Intervista a Piera Tortora, coordinatrice del progetto Sustainable ocean for all dell’Ocse: “Si rischiano effetti globali catastrofici e irreversibili”.
Artico, in vent’anni la popolazione di renne si è dimezzata
Abbiamo perso 2,6 milioni di renne per colpa dei cambiamenti climatici. “Al momento non vediamo la luce in fondo al tunnel”, avvertono gli scienziati della Noaa.
Il Natale si avvicina. È tempo di ritrovarsi con i parenti, mangiare in compagnia, oziare con una tazza di cioccolata calda in mano guardando i fiocchi di neve danzare fuori dalla finestra, le luci che riscaldano l’inverno. Quest’anno, però, c’è qualcosa di diverso: uno dei simboli del Natale rischia di scomparire. La colpa non è del cattivissimo Grinch, ma del riscaldamento globale.
Nell’Artide le renne sono sempre di meno: il numero di esemplari è calato da 4,7 a 2,1 milioni negli ultimi vent’anni, ovvero del 56 per cento. Delle 22 mandrie monitorate, soltanto due non hanno subito perdite, mentre cinque si sono rimpicciolite addirittura del 90 per cento.
“Al momento non vediamo la luce in fondo al tunnel”, è l’amaro commento degli scienziati dell’Amministrazione americana per gli oceani e l’atmosfera (Noaa). Sono loro ad aver lanciato l’allarme con la pubblicazione del rapporto annuale sull’Artico.
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Cosa dice quest’anno il rapporto sull’Artico della Noaa
Lo studio contiene altre informazioni allarmanti, dall’incessante aumento delle temperature – doppiamente più veloce che nel resto del mondo – alla diminuzione della superficie ghiacciata, dalla fioritura di alghe tossiche all’aggravarsi della contaminazione da microplastiche. Aspetti che influiscono sul benessere di tutti gli abitanti dei paesi artici – Alaska, Russia, Canada, Groenlandia, le Svalbard e le altre isole. Tra di questi, le renne sono particolarmente minacciate.
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Quali sono gli effetti del riscaldamento globale sulle renne
Conosciute nel Nordamerica col nome di caribù, le renne vivono nella tundra dove si nutrono principalmente di licheni che crescono a livello del terreno: per via delle temperature più miti, nuove specie vegetali stanno prendendo il sopravvento; inoltre capita sempre più spesso che piova invece di nevicare, quindi si crea uno strato di ghiaccio che impedisce agli animali di brucare. Non mancano, infine, gli episodi di siccità: quando si verifica per più anni consecutivi, la fertilità delle femmine si riduce così come la speranza di sopravvivenza dei cuccioli.
Il sodalizio fra indigeni e caribù
“Si dice che una bella giornata per le persone sia pessima per le renne”, racconta il professor Howard Epstein alla Bbc: estati calde si traducono nella proliferazione di parassiti, incrementando il rischio per le mandrie di contrarre malattie. Sulla salvezza dei caribù, però, si basa quella delle popolazioni indigene che con questi mammiferi hanno instaurato un profondo legame spirituale, ancor prima che economico. In pericolo non c’è solo il Natale, bensì un intero ecosistema fatto di animali e uomini che imparando gli uni dagli altri hanno saputo adattarsi a luoghi pressoché inaccessibili.
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