Con una sentenza storica, la Cassazione conferma la condanna per il comandante italiano che ha consegnato 101 migranti alla Libia.
Cosa dice la sentenza della Cassazione sul reato di stupro se la vittima si ubriaca
Se la vittima di uno stupro ha assunto volontariamente alcolici, ai violentatori non può essere attribuita l’aggravante del ricorso a sostanze alcoliche o stupefacenti. Lo ha stabilito una sentenza della Corte di Cassazione, annullando il precedente verdetto della Corte d’Appello di Torino, che aveva condannato due cinquantenni per violenza sessuale, applicando anche l’aggravante di “aver commesso il
Se la vittima di uno stupro ha assunto volontariamente alcolici, ai violentatori non può essere attribuita l’aggravante del ricorso a sostanze alcoliche o stupefacenti. Lo ha stabilito una sentenza della Corte di Cassazione, annullando il precedente verdetto della Corte d’Appello di Torino, che aveva condannato due cinquantenni per violenza sessuale, applicando anche l’aggravante di “aver commesso il fatto con l’uso di sostanze alcoliche”.
Cosa dice la Corte di Cassazione
In condizioni di ubriachezza è doveroso parlare di stupro, perché la vittima non può aver prestato il consenso consapevole a un rapporto sessuale secondo la Corte. Se aveva bevuto di spontanea volontà, però, non è possibile applicare l’aumento di pena previsto quando la vittima viene abusata sotto l’effetto di alcolici o stupefacenti. Anche condividendo la sentenza di colpevolezza per stupro di gruppo, dunque, la Cassazione non ha ritenuto applicabile l’aggravante, disponendo l’annullamento del verdetto di secondo grado. Il nodo cruciale, secondo i giudici, sta nel fatto che la vittima non era stata costretta ad assumere alcol, ma aveva bevuto per sua scelta.
I fatti
Lo stupro risale al 2009. Il rapporto si era consumato al termine di una cena, durante la quale la donna aveva assunto vino fino a “non riuscire ad autodeterminarsi” e non avere piena memoria dell’accaduto. I due imputati erano stati assolti in primo grado dal Gip di Brescia, per poi venire giudicati colpevoli nel 2017 dalla Corte d’Appello di Torino, con una condanna a tre anni considerando le attenuanti generiche e l’aggravante di “aver commesso il fatto con l’uso di sostanze alcoliche”. Ora, invece, la sentenza 32462 della terza sezione penale della Cassazione ha stabilito l’inapplicabilità delle aggravanti, asserendo che “l’assunzione volontaria di alcol esclude la sussistenza dell’aggravante” e il relativo aumento di pena. Deve essere lo stupratore, in altri termini, a somministrare l’alcol (o la droga) alla vittima, allo scopo di violentarla.
Le reazioni
Molto critiche le prime reazioni del mondo politico. Secondo Alessia Rotta, vicepresidente vicaria dei deputati del Partito democratico, “la sentenza della Cassazione ci porta indietro di decenni, a quando nel 1999 i giudici della Corte di Cassazione sentenziavano che se la vittima porta i jeans non può essere stupro, o al 2006 quando riconoscevano le attenuanti perché la ragazza di 14 anni violentata dal patrigno non era più illibata”. Anche Annagrazia Calabria, deputata di Forza Italia, si scaglia contro la decisione degli Ermellini: “Far passare anche solo lontanamente l’idea che approfittare della mancanza di pieno autocontrollo da parte di una donna non sia un comportamento da punire in maniera ancora più dura è un passo indietro nella cultura del rispetto e nella punizione di un gesto ignobile e gravissimo quale è lo stupro”. Di opposto parere l’avvocato Caterina Malavenda: “Se sono a tavola e mi ubriaco volontariamente e quella situazione induce chi mi accompagna ad approfittare di me, la violenza sessuale c’è ugualmente ma non c’è l’aggravante”, ha detto a Vanity Fair.
Cosa dice la legge
La presenza di eventuali aggravanti nei casi di stupro è normata in Italia dall’articolo 609 ter del Codice penale, che, tra i casi in cui sia possibile un aumento di pena, indica appunto che la violenza venga commessa “con l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona”.
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