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Benché ancora largamente insufficiente, la transizione ecologica è ormai cominciata. Il Wwf elenca i 10 segnali che ce lo confermano.
La temperatura media globale continua a salire. Gli obiettivi indicati dalla comunità internazionale sembrano lontani dall’essere centrati. E le conseguenze dei cambiamenti climatici – eventi meteorologici estremi, scioglimento dei ghiacci polari, risalita del livello degli oceani – sono sempre più evidenti. Eppure, esistono anche dei segnali incoraggianti, che mostrano come la transizione ecologica – sebbene lentamente – sia ormai iniziata.
10 signals evidence the green economy is underway https://t.co/klGku7uL0m #wwf #greeneconomy #circulareconomy pic.twitter.com/anDGCjo23X
— Sébastien PR (@sebpr) 1 febbraio 2019
Il Wwf ne ha raccolti dieci in un rapporto intitolato “10 Signals evidence the green economy is underway”, redatto in collaborazione con la banca centrale della Francia. Dalla trasformazione dell’agricoltura allo sviluppo delle energie rinnovabili, dal progressivo abbandono delle fonti fossili agli impegni delle imprese per allinearsi all’Accordo di Parigi. Ecco cosa può farci rimanere almeno parzialmente ottimisti.
Secondo l’analisi dell’associazione ambientalista, “benché il consumo di carbone sia ancora particolarmente alto, la sua redditività scende velocemente. Quasi la metà della materia prima americana è in mano ad imprese che hanno dichiarato fallimento. In Cina, il 40 per cento delle centrali è in perdita dal punto di vista finanziario e la costruzione di 151 centrali è stata annullata”. Il trend si ripercuote anche sulle previsioni legate al mercato del lavoro: “Sebbene, nel 2017, il settore abbia garantito un impiego a 30 milioni di persone in tutto il mondo, la cifra crollerà a 8,6 milioni nel 2050”.
Gli investitori di tutto il mondo stanno diminuendo progressivamente i fondi concessi al settore dei combustibili fossili, a vantaggio dei business verdi. Tanto che i due macro-comparti valgono ormai a livello mondiale la stessa cifra in termini di capitalizzazione in Borsa, ovvero quattromila miliardi di dollari. Inoltre, da sei anni, gli investimenti in energie rinnovabili (280 miliardi di dollari nel 2017) hanno superato quelli destinati a centrali alimentate con altre fonti.
Allo stesso modo, anche i governi stanno dimostrando – nonostante le scelte controcorrente del presidente degli Stati Uniti Donald Trump – di voler voltare le spalle alle energie fossili. Queste ultime, nel 2013, potevano contare su sovvenzioni pari a 550 miliardi di dollari: il quadruplo rispetto alle rinnovabili. Tre anni dopo, anche grazie al lavoro effettuato alla Cop 21 di Parigi, il dato è sceso a 270 miliardi. Si tratta ancora di un valore ben più alto rispetto a quello concesso alle fonti pulite (ferme a 160 miliardi), ma il dimezzamento arrivato in soli 36 mesi lascia ben sperare.
Market signals show that tackling #ClimateChange and nature loss is not just a challenge, it’s also a business opportunity – and first movers are winners. Who will seize the opportunity? #NewDealforNature https://t.co/SBAaoqw4T9
— WWF ? (@WWF) 25 gennaio 2019
Le imprese, da parte loro, si sono rese conto del fatto il clima non può non essere considerato nella pianificazione dei loro business. Così, il peso finanziario degli investitori che sostengono le raccomandazioni del Gruppo di lavoro internazionale sulla trasparenza dei rischi legati al clima ha raggiunto il 100mila miliardi di dollari (in termini di capitalizzazione).
Le stesse aziende private, inoltre, stanno sempre più orientando le proprie attività nell’ottica di contribuire a centrare il principale obiettivo dell’Accordo di Parigi. Ovvero limitare la crescita della temperatura media globale, sulla superficie delle terre emerse e degli oceani, ad un massimo di 2 gradi centigradi, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali. Ma rimanendo il più possibile vicini agli 1,5 gradi.
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Più di 500 grandi imprese di tutto il mondo – responsabili di emissioni climalteranti pari a 900 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 – si sono impegnate in questo senso.
In termini occupazionali, tutti gli sforzi adottati nel mondo consentiranno di creare 24 milioni di posti di lavoro, rispetto ad oggi, entro il 2030. Ciò secondo le previsioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro. “Già oggi – spiega il Wwf – negli Stati Uniti un dollaro investito nelle energie pulite crea tre volte più lavoro della stessa somma concessa alle fonti fossili. Nell’Unione europea, poi, sul periodo 2000-2015, il tasso di crescita dei “green jobs” (lavori verdi) è stato sette volte più elevato rispetto ai comparti tradizionali.
Record mondial de 10 million d’emplois dans les renouvelables. Un signal aux leaders du #G7 https://t.co/1S4xA43sL9 pic.twitter.com/FzYDmxmY7l
— WWF Climat (@WWF_Climat) 24 maggio 2017
Senza dimenticare che, già oggi, sono più di 10 milioni le persone che lavorano nel settore delle rinnovabili in tutto il mondo, secondo le cifre diffuse dall’Agenzia internazionale per l’energia.
Dal punto di vista dei consumatori, poi, il prezzo dell’energia elettrica proveniente da fonti pulite è in continuo calo. In Germania, esso è già più basso rispetto a quello dell’energia generata in modo tradizionale. “La possibilità di stoccare la produzione sta inoltre diventando più semplice, grazie a batterie il cui costo è sceso del 70 per cento tra il 2010 e il 2016”, prosegue il rapporto dell’associazione ambientalista.
“Ci sono voluti 20 anni per raggiungere il primo milione di vetture elettriche vendute nel mondo. Ma soltanto 18 mesi per vendere il secondo milione”, spiega il Wwf. Che specifica come tra il 2017 e il 2018 le immatricolazioni siano cresciute del 66 per cento a livello globale: “Entro il 2040, si stima che un terzo dei veicoli in circolazione sarà elettrico”.
Grandi cambiamenti sono visibili anche nel settore dell’agricoltura. “In 15 anni – si legge nel rapporto – il mercato del biologico è cresciuto enormemente in Europa. Nel 2000, il valore non superava i 7 miliardi di euro. Sedici anni dopo, ha sfiorato i 35 miliardi. E oggi è in grado di generare più posti di lavoro rispetto alle colture tradizionali”.
In un mondo in cui la competizione per le (via via più rare) risorse non cessa di crescere, numerosi settori si sono visti obbligati ad adattarsi. “Soltanto in Europa, l’economia circolare potrà generare entro il 2030 risparmi pari a 1.800 miliardi di dollari. E consentirà di creare due milioni di nuovi posti di lavoro”, conclude il Wwf.
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