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Goldman environmental prize 2017, i vincitori del Nobel per l’ambiente
Dal guardiacaccia che protegge i gorilla nel Parco dei Virunga, al piccolo agricoltore che lotta contro una miniera. Ecco chi sono i sei eroi dell’ambiente del 2017.
Per qualcuno difendere l’ambiente è un lavoro, per qualcun altro una necessità dettata dalle contingenze, per altri è invece una vocazione, un fuoco che brucia dentro e che li spinge a mettere in gioco la propria vita per proteggere la natura e la sua inestimabile ricchezza. A tutte queste persone è dedicato il premio Goldman environmental prize, onorificenza che dal 1990 premia gli attivisti ambientali di tutto il mondo. Lo scorso 24 aprile sono stati premiati a San Francisco, in California, i sei attivisti vincitori del Goldman environmental prize 2017.
I martiri dell’ambiente
La cerimonia è stata dedicata al ricordo di Isidro Baldenegro López, attivista della comunità degli indios messicani tarahumara, vincitore del Goldman Environmental Prize nel 2005, assassinato lo scorso 15 gennaio a causa della sua battaglia non violenta per proteggere le antiche foreste dal disboscamento. La stessa sorte che ha subito Berta Càceres, attivista honduregna che da anni si batteva per difendere i diritti della sua comunità e per proteggere le terre ancestrali del suo Paese, vincitrice del Goldman environmental prize 2015, assassinata nel 2016. In molti paesi proteggere l’ambiente ha un costo elevatissimo, ma i sacrifici di Berta e Isidro non sono stati vani e altre persone ne hanno ereditato le battaglie, le speranze e i sogni.
I vincitori del 2017
Il Goldman environmental prize, giunto alla sua ventottesima edizione, premia ogni anno sei persone, provenienti da differenti aree del globo, Europa, Asia, Stati Uniti, Sud e Centro America, Africa e Australia. I vincitori del 2017 sono lo sloveno Uroš Macerl, l’indiano Prafulla Samantara, lo statunitense Mark Lopez, il guatemalteco Rodrigo Tot, il congolese Rodrigue Mugaruka Katembo e l’australiana Wendy Bowman. Scopriamo chi sono e perché sono diventati eroi dell’ambiente.
Uroš Macerl
Uroš Macerl, 48 anni, è un agricoltore biologico e allevatore ed è il presidente dell’associazione ambientalista Eco Krog. La sua fattoria, nella quale è cresciuto e che un tempo apparteneva a suo nonno, si trova nella regione di Trbovlje, nella Slovenia centrale, e sorge nei pressi di un cementificio della Lafarge Cement, alimentato a coke petrolifero, un sottoprodotto della lavorazione del petrolio. I tassi di tumore registrati nella regione sono significativamente più alti del resto del Paese proprio a causa delle emissioni tossiche del cementificio. Molti agricoltori hanno subito gravi perdite poiché l’inquinamento industriale ha compromesso la qualità di aria, suolo e acqua. Macerl ha dovuto abbandonare la coltivazione di campi e frutteti a causa dell’inquinamento atmosferico e si è dedicato al solo allevamento delle pecore. Nel 2009 la Lafarge Cement ha ottenuto l’autorizzazione per incenerire anche rifiuti industriali pericolosi, sostenendo che le emissioni avrebbero avuto un impatto negativo solo in un’area compresa entro i 500 metri dalla ciminiera. La fattoria di Macerl rientra in quest’area e l’uomo ha contestato l’autorizzazione, il governo sloveno lo ha ignorato decidendo di non revocare il permesso, ma Macerl ha poi vinto una causa che ha annullato il permesso, tuttavia la sentenza del tribunale è rimasta inapplicata. È servito l’intervento della Corte di giustizia europea che ha richiamato la Slovenia alle proprie responsabilità circa gli standard comunitari sull’inquinamento e il governo sloveno ha finalmente deciso di ordinare la chiusura del cementificio nel 2015. Macerl ha vinto la sua battaglia.
Prafulla Samantara
Prafulla Samantara, 65 anni, è cresciuto in una umile famiglia di agricoltori indiani e ha l’aspetto etereo del leder carismatico e illuminato. L’uomo è stato protagonista di una battaglia legale durata dodici anni per difendere i diritti della tribù indigena Dongria Kondh e per proteggere le colline di Niyamgiri, nello stato di Odisha, nell’India orientale. Quest’area è considerata sacra dai nativi ed ospita un’incredibile biodiversità, caratterizzata da specie iconiche come la tigre del Bengala (Panthera tigris tigris) e l’elefante indiano (Elephas maximus indicus). Proprio in questa zona sarebbe dovuta sorgere una miniera di bauxite realizzata dall’Odisha state mining company. La miniera avrebbe distrutto 1.660 acri di bosco incontaminato, inquinando le preziose fonti di acqua indispensabili per milioni di persone. Sarebbero inoltre state necessarie delle strade per trasportare la bauxite, rendendo così la foresta vulnerabile a taglialegna illegali e bracconieri. Nel 2003 Samantara lesse un annuncio sul giornale che annunciava un’audizione pubblica per discutere l’estrazione del bauxite nelle colline di Niyamgiri. L’uomo, consapevole dell’impatto ambientale della miniera e del fatto che i Dongria Kondh, che non parlano inglese né hanno accesso a internet, non avrebbero potuto difendere la propria terra, ha deciso di difendere in prima persona le sacre colline, rappresentando la tribù in tribunale e organizzando presidi sulle colline per impedire l’inizio dei lavori. Dopo una lunga battaglia legale Samantara ha ottenuto il suo scopo, la miniera non si farà e i consigli tribali hanno ottenuto il diritto di veto sui progetti minerari nelle loro terre.
Mark Lopez
Mark Lopez, 31 anni, è un figlio d’arte, è infatti cresciuto in una famiglia di attivisti da sempre impegnata nella tutela dei diritti della comunità ispanica nella zona est di Los Angeles. Lopez è riuscito a convincere lo stato della California ad effettuare, nel quartiere dove vive, analisi sul piombo contenuto nei fanghi e nelle polveri prodotte per oltre tre decenni da una fabbrica di pile e batterie. Lo stabilimento, rilevato dalla Exide nel 2000, ha aumentato il volume delle batterie lavorate nell’impianto e con esso le emissioni di inquinanti pericolosi come il piombo e l’arsenico. Un’analisi delle polveri sui tetti degli edifici vicini ha trovato un livello di piombo di 52.000 parti per milione, una quantità di 1.000 parti per milione è considerata rifiuto pericoloso. Il piombo si accumula nel corpo nel tempo e può causare disabilità di apprendimento anche a livelli molto bassi e, in quanto tale, non esiste un livello di piombo sicuro per i bambini. Nel 2015, dopo essere finita sotto inchiesta, Exide ha deciso di chiudere l’impianto, ma senza ripulire adeguatamente il sito contaminato. Mark Lopez, con il supporto della sua associazione East Yard Communities for Environmental Justice (Eycej), ha convinto lo stato della California a stanziare 176,6 milioni di dollari per bonificare abitazioni e aree pubbliche.
Rodrigo Tot
Rodrigo Tot, 59 anni, è leader indigeno guatemalteco che ha guidato la rivolta pacifica della sua comunità contro la realizzazione di una miniera di nichel nella regione di El Estor, sulle rive del lago di Izabal. Quest’area è di vitale importanza per i suoi abitanti, la popolazione dei Q’eqchi, discendenti dei Maya, la cui sussistenza dipende ancora da pesca agricoltura. In passato, proprio a causa delle acque reflue delle miniere, il lago è diventato il più inquinato del Paese. Gradualmente il prezzo del nichel è crollato e la situazione è tornata alla normalità. Nel 2006 però il governo del Guatemala ha concesso la riapertura e l’ampliamento di una grande miniera che sorge proprio nelle terre dei Q’eqchi. Dopo che loro avi hanno difeso la loro terra dai coloni spagnoli nel XVI secolo, oggi i Q’eqchi devono combattere di nuovo, stavolta contro il proprio governo e le multinazionali straniere. Tot, uno dei pochi Q’eqchi a parlare spagnolo, ha scoperto i piani del governo e ha coinvolto l’intera comunità nella ricostruzione dei passaggi di proprietà necessari per rivendicare legalmente la propria terra. Nel 2011 la Corte costituzionale ha riconosciuto i diritti dei Q’eqchi, costringendo il governo ad emettere nuovi atti di proprietà. Il lieto fine è però ancora lontano per Tot e la sua gente, la sentenza non è infatti ancora stata applicata dal governo e l’espansione della miniera è iniziata.
Rodrigue Mugaruka Katembo
Rodrigue Mugaruka Katembo, 41 anni, della Repubblica Democratica del Congo, è un guardiacaccia del parco dei Virunga, uno degli ecosistemi più ricchi e fragili del pianeta, che ospita alcuni degli ultimi esemplari di gorilla di montagna (Gorilla beringei beringei), specie fortemente minacciata dal bracconaggio, dalla guerra civile e dall’estrazione petrolifera. Katembo, che è riuscito a riscattarsi da un’infanzia da bambino-soldato, è il protagonista del film Virunga, candidato al Premio Oscar 2015 come miglior documentario. Katembo, lavorando sotto copertura, ha denunciato un sistema di appalti e corruzione intessuto per concedere alla società britannica Soco International il permesso di esplorazione ed estrazione petrolifera all’interno del parco, ricco di risorse naturali, come combustibili fossili. L’uomo ha pagato a caro prezzo la sua lotta, nel settembre 2013, pochi giorni dopo aver fermato una squadra della Soco intenta a costruire un’antenna di telecomunicazione all’interno del parco, Katembo è stato arrestato e torturato per 17 giorni. Tuttavia grazie al suo impegno e all’eco mediatica ottenuta dal documentario la Soco ha rinunciato allo sfruttamento della regione.
Wendy Bowman
Può un’ottuagenaria fermare l’apparente onnipotente settore estrattivo australiano? Wendy Bowman, 83 anni, ci è riuscita. Grazie alla sua determinazione la donna ha convinto la comunità del Nuovo Galles del Sud, sulla costa orientale dell’Australia, a non cedere alle offerte delle multinazionali e rifiutandosi di cedere i propri terreni ha impedito l’ampliamento della miniera Ashton. Il Tribunale del territorio e dell’ambiente australiano ha stabilito, con una sentenza storica, la prima restrizione nei confronti di una compagnia mineraria, che l’espansione della miniera potrà avvenire solo qualora Bowman acconsenta a vendere la propria terra. Già in passato Wendy Bowman era stata costretta a lasciare la propria casa, fagocitata dal settore dell’estrazione di carbone, ma questa volta la donna ha deciso di rifiutarsi, assumendo un ruolo chiave in una causa di pubblico interesse per combattere l’espansione della miniera.
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