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Cos’è il bilancio di sostenibilità, a chi e a cosa serve
Il bilancio d’esercizio è quel documento che, per legge, l’impresa deve redigere periodicamente per fare una sintesi della sua situazione economico-finanziaria e dei suoi risultati economici. Ma se vogliamo valutare a tutto tondo un’azienda, non ci si può accontentare di costi e ricavi. Ogni impresa si deve interfacciare con il territorio, l’ambiente, i lavoratori: gli stakeholder. Ecco
Il bilancio d’esercizio è quel documento che, per legge, l’impresa deve redigere periodicamente per fare una sintesi della sua situazione economico-finanziaria e dei suoi risultati economici. Ma se vogliamo valutare a tutto tondo un’azienda, non ci si può accontentare di costi e ricavi. Ogni impresa si deve interfacciare con il territorio, l’ambiente, i lavoratori: gli stakeholder. Ecco perché, a parità di cifre, due soggetti possono avere un impatto estremamente diverso sul mondo che li circonda. Il bilancio di sostenibilità fonde queste due esigenze e valuta anche questo impatto, positivo o negativo che sia.
Le aziende italiane credono in una comunicazione trasparente delle proprie performance di sostenibilità. Scopri come valorizzarle al meglio
A chi è rivolto il bilancio di sostenibilità
Il bilancio di sostenibilità, detto anche bilancio sociale, è un documento che si rivolge a tutti gli stakeholder, o “portatori di interesse”. In altre parole, a tutti coloro con cui l’azienda, in un modo o nell’altro, entra in contatto: non solo gli azionisti ma anche i dipendenti, i clienti, i fornitori, le autorità, i giornalisti, le comunità e associazioni sul territorio. Senza dubbio stiamo parlando di gruppi molto vasti e variegati, ma ogni azienda deve entrare nell’ordine di idee di avere delle precise responsabilità nei confronti di ciascuno di essi. L’azionista infatti ha diritto di essere informato sui margini di profitto, le famiglie che abitano nelle vicinanze di uno stabilimento vogliono sapere se l’aria è salubre o avvelenata dalle ciminiere, i dipendenti sono interessati alle opportunità di formazione e crescita. E così via.
Linee guida, principi e indicatori
Il report di sostenibilità viene pubblicato ogni anno, proprio come il consueto bilancio di esercizio. Non esistono ancora delle vere e proprie normative vincolanti, che obblighino a trattare determinate questioni oppure a scegliere certi indicatori. Esistono però delle linee guida condivise a livello internazionale, come quelle del Global reporting initiative (disponibili anche in italiano).
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A metà ottobre 2016 il Gri ha pubblicato i suoi nuovi standard, che sostituiranno del tutto i precedenti a partire dal 1 luglio 2018. Si tratta di 36 linee guida da seguire per fare relazioni trasparenti e corrette su una lunga serie di temi: le emissioni di gas serra, l’impronta idrica, il consumo di energia, le politiche adottate con i lavoratori. Le aziende potranno seguirle tanto per pubblicare un bilancio di sostenibilità a 360 gradi, quanto per stilare relazioni dettagliate su singoli argomenti.
Da poco il bilancio sociale è obbligatorio
Fino a pochi mesi fa, il bilancio d’esercizio era un obbligo di legge, mentre il report di sostenibilità era del tutto volontario. In Europa le cose sono cambiate: lo stabilisce la direttiva 2014/95/UE, recepita formalmente alla fine del 2016. Il principio è quello del “comply or explain”: le imprese dovranno rendere note le loro politiche in termini di sostenibilità, oppure dovranno spiegare il motivo per cui non se ne sono occupate. Questa norma non riguarda tutti, ma solo le aziende europee di interesse pubblico o con più di cinquecento dipendenti, il cui bilancio consolidato soddisfi determinati criteri stabiliti dalla legge (il totale dell’attivo dello stato patrimoniale dev’essere superiore a 20 milioni di euro oppure, in alternativa, il totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni deve superare i 40 milioni).
Da Ikea a Carlsberg, esperienze a confronto
A seconda dei casi, le aziende hanno scelto strade molto diverse per stilare il loro bilancio di sostenibilità ed esporlo al pubblico. Quest’anno, ad esempio, Unipol ha impostato il bilancio sociale sugli obiettivi di sviluppo sostenibile Onu, spigando come e perché ha lavorato per contribuire a 17 di essi. Carlsberg Italia invece ha focalizzato l’attenzione sul suo nuovo sistema di spillatura con fusti in Pet riciclabile, dettagliandone l’impatto su tutto il ciclo di vita del prodotto. La dirigenza Ikea ha trasformato la presentazione del bilancio di sostenibilità in un tour che ha toccato tutte le città italiane in cui è presente, per entrare nel merito dei risultati di ogni punto vendita. Leroy Merlin, invece, si è incentrata su tre direttrici: la riduzione dell’impatto ambientale, le politiche rivolte ai lavoratori e i progetti di social business, vale a dire quelli in cui rinuncia al guadagno.
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Altre aziende hanno dato libero sfogo alla fantasia. Virgin Media dal 2010 non stampa più copie cartacee del suo report di sostenibilità, sostituendole con infografiche, video e contenuti per i social media. Heineken Usa ha sviluppato un videogame e ha scritto una canzone rap; l’università di Londra, invece, ha raccontato i suoi traguardi su Twitter.
I possibili percorsi della responsabilità sociale d’impresa, insomma, sono innumerevoli. E c’è da sperare che, complice l’Europa che d’ora in poi obbligherà a rendicontarli, le aziende siano sempre più disposte a investirci denaro, energie e competenze, proprio come fanno per i tradizionali obiettivi di business.
Le nostre dieci regole per il report di sostenibilità
Ma come si scrive, concretamente, un report di sostenibilità? LifeGate ha elaborato una vera e propria guida in dieci punti:
- Scegliere le tematiche giuste su cui rendicontare, cioè quelle davvero rilevanti per l’azienda e per tutti i suoi stakeholder di riferimento.
- Non limitarsi (come spesso accade) all’ambiente e all’energia, ma tenere conto degli aspetti ambientali, sociali e di governance (Esg).
- Essere sempre trasparenti, chiari e documentati, tanto sui successi quanto sui fallimenti.
- Non essere troppo autoreferenziali ma capire qual è il proprio ruolo nel territorio e nella società.
- Per ogni obiettivo, trovare e riportare degli indicatori numerici che misurino in modo obiettivo le performance ottenute nel tempo.
- Seguire linee guida di reporting internazionali, come quelle del Gri.
- Far certificare il proprio bilancio di sostenibilità da un ente terzo.
- Aggiornare periodicamente il proprio bilancio di sostenibilità, invece di limitarsi a pubblicarlo una volta l’anno.
- Non pubblicare solo un elenco di parole e cifre, ma trasformare il report in uno strumento di comunicazione comprensibile e accattivante.
- Coinvolgere attivamente tutti gli stakeholder, spiegando cosa è stato fatto per loro, perché e con quali risultati.
Foto di copertina © Westend61 / Getty Images
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