dato relativo al 2024 infatti rappresenta un aumento continuo per il dodicesimo anno consecutivo e sottolinea anche l’incapacità della comunità internazionale di risolvere i conflitti prolungati e le crisi emergenti, che anzi negli ultimi anni si stanno allargando anche a continenti che avevamo imparati a ritenere ormai immuni, come l’Europa.

Crisi globali e persone sfollate 

Il devastante conflitto in Sudan emerge come uno dei principali fattori che hanno contribuito all’aumento del numero di sfollati. Dal 2023, più di 7,1 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case, mentre 1,9 milioni hanno cercato rifugio oltre i confini nazionali. Al termine del 2023, il numero totale di sudanesi sfollati ha raggiunto i 10,8 milioni.

Altre situazioni critiche includono la Repubblica Democratica del Congo e Myanmar, dove milioni di persone sono fuggite a causa di combattimenti feroci. E naturalmente nell’ultimo rapporto irrompe con forza la crisi nella Striscia di Gaza, dove 1,7 milioni di persone (praticamente il 75 per cento della popolazione) sono state sfollate, spesso per più volte, a causa della violenza catastrofica. Con una aggravante: nella maggior parte dei casi si tratta di uno sfollamento interno alla stessa Striscia, che non mette affatto al riparo le persone, costrette anzi a un peregrinare costante e senza meta.  Ma la crisi siriana continua a essere la più grande emergenza di rifugiati a livello mondiale, con 13,8 milioni di persone costrette alla fuga.

Filippo Grandi, Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha ricordato che dietro questi numeri si nascondono “innumerevoli tragedie umane”, sollecitando la comunità internazionale a rispondere con urgenza per affrontare le cause profonde degli sfollamenti forzati. “È giunto il momento che le parti in conflitto rispettino il diritto bellico e il diritto internazionale”, ha affermato Grandi. “Senza una cooperazione migliore e sforzi concertati per affrontare conflitti, violazioni dei diritti umani e crisi climatica, il numero di persone costrette alla fuga continuerà a crescere, portando nuova miseria e costose risposte umanitarie”.

Un terzo degli sfollati sono rifugiati 

Per quanto riguarda i rifugiati (gli sfollati o scappati dal proprio Paese il cui status è riconosciuto e protetto dalla comunità internazionale) nel corso dell’anno la popolazione mondiale è aumentata del 7 per cento raggiungendo i 43,4 milioni . Ciò include 31,6 milioni di rifugiati e persone in una situazione simile ai rifugiati e 5,8 milioni di altre persone bisognose di protezione internazionale sotto il mandato dell’Unchr, nonché 6 milioni di rifugiati palestinesi sotto il mandato dell’Unrwa. Rispetto a dieci anni fa, il numero totale di rifugiati a livello globale è più che triplicato.

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Personale dell’Unrwa © Ashraf Amra/Anadolu via Getty Images

La percentuale maggiore di rifugiati a livello globale proveniva dall’Afghanistan e dalla Siria, entrambi con 6,4 milioni ciascuno, e insieme equivalenti a un terzo di tutti i rifugiati sotto il mandato dell’Unhcr. Seguono il Venezuela (6,1 milioni di rifugiati e altre persone bisognose di protezione internazionale) e l’Ucraina (6,0 milioni di rifugiati). La maggior parte dei rifugiati rimane vicino al paese di origine, con il 69 per cento ospitato nei paesi vicini alla fine del 2023. I paesi a basso e medio reddito continuano a ospitare la maggior parte dei rifugiati mondiali, con il 75 per cento dei rifugiati che vive in paesi a basso e medio reddito. e paesi a reddito medio.

L’Italia paese di destinazione

La crisi investe anche l’Italia,  in quanto Paese di destinazione di numerosi flussi di rifugiati, o di persone richiedenti asilo, in fuga da conflitti, siccità o situazioni personali. In Italia l’Unhcr ricorda di essere impegnata in diversi progetti volti a facilitare l’inclusione e l’accesso ai servizi per i rifugiati. Il programma “Welcome. Working for refugee integration” ha coinvolto oltre 700 aziende, realizzando più di 30mila percorsi di inserimento lavorativo in soli sette anni. Inoltre, nove importanti comuni italiani hanno aderito alla Carta per l’integrazione proposta dall’Unhcr, offrendo spazi comuni polifunzionali per migliorare l’accesso ai servizi per rifugiati e richiedenti asilo.

L’Italia è anche attiva nel promuovere canali regolari e sicuri per l’arrivo dei rifugiati, come i corridoi umanitari, universitari e lavorativi, le evacuazioni di emergenza e il reinsediamento. Dal 2015, sono state reinsediate 2.805 persone rifugiate in Italia, e altre 1.510 persone vulnerabili sono state trasferite dalla Libia attraverso evacuazioni e corridoi umanitari dal 2017, con ulteriori 1.300 persone previste nei prossimi tre anni. In Italia, alla fine del 2023, si contavano circa 138mila persone titolari di protezione internazionale, 147mila richiedenti asilo e oltre 161.000 cittadini ucraini titolari di protezione temporanea, oltre a circa 3mila apolidi.

Cresce l’impatto del cambiamento climatico

Il rapporto Global Trends 2024 mette in luce anche l’impatto crescente del cambiamento climatico sulle migrazioni forzate. Alla fine del 2023, tre quarti delle persone costrette alla fuga vivevano in Paesi con elevata esposizione ai rischi climatici. Questo fenomeno sta esacerbando le esigenze di protezione e i rischi per le persone sfollate, contribuendo a nuovi esodi e a situazioni di sfollamento prolungato.

“Il cambiamento climatico sta aggravando le crisi esistenti e ne sta creando di nuove”, ha dichiarato Grandi. “Le persone che fuggono da disastri naturali, carestie e degrado ambientale rappresentano un numero crescente di rifugiati e sfollati interni. Dobbiamo affrontare questi problemi con urgenza per prevenire ulteriori sofferenze”. Le persone costrette alla fuga a causa del cambiamento climatico spesso vivono in Paesi con infrastrutture fragili e risorse limitate, il che aumenta ulteriormente la loro vulnerabilità, e le previsioni indicano che l’intensificazione di eventi climatici estremi potrebbe portare a un incremento significativo del numero di rifugiati climatici nei prossimi anni. Secondo l’Unhcr, è cruciale che la comunità internazionale intensifichi gli sforzi per risolvere le cause profonde che spingono le persone alla fuga. Questo include iniziative di pace, sviluppo e stabilizzazione nei Paesi di origine, nonché l’incremento delle misure di protezione lungo le rotte di fuga. Soluzioni efficaci sono già state adottate in alcuni Paesi, come il Piano Shirika in Kenya, che prevede l’inclusione progressiva di 600mila rifugiati nelle comunità ospitanti.

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