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Ciak! Kibera. Quando è da grandi responsabilità che nascono grandi poteri
“Ciak! Kibera” è il progetto che ha dato vita a un cortometraggio girato per le strade di una delle baraccopoli più grandi dell’Africa subsahariana che si trova a Nairobi, in Kenya. La sua trama è fatta di sogni.
Titus è un ragazzo con un potere incredibile: “dando il pugno”, il saluto tipico tra i giovani, è in grado di “acchiappare” i sogni. In uno dei suoi giri per la baraccopoli di Kibera, una delle più grandi al mondo e la più grande di Nairobi, in Kenya, è riuscito a raccogliere e far avverare i sogni di un aspirante astronauta, una rockstar, di un gruppo di aspiranti supereroi e, infine, di acrobati. È questa la trama del cortometraggio Bisu Ndoto, due parole di due lingue diverse – rispettivamente sardo e swahili – con lo stesso significato: “sogno”.
Un sogno che parte da lontano
Sardo, come la lingua dell’associazione Cherimus (che significa “desideriamo”, “vogliamo”). Swahili, come la lingua del gruppo di bambini e di ragazzi nati e cresciuti a Kibera che hanno partecipato alle riprese, quasi involontarie, del cortometraggio realizzato con la tecnica dello stop-motion. L’obiettivo del progetto Ciak! Kibera coordinato da Cherimus e finanziato dalla regione autonoma della Sardegna, infatti, non era solo la realizzazione di un video, bensì la creazione di una residenza per artisti all’interno della baraccopoli così come previsto nei desideri dei fondatori dell’associazione sarda: Emiliana Sabiu, Matteo Rubbi e Marco Colombaioni, volontario e artista diplomato all’Accademia di Brera, e scomparso prematuramente nel 2011. Dopo svariati viaggi in Kenya, il desiderio di Marco era dare nuove possibilità ai ragazzi che vivono nella baraccopoli, attraverso l’arte.
Il vero sogno, dunque, è la creazione di una residenza per artisti itinerante, a cui è stato dato il nome di Darajart, cioè “ponte tra le culture” (dalla fusione delle parole “daraja” che vuol dire ponte in swahili e “art”), e che attualmente è ospitata da uno dei centri di recupero per ex bambini di strada, il Kivuli centre di Nairobi, gestiti dall’associazione Koinonia Community di Nairobi insieme all’ong Amani di Milano. E la speranza è che Ciak! Kibera sia solo la prima tappa di questo viaggio.
Grazie a questo intreccio di relazioni, i 20 ragazzi che hanno partecipato ai diversi workshop nei mesi scorsi si sono trasformati in sceneggiatori, costumisti, scenografi e attori grazie agli insegnamenti di volontari come Alberto Colzani, designer di Milano che ha seguito direttamente il progetto, intervistato da LifeGate: “All’inizio dei laboratori artistici non c’era ancora la volontà di realizzare un video – racconta Colzani –, l’idea è arrivata quando le aspirazioni e la fantasia dei ragazzi ci hanno permesso di capire che l’arte e la sua funzione sociale avrebbero potuto declinarsi in qualcosa di concreto”.
Ciak! Kibera è un cortometraggio, un documentario e un album
Il cortometraggio ha poi dato vita anche a un documentario scritto da Guido Bosticco e da Andrea Canepari (che lo ha anche diretto) dal titolo Bisu Ndoto. Il sogno di Kibera che racconta, attraverso le parole dei protagonisti, la vita quotidiana che scorre, piena di ostacoli, all’interno della baraccopoli, così come la sua formidabile potenza creativa mostrando, al tempo stesso, com’è stato realizzato il cortometraggio.
E anche la colonna sonora è il risultato di un progetto artistico culminato nella realizzazione di un album e di un vinile a tiratura limitata (350 copie) che raccoglie le sensibilità artistiche dei ragazzi di Kibera fondendole con le sonorità sarde di Francesco Medda, in arte “Arrogalla” che ha scritto musica e testi. Da un lato del 45 giri è incisa la musica che fa da soundtrack del corto, dall’altro è possibile ascoltare il “soundscape”, il paesaggio sonoro della baraccopoli registrato alle prime ore del mattino.
Un’ora già “calda” per chi ogni giorno deve lottare e inventarsi qualcosa di nuovo, raccogliendo le sfide che un luogo come Kibera pone ai suoi abitanti. Bisogna essere un po’ come dei supereroi al contrario. Se lo zio di Spiderman, l’Uomo ragno, diceva che “da un grande potere derivano grandi responsabilità”, i ragazzi di Bisu Ndoto hanno capito che la realtà per loro è un po’ diversa: è da una grande responsabilità che nascono grandi poteri. E la loro fantasia è il potere più grande.
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