Circa 40.000 persone hanno sostenuto le richieste indigene, che si oppongono a un progetto di revisione del trattato fondativo della Nuova Zelanda.
Come stanno i bambini nati e cresciuti con la guerra in Iraq
Com’è la situazione in Iraq dopo la liberazione di Mosul dallo Stato Islamico, ma soprattutto come sta la popolazione e come stanno i bambini che sono scappati dalla guerra. L’editoriale della delegata di Terre des Hommes in Iraq.
di Miriam Ambrosini* – da Erbil, Iraq
“Mosul liberata”. La dichiarazione sulla liberazione di Mosul fatta da parte del governo iracheno ha, in realtà, solo un valore politico in quanto la città di Mosul era già quasi totalmente liberata dall’occupazione dello Stato Islamico (Isis). Ma il fatto è che altre zone del Paese, come Talafar, Anbar, Hawja, dove vivono migliaia di persone, sono ancora sotto il controllo dei miliziani. Serviranno altri mesi di combattimenti prima che l’Iraq possa davvero dire di aver sconfitto e sradicato lo Stato Islamico dal suo territorio.
Com’è cambiata la situazione negli ultimi anni per la popolazione
È difficile descrivere un quadro che accomuni la popolazione irachena in generale perché ci sono molte differenze tra i vari gruppi dovute al periodo in cui hanno lasciato le loro case, le zone in cui queste persone sono state accolte, la loro possibilità economica. In questi anni abbiamo visto la regione a maggioranza curda sprofondare in una crisi economica che ha spinto molte famiglie verso la povertà e ha causato momenti di tensione sociale tra la comunità ospitante e i profughi presenti sul territorio accusati – tra le altre cose – di ricevere più aiuti umanitari, di “rubare” il lavoro, di gravare sulle scarse risorse della regione.
Abbiamo visto i rifugiati siriani e i profughi iracheni arrivati tra il 2014 e il 2015 che in parte si sono integrati nel tessuto sociale della regione curda e in parte sono ancora confinati nei campi o nei sobborghi, con sempre meno aiuti da parte della comunità internazionale e con situazioni di disagio sociale che stanno peggiorando rapidamente e non vedono possibilità di soluzione. Abbiamo visto ondate di profughi in fuga da Mosul in condizioni disperate essere accolti in grandi campi nel bel mezzo del deserto, con servizi essenziali, ma poche possibilità di lavoro e forti restrizioni di libertà e movimento. Abbiamo visto famiglie che stanno tornando verso Mosul e i territori liberati per riprendersi le loro case e ricominciare la loro vita laddove l’avevano interrotta, con molte speranze ma anche rischi e privazioni. È una realtà mutevole, frastagliata e complessa che lascia tante domande senza risposta.
100mila bambini sono costretti a vivere in condizioni di pericolo
I bambini fuggiti con le loro famiglie da Mosul sono arrivati nei campi in condizioni quasi disperate. A livello psicologico portano il peso dei due anni vissuti sotto il controllo dell’Isis, quasi prigionieri in casa loro, senza andare a scuola, costretti ad assistere ad episodi di violenza inaudita. A livello fisico i bambini hanno spesso sofferto di malnutrizione, alcuni sono feriti e non hanno niente di più del vestito che indossano. In più hanno vissuto la guerra, i bombardamenti, la fuga a piedi, magari anche di notte e sotto il fuoco incrociato dei combattimenti pur di arrivare nei campi profughi. Qui la situazione è varia: ci sono campi più attrezzati e campi dove le condizioni di vita sono dure. Chi vive fuori dai campi, ancora intrappolato tra le macerie di Mosul o in qualche casa sovraffollata ospite di amici e parenti è sicuramente ancora più in difficoltà perché escluso dagli aiuti internazionali.
Quando i bambini arrivano nei nostri centri sono spesso impauriti, non si fidano di nessun adulto, hanno comportamenti aggressivi con i propri coetanei, sono spaventati persino dalla musica che si utilizza nelle attività ludiche e didattiche. Con il tempo queste diffidenze generalmente si risolvono e si può notare come i bambini riescano piano piano a tornare bambini, ricominciando a sorridere, giocare, imparare.
Quali sono i progetti di Terre des Hommes in Iraq e cosa si può fare per sostenerli
Terre des Hommes è presente in Iraq da moltissimi anni e si è mobilitata subito nel 2014 per assistere i bambini siriani e iracheni vittime del conflitto. Da allora abbiamo aiutato più di 100mila persone, in maggioranza bambini, con la distribuzione di aiuti umanitari ma soprattutto con la creazione di spazi sicuri, quelle che chiamiamo Case del sole, nei maggiori campi profughi intorno a Mosul e nella zona di Erbil. In questi centri facciamo attività educative e psicosociali per i bambini che non hanno potuto frequentare la scuola per lungo tempo, individuando i casi che richiedono un servizio più specifico (assistenza psicologica, sanitaria o sociale).
Per aiutare Terre des Hommes si può fare una donazione online
Per gli adolescenti stiamo portando avanti dei corsi di formazione professionale, in modo che possano avere una prospettiva concreta di lavoro e non cadano nelle reti criminali o di sfruttatori che li usano in lavori non specializzati. Gli interventi che promuovono la loro partecipazione sociale e integrazione con la comunità ospitante sono tanti e volti a evitare che si alimentino tensioni tra le varie etnie toccate dal conflitto.
*Miriam Ambrosini è la delegata di Terre des Hommes in Iraq
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