Inaugurato a Milano, in piazza della Scala, il primo dei cento globi d’artista per un futuro sostenibile. Il progetto di Weplanet porterà in primavera una grande mostra open air per le vie della città.
Camilo Guevara. Perché ancora oggi abbiamo bisogno dei valori del Che
Alcune delle domande che si pongono i giovani di oggi richiamano quelle del rivoluzionario Ernesto Guevara, detto il Che. Cosa c’è di attuale nei suoi ideali? Risponde il figlio, Camilo Guevara.
Ernesto Guevara, soprannominato il Che, è stato uno dei personaggi più iconici – e iconizzati – della storia recente, in particolare tra le giovani generazioni degli anni Sessanta, fino ai giorni d’oggi. Guevara, nato in Argentina nel 1928 ma naturalizzato cubano, era un giovane medico quando ha deciso di lasciare la sua professione per diventare un politico e un rivoluzionario. È proprio il suo spirito rivoluzionario che lo ha portato, oltre a viaggiare in diversi paesi invocando la libertà dei popoli, ad essere ucciso cinquant’anni fa, nel 1967, in Bolivia.
Le foto del Che sono state viste, stampate e usate, a volte strumentalizzate, in ogni angolo e occasione come simbolo di lotta e di ribellione in generale. A prescindere dalla condivisione delle sue idee e posizioni politiche, la figura di Guevara è rimasta, e si è distinta, perché rappresenta il mito di un uomo che per seguire i propri ideali ha sacrificato tutto: famiglia, affetti e, alla fine, la propria vita. Un sacrificio che ritroviamo spesso nei personaggi “rivoluzionari” del tempo, come Nelson Mandela.
Dietro il personaggio storico, però, si cela anche un uomo, un padre, un poeta. Da questa premessa è nata la mostra Tú y todos (dal nome di una sua poesia scritta alla moglie), a Milano fino al 2 aprile, che racconta la figura di Guevara attraverso i suoi scritti, pubblici e privati, i suoi discorsi, le sue foto, lasciando che i valori e gli ideali emergano in modo naturale, senza pregiudizi o preconcetti. In questo contesto, abbiamo incontrato il suo secondo figlio nato dalla seconda moglie Aleida March, Camilo Guevara.
Perché è stato scelto il nome “Tú y todos”? In che modo la poesia, scritta prima della partenza in Bolivia, rappresenta suo padre?
Tú y todos è tratto da una poesia che il Che ha scritto a mia madre, per me rappresenta un atto di fede davanti a due passioni: l’amore intimo da un lato e l’amore che si professa verso ciò che si considera una causa sacra dall’altro. Era un poema di addio a mia madre prima della sua partenza imminente in Bolivia. In queste parole, si riassume quello che era il Che: un uomo capace di superare l’egoismo che abbiamo dentro, una forte convinzione sulla preponderanza della solidarietà nei rapporti umani. Chissà, forse questa è la più grande sfida evolutiva che “l’uomo nuovo” e la società dovrebbero superare.
Come possiamo identificarci, oggi, con la persona del Che? Quali sono le idee e i valori che sono tuttora validi?
Tutti i valori umani che sono positivi, sono necessari. Non possiamo farne a meno, e non possiamo pensare all’essere umano senza questi valori. L’amore è necessario, l’onestà è necessaria. La solidarietà, imprescindibile. Così come il coraggio per affrontare le cose, il coraggio intellettuale. Alla fine bisogna saper distinguere le cose fatte bene da quelle fatte male, e identificare e trovare il posto che abbiamo nella vita, nella società. Senza valori non possiamo farlo. Altrimenti semplicemente passeremmo la vita camminando e calpestando quello che ci circonda e distruggendo il resto. Abbiamo bisogno di avere dei valori per andare in una direzione.
In questo senso, crede che i giovani di oggi si trovano di fronte alle stesse domande che si faceva il Che, indipendentemente dal contesto storico?
Perfino peggiori. Con il passare del tempo ci avviciniamo sempre più a un’autodistruzione. Non dobbiamo credere che ormai grazie alle tecnologie ci salveremo. Siamo tutti in pericolo perché c’è un problema reale, serio. In passato si poteva dire che un mondo capitalista era immorale, si poteva parlare di temi che erano discutibili, in base alla morale di ognuno. Ma oggi, il mondo che viene distrutto riguarda me, te e tutti allo stesso modo. Il modo in cui abbiamo organizzato il mondo, il modo in cui produciamo e in cui viviamo ci sta portando all’autodistruzione. Quindi non si tratta più soltanto di una questione morale o di sfruttamento. Si tratta anche della sopravvivenza delle specie. Il Pianeta si sta distruggendo, lo stiamo distruggendo. Lo stiamo distruggendo con avidità, con la sovrapproduzione e con cose non necessarie per la vita. Lo facciamo tutti e tutti abbiamo lo stesso problema. La popolazione mondiale sta aumentando. Cosa faremo? Ci uccideremo a vicenda? Come risolviamo le cose? Dobbiamo cambiare il modo di vivere. È evidente.
Come ha conosciuto davvero suo padre? Grazie a sua madre? Alle sue poesie?
Sì, in parte grazie a questo. Quando sei bambino ti parlano in un certo modo, perché non capisci molto. Ma pian piano che si cresce ti raccontano di più. Io ho la fortuna di lavorare nel Centro di studi Che Guevara e quindi ogni giorno scopro qualcosa che mi stupisce. Mi stupisce il fatto che era un uomo che è morto, assassinato, a soli 39 anni. Un giovane, un ragazzino per certi versi. E per me oltre ad essere una persona con una posizione etica, era anche un esteta.
Mia unica al mondo:
furtivamente ho rubato dalla credenza di Hickmet
questo unico verso innamorato,
per farti sentire l’esatta dimensione del mio amore.
Eppure, nel labirinto più profondo della conchiglia taciturna
si incontrano e respingono i poli del mio spirito:
Tu e tutti.
Mi única en el mundo
A hurtadillas extraje de la alacena de Hickmet
este solo verso enamorado,
para dejarte la exacta dimensión de mi cariño.
No obstante,
en el laberinto más hondo del caracol taciturno
se unen y repelen los polos de mi espíritu:
tú y todos.
Los todos me exigen la entrega total,
¡que mi sola sombra oscurezca el camino!
Más, sin burlar las normas del amor sublimado
Le guardo escondida en mi alforja de viaje.
(Te llevo en mi alforja de viajero insaciable
como al pan nuestro de todos los días.)
Salgo a edificar las primaveras de sangre y argamasa
y dejo en el hueco de mi ausencia,
este beso sin domicilio conocido.
Pero no me anunciaron la plaza reservada
en el desfile triunfal de la victoria
y el sendero que conduce a mi camino
está nimbado de sombras agoreras.
Si me destinan al oscuro sitial de los cimientos,
guárdalo en el archivo nebuloso del recuerdo;
úsalo en noches de lágrimas y sueños.
Adiós, mi única,
no tiembles ante el hambre de los lobos
ni en el frío estepario de la ausencia;
del lado del corazón te llevo
y juntos seguiremos hasta que la ruta se esfume.
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