Nella regione del Sahel, sconvolta da conflitti inter comunitari e dai gruppi jihadisti, 29 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria.
Alluvioni in Perù, un milione di persone reagisce a un evento climatico di intensità straordinaria
Era dal 1998, quando alluvioni causate dal fenomeno climatico di El Niño uccisero 400 persone, che non si verificava un evento del genere secondo il presidente peruviano Pedro Pablo Kuczynski. Le devastanti piogge e i conseguenti allagamenti degli ultimi mesi, con l’evento maggiore che si è scatenato a metà marzo, hanno colpito più di un milione di
Era dal 1998, quando alluvioni causate dal fenomeno climatico di El Niño uccisero 400 persone, che non si verificava un evento del genere secondo il presidente peruviano Pedro Pablo Kuczynski. Le devastanti piogge e i conseguenti allagamenti degli ultimi mesi, con l’evento maggiore che si è scatenato a metà marzo, hanno colpito più di un milione di persone e lasciato 107 morti finora. Si pensa che i livelli anomali di pioggia, dieci volte superiori alla media, siano stati causati da “El Niño costiero”, un riscaldamento localizzato dell’oceano normalmente preceduto da El Niño – evento simile che interessa tutto il Pacifico centrale – ma che quest’anno si è sviluppato indipendentemente.
Le regioni più colpite sono La Libertad, Lambayeque e Piura, dove è presente l’organizzazione umanitaria internazionale Azione contro la fame che fornisce acqua potabile, cibo, cure mediche e formazione a popolazioni in difficoltà in quasi 50 paesi nel mondo. Chiara Saccardi è coordinatrice del team di emergenza, lavoro che svolge da diversi anni e che l’ha portata in paesi tra cui il Sud Sudan, il Niger e il Malawi e adesso in Perù. Ci ha raccontato quali sono i problemi più pressanti legati all’emergenza e che atmosfera si respira nelle aree colpite.
Ci può fare un bilancio dei danni causati dalle alluvioni in Perù?
Metà del paese, dodici regioni su 24, sono state dichiarate in emergenza. Stiamo parlando di più di 60mila case danneggiate. Ci sono 47mila persone che ad oggi, più di un mese da quando c’è stato l’evento maggiore, dormono in condizioni precarie e che anche nel prossimo periodo di sei-dodici mesi o più saranno costrette a vivere in queste condizioni.
Quali sono le necessità più pressanti a cui bisogna far fronte?
Una delle cose che più preoccupa è il rischio di epidemie. I casi di dengue sono già incrementati in maniera esponenziale: ne sono stati contati dieci volte tanto rispetto a una situazione normale. Questa è una delle cose che bisogna controllare più velocemente per evitare che l’impatto peggiori.
La maggior parte delle persone colpite sono nella fascia di povertà secondo quanto dichiarato dal generale Jorge Chavez, portavoce del centro nazionale di operazioni d’emergenza (Coen). È vero?
Ci sono varie ragioni per cui si può dire così. Una è che nell’area colpita ci sono vaste zone agricole, quindi soprattutto gli agricoltori sono stati colpiti o chi viveva di piccolo commercio. In più le case che sono state distrutte sono quelle più fatiscenti. Purtroppo sono sempre le fasce più povere che si ritrovano a vivere in condizioni precarie: c’è questo doppio fenomeno, non solo l’impatto dei danni causati ma il fatto che colpisce più gravemente le persone vulnerabili.
In che modo interviene Azione contro la fame?
Il nostro lavoro è iniziato soprattutto focalizzato sull’acqua perché è un vettore di epidemie, intervenendo sull’accesso all’acqua pulita e sul controllo dei vettori. Inoltre stiamo appoggiando progetti per favorire la gestione delle mense comunali dove le persone si organizzano per distribuire pasti a tutti. Il nostro punto forte è proprio un’attenzione speciale al rischio di malnutrizione. L’intervento è focalizzato sul promuovere pratiche igieniche appropriate per evitare che ci siano malattie che poi causino inappetenza e che ci sia accesso a una dieta bilanciata e corretta.
Azione contro la fame lavora anche con altri enti o organizzazioni?
Il governo peruviano prende le decisioni principali sulla gestione di risposta. Ha già lanciato piani di recupero e di attenzione alla popolazione colpita. Noi come organizzazione umanitaria ci mettiamo a disposizione, in collaborazione con il governo. Inoltre c’è un grosso sforzo di coordinamento a livello di organizzazioni umanitarie, quindi attraverso il sistema delle Nazioni Unite, e così pure con la società civile. I peruviani stessi e i sistemi di solidarietà locale sono molto attivi e con loro ci stiamo coordinando molto.
Quindi c’è stata una partecipazione da parte della comunità internazionale per far fronte all’emergenza?
Sì, un po’ timida. L’attenzione umanitaria internazionale esiste, ci sono diversi fondi istituzionali che sono stati dedicati all’emergenza. C’è da dire però, purtroppo, che sono abbastanza limitati rispetto alla necessità che c’è ora nel paese.
In che modo possono aiutare i cittadini della comunità internazionale?
Accedendo al sito web di Azione contro la fame ci sono modalità per appoggiarci. È importante parlare adesso di questo problema, far sapere quello che sta succedendo e ricordare che questi tipi di eventi hanno un impatto che dura nel tempo: quindi intervenire e ricevere l’appoggio ora per cercare di minimizzare gli effetti a lungo termine.
Quando potranno le zone colpite tornare a una situazione che si avvicina alla “normalità”?
Ci sono piani del governo che sono ambiziosi e che sperano di poter accompagnare la maggior parte delle famiglie in case che siano temporanee ma quantomeno strutturate nell’arco di sei mesi e poi un anno. Purtroppo spesso i tempi si dilatano, le difficoltà anche logistiche sono enormi. Inoltre ci sono altri tipi di impatti che dureranno a lungo, infatti sono andati persi un sacco di ettari di terreno, e per drenarlo e bonificarlo ci vorranno anni.
Che effetto le ha fatto quello che ha visto nel paese?
L’aspetto personale, quello umano, è quello che fa la differenza. Quello che mi ha colpito è stato arrivare nelle zone in cui moltissime persone sono state colpite e mi ricordo per esempio un bambino che si avvicinava a me, con occhi grandi, e mi raccontava che non aveva neanche più dove dormire e che stava dormendo per terra.
C’è una situazione di emergenza a cui ha assistito che le ricorda quello che sta succedendo in Perù?
Le emergenze causate da un effetto naturale hanno quest’aspetto dell’imprevisto e dell’impotenza, quindi può essere simile a una situazione come quella dei terremoti in Ecuador o in Nepal. Quando ci sono questi fenomeni naturali una cosa che le accomuna è il senso d’impotenza che hanno le popolazioni. Un’altra è il fatto che sono le persone colpite le prime che si danno da fare, cosa che ho visto ripetuta in vari paesi e in varie situazioni.
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