Un pomeriggio di confronto sui temi della biodiversità in occasione della presentazione del primo Bilancio di sostenibilità territoriale della Sardegna.
Come sta l’Abruzzo dopo gli incendi di questa estate
La scorsa estate le fiamme hanno bruciato le montagne dell’Abruzzo per settimane. Le ferite di quella stagione sono ancora visibili, ecco cosa è rimasto oggi.
Sono trascorsi ormai oltre quattro mesi dallo scoppio del vasto incendio che ha colpito il monte Morrone, nel massiccio della Majella, in Abruzzo, seguito da altri roghi che hanno interessato numerosi comuni. Le fiamme hanno bruciato migliaia di ettari di foresta nel parco nazionale della Majella, circa il 5 per cento della superficie, una delle aree con la maggiore concentrazione di biodiversità del Paese.
Sono andati a fuoco quasi seicento ettari di praterie sommitali, preziosi ecosistemi che ospitano numerose specie floristiche endemiche. Le indagini hanno poi evidenziato la natura dolosa della maggioranza dei roghi, conferendo alla vicenda un’aria ancora più lugubre. I media, sempre a caccia di disgrazie fresche, hanno smesso ben presto di occuparsene e anche noi lettori, ormai anestetizzati e assuefatti alle tragedie, abbiamo smesso di pensarci.
Carcasse e desolazione nelle foreste d’Abruzzo
Non tutti, però, si sono dimenticati dell’Abruzzo. Tra questi c’è Luca Santini, un giovane fotografo che ha deciso di andare a vedere con i suoi occhi, e la sua macchina fotografica, come stanno le montagne abruzzesi dopo gli incendi. “Ero curioso di vedere cosa si fosse lasciato alle spalle l’incendio di cui tanto si è parlato sui giornali finché le fiamme non sono state spente, poi, più nulla – ci ha raccontato. – Appena arrivato ho trovato morte e desolazione, carcasse carbonizzate di alberi e animali”.
Dove cresceva l’erba
Le fotografie che Luca ha scattato verso la fine di ottobre, tra le montagne del parco della Majella, intorno alla piccole frazioni di Pacentro, Marane e Bagnaturo, mostrano decine di alberi carbonizzati, il terreno brullo, le tracce della vita che sembra aver ormai abbandonato quei luoghi, come il guscio vuoto di una lumaca. “Mentre mi addentravo nel bosco mi sono ritrovato immerso come in una sorta di incantesimo, tutto sembrava essersi fermato intorno a me e un assordante silenzio contornava il tutto – ha spiegato Luca Santini. – Era una sensazione strana, nonostante la giornata di sole tutto era cupo e spettrale. Quello strano silenzio fu la cosa che mi colpì di più”.
La natura non muore mai
La natura, tuttavia, è sempre capace di risorgere dalle sue ceneri e ci insegna che vita e morte sono inscindibili, necessarie l’una all’altra. “Ho visto piccoli indizi di vita – ha detto Santini – come una sorta di rivincita da parte della natura, il che un sorriso è riuscito a strapparmelo, ma ferite del genere richiedono anni per risanarsi”.
Italia ridotta in cenere
L’estate del 2017 è stata terribile per l’Italia, primo paese in Europa per numero di incendi boschivi. La maggior parte degli incendi ha colpito aree protette dall’elevato valore naturalistico, complessivamente, secondo quanto riportato da Legambiente, sono andati in fumo 35mila ettari del nostro prezioso e insostituibile patrimonio ambientale. Proprio come in Abruzzo anche nel resto della penisola la maggior parte dei roghi è stata di origine dolosa, lasciando intravedere l’ombra della mafia, di cui questo Paese sembra proprio non riuscire a fare a meno.
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