Come costruire un nuovo multilateralismo climatico? Secondo Mark Watts, alla guida di C40, la risposta è nelle città e nel loro modo di far rete.
Artico, temperature fuori controllo con punte di 20 gradi sopra la media
Dovrebbe esserci più ghiaccio, molto di più. E le temperature dovrebbero essere invernali, sotto zero. Ma non è così. Secondo quanto riferiscono sia i ricercatori dell’Istituto Meteorologico Danese, che della Rutgers University, entrambi impegnati nel monitoraggio delle temperature e della coperture dei ghiacci al di sopra dell’80° parallelo, le temperature nell’Artico sono “appena” di 5
Dovrebbe esserci più ghiaccio, molto di più. E le temperature dovrebbero essere invernali, sotto zero. Ma non è così. Secondo quanto riferiscono sia i ricercatori dell’Istituto Meteorologico Danese, che della Rutgers University, entrambi impegnati nel monitoraggio delle temperature e della coperture dei ghiacci al di sopra dell’80° parallelo, le temperature nell’Artico sono “appena” di 5 gradi sotto lo zero, mentre dovrebbero essere almeno a -25°C.
In alcune aree del circolo polare artico si è registrata una temperatura dell’aria di 20 gradi sopra la media, mentre le acque marine hanno una temperatura al di sopra della media di 4 gradi. “In ottobre e novembre c’è stato un record di diminuzione del ghiaccio marino in tutto l’Artico”, spiega Elisa Palazzi, ricercatrice dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr (Isac). “Questo è un problema perché tale situazione rende difficile la formazione di ghiaccio nuovo. Anzi il ghiaccio che si forma è sempre più sottile”.
Ghiaccio ai minimi storici
Gli scienziati si dicono “sorpresi” da queste anomalie, che paiono comunque confermare le tendenze negative registrate negli ultimi anni. A confermarlo anche i dati raccolti dal National Snow and Ice Data Center (NSIDC) che lo scorso ottobre riferiva come alla fine di settembre l’estensione della copertura ghiacciata avesse registrato l’ennesimo minimo, toccando i 4,72 milioni di chilometri quadrati. Una riduzione costante che perde il 13,3 per cento ogni decade. “La diminuzione del ghiaccio fa sì che ci sia una maggiore esposizione solare, e questo va ad innescare un maggior riscaldamento delle acque marine”, continua Palazzi. “Si tratta di un meccanismo di retroazione ben conosciuto e di un ciclo che si autoalimenta. Ad una minor quantità di ghiaccio corrisponde un riscaldamento maggiore. Ecco perché il polo è una delle sentinelle del cambiamento climatico“.
Today’s latest #Arctic mean temperature continues to move the wrong direction… up. Quite an anomalous spike! pic.twitter.com/C93cQWUKV9
— Zack Labe (@ZLabe) 15 novembre 2016
L’Artico è in sofferenza
Lo afferma anche la Nasa, alla fine della stagione invernale di quest’anno. Tra febbraio e aprile il Mar Glaciale Artico dovrebbe avere la sua estensione massima. Ma lo scorso 24 marzo l’estensione del ghiaccio si è fermata ai 14,52 milioni di chilometri quadrati, ovvero “un minimo invernale dal 1979, ovvero da quando si fanno le rilevazioni satellitari”. La Nasa spiega che negli ultimi 13 anni si sono registrati sempre nuovi minimi nell’estensione glaciale. “Si tratta sì di un fenomeno eccezionale, ma che si inserisce in un trend che ci si attendeva. Nel giro di 25 anni il ghiaccio marino ha perso un 30 per cento della sua estensione“.
“Un fenomeno che desta preocupazione certo”, conclude la ricercatrice del Cnr. “Anche perché se guardiamo ai modelli climatici più ottimistici, ciò che possiamo aspettarci per i ghiacci marini è che si assista ad un assestamento rispetto ai segnali visti finora. Ma di certo il ghiaccio perso finora non si recupera“. I segnali di sofferenza dal Nord del pianeta ci sono tutti e paiono essere sempre più allarmanti.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Pubblicate nella notte le nuove bozze di lavoro alla Cop29 di Baku, compresa quella sulla finanza climatica. Strada ancora in salita.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
La nuova edizione del Climate change performance index constata pochi passi avanti, da troppi paesi, per abbandonare le fossili. Italia 43esima.
Uno studio della rete di esperti MedECC e dell’Unione per il Mediterraneo mostra quanto il bacino sia vulnerabile di fronte al riscaldamento globale.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.
Per mitigare i cambiamenti climatici e adattarsi ai loro impatti servono fondi. Alla Cop29 i Paesi sono molto distanti su quanto e chi debba pagare.
Il governo del Regno Unito ha scelto la Cop29 di Baku per annunciare il suo prossimo piano di riduzione delle emissioni di gas serra.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenendo alla Cop29 a Baku, ha ribadito il proprio approccio in materia di lotta ai cambiamenti climatici.