
In un referendum i cittadini hanno scelto di creare 500 nuove “strade-giardino”, rendendo la capitale francese sempre più verde e a misura d’uomo.
Negli ultimi 30 anni la Giamaica ha perso l’85 per cento delle sue barriere coralline. Per invertire questa tendenza è stato avviato un progetto di restauro e i risultati sono incoraggianti.
Le barriere coralline di tutto il pianeta, grandiose cattedrali viventi, stanno subendo un drammatico declino e, secondo gli scienziati, saranno i primi ecosistemi a raggiungere l’estinzione ecologica nell’era moderna. Negli ultimi decenni la presenza di coralli nei Caraibi è diminuita di oltre l’80 per cento. Forse, però, si può provare ad invertire questa tendenza e cercare di ripristinare le barriere coralline prima che sia troppo tardi. È quello che sta facendo la Giamaica, con risultati incoraggianti.
Lo stato insulare caraibico, in seguito a una serie di catastrofi naturali e provocate dall’uomo negli anni ’80 e ’90, ha perso circa l’85 per cento delle sue abbondanti barriere coralline. Di conseguenza la pesca, importante per l’economia locale, ha subito un tracollo, aumentando la povertà. La maggior parte della barriera corallina della Giamaica è stata gradualmente sommersa e sostituita dalle alghe.
Per evitarne la scomparsa definitiva e favorire il ritorno dei pesci, la Giamaica ha avviato un ambizioso progetto di restauro. L’iniziativa consiste nell’allevare i coralli in quello che Everton Simpson, uno dei “giardinieri” che si prendono cura della nascente barriera corallina, chiama il “vivaio di coralli“, situato a 7,6 metri di profondità nelle acque del White river fish sanctuary. Qui i piccoli frammenti di corallo fluttuano appesi a delle corde, come calzini attaccati a un filo stendibiancheria.
Gli addetti di questo particolare vivaio accudiscono i piccoli coralli proprio come fossero piantine, rimuovendo gli invertebrati marini che si cibano dei coralli immaturi e, quando il corallo ha raggiunto le dimensioni necessarie, viene “trapiantato” individualmente su una scogliera. I coralli vengono fissati temporaneamente alla roccia, fino a quando non si fissano autonomamente. L’obiettivo è avviare la crescita naturale di una barriera corallina. Il programma di ripristino prevede anche la sensibilizzazione dei pescatori locali, convincendoli a evitare alcuni luoghi per pescare e a non lasciare in mare alcun tipo di rifiuto.
Il lavoro, come detto, sta dando i primi frutti: i pesci, che un tempo popolavano in quantità inimmaginabili le barriere coralline, stanno lentamente riapparendo. “I coralli stanno tornando e anche i pesci stanno tornando – ha affermato Stuart Sandin, biologo marino dello Scripps institution of oceanography di La Jolla, California. – È probabilmente una delle barriere coralline più vivaci che abbiamo visto in Giamaica dagli anni ’70. Quando dai alla natura la possibilità, può ripararsi. Non è troppo tardi”.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
In un referendum i cittadini hanno scelto di creare 500 nuove “strade-giardino”, rendendo la capitale francese sempre più verde e a misura d’uomo.
Siamo stati a Montespluga per lo Skialp Fest di Homeland per capire perché lo scialpinismo sia un modo bellissimo e meno impattante di vivere la montagna.
Il premio Wood Architecture Prize by Klimahouse ha rappresentato anche un modo per celebrare la Giornata internazionale delle foreste.
L’Europa ragiona su un piano da 800 miliardi e intanto vota per una maggiore sicurezza: inevitabilmente quei fondi verranno sottratti alle vere emergenze.
Per la prima volta nel 2025 si celebrano le più grandi fonti di acqua dolce del pianeta, che fronteggiano la sfida dei cambiamenti climatici.
Un tribunale condanna Greenpeace a pagare 660 milioni di dollari. L’accusa? Aver difeso ambiente e diritti dei popoli nativi dal mega-oleodotto Dakota Access Pipeline.
In Italia sono 265 gli impianti ormai disuso perché non nevica più: rimangono scheletri e mostri di cemento. E l’esigenza di ripensare la montagna e il turismo.
Temendo la presenza di rifiuti tossici, la Groenlandia ha interrotto l’estrazione dell’uranio. Ora potrebbe essere costretta a ricominciare. O a pagare 11 miliardi di dollari.
L’organizzazione della Cop30 nella foresta amazzonica porta con sé varie opere infrastrutturali, tra cui una nuova – contestatissima – autostrada.