La finanza ha la fondamentale responsabilità di traghettare i capitali verso la transizione energetica. Se ne è discusso al Salone del Risparmio 2022.
7 istituti cattolici abbandonano carbone e petrolio, nel nome di San Francesco
Sette diversi istituti cattolici, provenienti dai quattro angoli del Pianeta, hanno deciso di liberarsi dai combustibili fossili, escludendoli dai propri portafogli di investimenti. E l’hanno annunciato insieme lunedì 4 ottobre, giorno in cui si celebra San Francesco D’Assisi. La presa di posizione dei movimenti cattolici Ormai sono sempre più numerosi gli investitori, piccoli e grandi, che
Sette diversi istituti cattolici, provenienti dai quattro angoli del Pianeta, hanno deciso di liberarsi dai combustibili fossili, escludendoli dai propri portafogli di investimenti. E l’hanno annunciato insieme lunedì 4 ottobre, giorno in cui si celebra San Francesco D’Assisi.
La presa di posizione dei movimenti cattolici
Ormai sono sempre più numerosi gli investitori, piccoli e grandi, che decidono di dire addio ai combustibili fossili. In questo caso, la decisione assume un peso ancora maggiore perché non si era mai assistito a una mobilitazione di così larga scala da parte del mondo dei cattolici. L’italiana Focsiv (Federazione degli Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario) “rimpiazzerà” gli investimenti in carbone, petrolio e gas naturale con nuovi progetti legati alle energie rinnovabili. SSM Health, un’organizzazione cattolica no profit che gestisce servizi sanitari negli Stati Uniti, eliminerà il carbone dal suo portafoglio, che ha un valore stimato di 2,4 miliardi di dollari. Gli altri promotori sono i Padri Gesuiti dell’Upper Canada, la Presentation Society in Australia e in Papua Nuova Guinea, la diocesi del Santo Spirito di Umuaramá nello Stato brasiliano di Paraná, la Società Missionaria internazionale di San Colombano.
BREAKING NEWS! @FOCSIV annuncia #disinvestimento da fonti fossili con 7 istituti cattolici! #divestitaly #divestmenthttps://t.co/3aCBaHi30E pic.twitter.com/NAFypkNFbU
— Italian Climate Netw (@ItalianClimate) 4 ottobre 2016
Tutte le Chiese che hanno disinvestito
Su quasi seicento organizzazioni di tutto il mondo che hanno scelto di disinvestire i propri capitali dai combustibili fossili, circa una su quattro è di matrice religiosa. Tra le altre, si sono mobilitate anche la Chiesa Episcopale, la Chiesa di Scozia e la Chiesa Unita del Canada. Lo dicono i dati del movimento 350.org, che coordina la campagna globale. Ma le adesioni, per ora, sono a macchia di leopardo. E manca all’appello quella più importante: il Vaticano. Proprio quest’estate, in corrispondenza della Giornata Mondiale della Gioventù, una coalizione di movimenti giovanili cattolici di tutto il mondo ha lanciato un appello a Papa Francesco, invitandolo ad agire per prendere parte alla “globalizzazione della speranza”.
L’enciclica di Papa Francesco sull’ambiente
Una scelta simile sarebbe senz’altro in linea con l’enciclica “Laudato sì. Sulla cura della casa comune”, pubblicata da Papa Francesco nell’estate del 2015. Un documento attesissimo e rivoluzionario, che afferma a chiare lettere che “i cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità”. E che bisogna mettere da parte l’indifferenza e l’attendismo:
È diventato urgente e impellente lo sviluppo di politiche affinché nei prossimi anni l’emissione di anidride carbonica e di altri gas altamente inquinanti si riduca drasticamente, ad esempio, sostituendo i combustibili fossili e sviluppando fonti di energia rinnovabile.
Perché diventare “fossil free”
In un mondo che si è impegnato a rispettare l’Accordo di Parigi e a cambiare rotta nelle proprie politiche sul clima e sull’energia, ritirare i capitali investiti nei combustibili fossili è una scelta sempre più comune. Gli attivisti chiamano in causa questioni sia morali sia finanziarie. Da un lato, affermano, smettere di investire nei combustibili fossili significa non rendersi complici del surriscaldamento globale. Dall’altro lato, significa anche tutelare i propri capitali: è probabile infatti che le legislazioni sul clima, sempre più severe, vadano nel lungo periodo a intaccare i profitti delle big del petrolio e del carbone.
Foto in apertura: GABRIEL BOUYS/AFP/Getty Images
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