Con una sentenza storica, la Cassazione conferma la condanna per il comandante italiano che ha consegnato 101 migranti alla Libia.
Brasile, assassinato un altro guardiano dell’Amazzonia, Paulo Paulino
Il giovane attivista è rimasto ucciso in un’imboscata tesa dai taglialegna illegali ai Guardiani dell’Amazzonia.
Difendere l’ambiente in Brasile sembra equivalere sempre di più ad una condanna a morte. Da decenni i nativi, che non chiedono altro che poter vivere la loro vita e mantenere la propria identità, sono sottoposti ad attacchi e vessazioni, come se vivere in un altro modo, al di fuori della società dominante, non sia consentito. Da poco meno di un anno la situazione è però precipitata, ovvero dall’elezione a presidente di Jair Bolsonaro.
Visualizza questo post su InstagramPaulo Paulino Guajajara, leader indigeno e guardiano della foresta amazzonica brasiliana, è stato ucciso da alcuni taglialegna illegali dentro la riserva Arariboia nello stato di Maranhao. L’evento, l’ultimo dei tanti, si inserisce nell’aumento delle invasioni illegali dopo che il presidente Bolsonaro ha dichiarato di voler aprire le terre indigene allo sviluppo economico. “Il governo di Bolsonaro ha sangue indigeno sulle proprie mani. L’aumento della violenza è una conseguenza diretta delle sue parole d’odio e contro la nostra gente”, ha dichiarato l’Apib, l’organizzazione che rappresenta 900mila nativi in Brasile. / Paulino Guajajara, indigenous leader and guardian of the Amazon forest in Brazil, has been murdered by some illegal loggers in the Arariboia reserve in the Maranhao state. The event, only the latest of a long list, took place amid the increase of illegal invasions after president Bolsonaro said he will open up indigenous lands to economic development. “The Bolsonaro government has indigenous blood on its hands. The increase in violence in indigenous territories is a direct result if his hateful speeches and steps taken against our people”, said @apiboficial, an organisation representing 900,000 native people in Brazil. Photo via @ninagualinga . . . #brazil #indigenous #indigenousrights #amazonforest #bolsonaro #indigenousland #jairbolsonaro
Bolsonaro, che ha definito i nativi “uomini preistorici”, ha incoraggiato a più riprese l’occupazione dei loro territori, riducendo oltretutto sensibilmente le funzioni del Funai. Le conseguenze di questa politica dell’odio, che vede nei nativi un ostacolo e nella foresta amazzonica una risorsa da sfruttare dal punto di vista commerciale, sono sempre più evidenti. L’ultima conferma è l’omicidio di Paulo Paulino, membro della tribù brasiliana dei Guajajara.
Vittima di un’imboscata
L’uomo, poco più che ventenne e padre di un bambino, è stato ucciso da un colpo di arma da fuoco che lo ha raggiunto al collo, durante un’imboscata tesa, pare, da un gruppo di taglialegna illegali contro i Guardiani dell’Amazzonia, gruppo di Guajajara che pattuglia la foresta per evitarne la distruzione. Nell’agguato, avvenuto nel territorio indigeno Araribóia, nello stato brasiliano del Maranhão, un altro guardiano, Tainaky Tenetehar, è rimasto ferito alla schiena e a un braccio, ma è riuscito a fuggire. La polizia brasiliana ha riferito che anche uno dei taglialegna è stato ucciso nella sparatoria.
Leggi anche
- Brasile, minatori assassinano leader Waiãpi e invadono il villaggio
- Brasile, perché con Bolsonaro gli indigeni restano senza terra né diritti
Giustizia per Paulino
Il corpo di Paulo Paulino, secondo quanto riferito dall’organizzazione pan-indigena brasiliana Apib, sarebbe ancora nella foresta in attesa di essere recuperato. Il ministro della Giustizia brasiliano, Sergio Moro, ha definito l’episodio un “crimine terribile”, affermando che “non risparmieremo alcuno sforzo per assicurare i responsabili di questo grave crimine alla giustizia”.
I paladini dell’Amazzonia
I Guardiani dell’Amazzonia, di cui faceva parte Paulino, sono un gruppo di Guajajara che, per proteggere la propria gente e aiutare gli Awá incontattati con cui condividono il territorio, hanno iniziato a pattugliare la foresta e a fermare le invasioni dei taglialegna illegali. “Questa gente pensa di poter venire qui, nella nostra casa, e servirsi liberamente della nostra foresta? No. Non glielo permetteremo”, aveva detto pochi mesi fa Paulino a Survival, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni. Proteggere la foresta, patrimonio non solo dei nativi ma di tutta l’umanità in virtù dei suoi indispensabili servizi ecosistemici, comporta però grandi rischi. Oltre a Paulino sarebbero almeno tre i guardiani uccisi da taglialegna e accaparratori di terra, insieme a molti dei loro parenti, secondo Survival.
Martiri della foresta
L’ennesimo omicidio di un attivista ambientale in Brasile evidenzia l’esponenziale crescita della violenza contro i protettori delle foreste amazzoniche, costretti loro malgrado a diventare martiri. “Il governo di Bolsonaro ha nelle sue mani sangue indigeno – si legge in una nota dell’Apib -. L’aumento della violenza nei territori indigeni è il risultato diretto dei suoi discorsi odiosi e dei passi compiuti contro il nostro popolo”. Proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica globale sul genocidio in corso in Brasile, una delegazione di nativi dell’Apib sta viaggiando in Europa.
Leggi anche: Ládio Veron. Nel giro di poco tempo i guaraní kaiowà non esisteranno più
Paulino e gli altri attivisti ammazzati prima di lui sapevano benissimo qual era la posta in gioco, ma non avevano scelta se volevano proteggere la loro foresta e garantire un futuro ai propri figli. “Paulino sapeva che avrebbe potuto pagare il suo impegno con la vita – ha raccontato Sarah Shenker, ricercatrice di Survival per il Brasile, che aveva accompagnato i Guardiani in una delle loro operazioni di pattugliamento – ma non vedeva alternative perché le autorità non facevano niente per proteggere la foresta e far rispettare la legge”.
Leggi anche: Chi sono i Guardiani dell’Amazzonia e perché stanno protestando
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Numerose ong hanno sottolineato la situazione drammatica della popolazione palestinese a Gaza, chiedendo a Israele di rispettare il diritto umanitario.
Vida Diba, mente di Radical voice, ci parla della genesi della mostra che, grazie all’arte, racconta cosa significhi davvero la libertà. Ed esserne prive.
L’agenzia delle Nazioni Unite per la salute sessuale e riproduttiva (Unfpa) e il gruppo Prada hanno lanciato un programma di formazione per le donne africane.
Amnesty International ha pubblicato un manifesto elettorale in 10 punti rivolto ai partiti italiani: “I diritti umani non sono mai controversi”.
Si tratta di Zahra Seddiqi Hamedani ed Elham Choubdar colpevoli, secondo un tribunale, di aver promosso la “diffusione della corruzione sulla terra”.
Dal 2 al 4 settembre Emergency ricorderà che la pace è una scelta realmente perseguibile a partire dalla conoscenza e dalla pratica dei diritti umani.
Il Comune di Milano lo faceva già ma smise, attendendo una legge nazionale che ancora non c’è. Non si può più rimandare: si riparte per garantire diritti.
Le persone transgender hanno ora il diritto alla piena autodeterminazione a Milano grazie al primo registro di genere in Italia.