Uno studio della rete di esperti MedECC e dell’Unione per il Mediterraneo mostra quanto il bacino sia vulnerabile di fronte al riscaldamento globale.
CO2 sempre più fuori controllo, nuovo record nel 2018
L’Organizzazione meteorologica mondiale ha spiegato che la concentrazione di CO2 nell’atmosfera ha raggiunto un nuovo record: 407,8 parti per milione.
L’aumento del quantitativo di gas ad effetto serra nell’atmosfera “non presenta alcun segno di rallentamento”. Ciò “malgrado gli impegni assunti con l’Accordo di Parigi dalla comunità internazionale”. Di conseguenza, la presenza di CO2 ha raggiunto un nuovo record nel corso del 2018: 407,8 ppm (parti per milione). Ovvero il 147 per cento in più rispetto al livello pre-industriale del 1850. Come se non bastasse, il tasso di crescita tra il 2017 e il 2018 è stato più alto della media degli ultimi dieci anni.
Nel 2017 si era arrivati a 405,5 parti per milione di CO2
L’allarme lanciato dall’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm) equivale a dire, di fatto, che chi dovrebbe agire ci sta prendendo in giro. Che il risultato, infatti, sia dipeso dai ritardi dei governi nel tradurre in azioni concrete le loro parole, o dalla ritrosia delle imprese a rinunciare ai propri business incompatibili con la salvaguardia del clima importa poco.
Ciò che conta è che – nonostante gli impegni, le conferenze, le marce, gli scioperi e gli appelli della comunità scientifica – l’umanità continua ad essere lanciata contro un muro. E, per giunta, a velocità sempre più elevata.
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La presenza di anidride carbonica aveva già toccato, secondi i calcoli dell’agenzia Onu, le 405,5 parti per milione nel corso del 2017, contro le 403,3 dell’anno precedente e le 400,1 del 2015. Secondo altre stime effettuate dal Potsdam Institute nello scorso mese di maggio, i valori sarebbero perfino più alti: pari a 412 parti per milione.
WMO issues #GreenhouseGas Bulletin on concentrations of CO2 and other long-lived gases in atmosphere on Mon 25 Nov at 1100 CET (1000 GMT). Livecast on https://t.co/Rw9lrF4JTq #ClimateAction #COP25 pic.twitter.com/32MCSHZa1z
— WMO | OMM (@WMO) November 22, 2019
La concentrazione di CO2 mai cosi alta da almeno 3 milioni di anni
“È bene ricordare – ha sottolineato il finlandese Petteri Taalas, segretario generale dell’Omm – che l’ultima volta che nell’atmosfera della Terra è stato riscontrato un tasso di CO2 così elevato, fu tra 3 e 5 milioni di anni fa. Quando la temperatura media globale era di 2-3 gradi più alta rispetto a quella di oggi. E il livello dei mari era superiore di 10-20 metri”.
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Al biossido di carbonio, tra l’altro si aggiungono metano e ossido di diazoto. Anche la loro crescita, infatti, ha segnato un ritmo più alto rispetto alla media dell’ultimo decennio. Portandoli, esattamente come nel caso della CO2, a segnare dei record di concentrazione. Il che particolarmente inquietante tenendo conto che il metano ha un potere climalterante circa 30 volte più importante rispetto all’anidride carbonica.
Greenhouse gases in the atmosphere reach new record high, locking in #climatechange for future generations. CO2 levels reached 407.8 parts per million in 2018, up from 405.5 ppm in 2017. pic.twitter.com/ghdIxUikda
— WMO | OMM (@WMO) November 25, 2019
L’appello dell’Omm: “Si agisca nell’interesse dell’umanità”
È per questo che Taalas ha lanciato un appello chiaro, diretto ai governi di tutto il mondo, in vista della Cop 25 – la Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite – che si terrà a Madrid dal 2 al 13 dicembre. “Occorre tradurre gli impegni in azioni concrete e rivedere al rialzo le ambizioni. Nell’interesse dell’umanità intera”, ha spiegato.
Per farlo, però, occorrerà convincere i soliti noti. Ovvero Cina, Stati Uniti, Unione europea e India. Che rappresentano da soli il 56 per cento delle emissioni mondiali di gas ad effetto serra. Alla Cop 25 dovranno essere gettate le basi affinché, nel corso dell’anno successivo, vengano riviste le promesse di riduzione delle emissioni. Un lavoro che dovrà essere completato entro il 2020, quando si terrà la Cop 26 sotto la presidenza di Regno Unito e Italia. I prossimi dodici mesi rappresentano dunque, davvero, l’ultima possibilità di evitare la catastrofe climatica.
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