Le novità introdotte dal governo per contenere la pandemia in Italia, a partire dal green pass rafforzato, o super green pass.
Coronavirus, gli umani sono reclusi e gli animali ne approfittano, ma non quanto ci viene raccontato
In Italia e in molti altri paesi in cui è stato applicato il lockdown, si è assistito ad un apparente ritorno della fauna nei centri urbani, diverse osservazioni si sono però rivelate false.
Cinghiali, istrici, delfini, anatre e persino un puma. Da quando molte nazioni sono entrate in quarantena per contrastare la diffusione del coronavirus, lasciando così semi deserti centri urbani e strade, sembra che gli animali ne abbiano approfittato per riaffacciarsi, più o meno timidamente, in quegli spazi da cui erano stati cacciati a forza dalla dilagante antropizzazione.
La narrazione della natura che riprende i suoi spazi risulta affascinante, soprattutto in questi tempi cupi, contraddistinti da preoccupazione e incertezza, ed è pertanto facile accettarla in maniera acritica e cadere in errore. Molte delle foto e delle storie di “animali alla riscossa” circolate in questo periodo e diventate virali sui social, si sono infatti rivelate false, o quantomeno imprecise.
Proliferano le notizie false
Come il video dei delfini che nuotano nei canali di Venezia, girato in realtà a Cagliari in Sardegna, o come l’avvistamento di decine di lepri in un parco di Milano, rivelatesi invece essere silvilaghi (Sylvilagus), lagomorfi alloctoni introdotti dal Nord America, la cui presenza nel parco era ben nota. Da un lato ci sono decine di foto e video in cui luogo e data non corrispondo al vero, dall’altro ci sono avvistamenti che sono effettivamente reali, ma viene ricondotta alla quarantena la presenza invece normale di alcune specie.
L’inurbamento non è una novità
Gli animali, infatti, occupano i centri urbani da decenni, è il fenomeno dell’inurbamento animale. Riguarda in particolare specie dalla spiccata plasticità ecologica, in grado di adattarsi alla vita nell’ambiente urbano, come ricci (Erinaceus europaeus), volpi (Vulpes vulpes) e numerose specie di uccelli.
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È vero, ci sono più animali del solito nelle città
Fatte queste doverose premesse, possiamo dire che, effettivamente, diversi animali sono stati osservati in luoghi o in orari inusuali, e alcuni di loro potrebbero perfino chiedersi il perché di tanta quiete. È normale, con milioni di persone segregate in casa, le strade, i prati e le spiagge sono deserti come non mai. Per comprendere l’entità del fenomeno occorre però avere una visione completa e disporre di dati certi, per questo l’Associazione teriologica italiana (Atit) ha chiesto ai suoi soci di partecipare al primo studio osservazionale su larga scala, dedicato alla quantificazione degli effetti delle misure preventive legate al coronavirus sui ritmi di attività della fauna selvatica.
“Questo evento rappresenta un esperimento su vasta scala unico nel suo genere – ha scritto l’associazione – che può consentire di capire meglio l’effetto del disturbo antropico sui ritmi di attività dei mammiferi italiani, in particolare ungulati e carnivori e grandi roditori. Poter osservare gli effetti di questo cambiamento è un’opportunità unica, perché eventi simili hanno una frequenza nel tempo molto rara”.
Capre e puma nelle città
In varie parti del mondo è stata documentata la presenza di animali, sia selvatici che domestici, che scorrazzavano tranquillamente per le vie deserte delle città. L’episodio più recente ha visto protagonista un gregge di capre di razza cashmere che ha “imperversato” per le strade della cittadina gallese di Llandudno. Le capre, che vivono allo stato brado sul vicino promontorio calcareo di Great Orme, hanno approfittato della quiete per pasteggiare con le siepi e i prati del paese.
#puma Maravilloso pic.twitter.com/1HC24DrVnQ
— MegafonoPopular® (@MegafonoPopular) March 24, 2020
Di ben altro tenore l’avvistamento fatto in Cile, dove un giovane puma (Puma concolor) avrebbe vagato per le strade di due comuni della Regione Metropolitana di Santiago, prima di essere catturato dalle forze dell’ordine e portato alla clinica veterinaria del Metropolitan zoo, in attesa di rilascio. Anche in questo caso si ipotizza che la presenza del grande felino sia legata al lockdown, ma Cristóbal Briceño, professore della Facoltà di scienze veterinarie e zootecniche dell’Università del Cile (Favet), ritiene che la causa possa essere la straordinaria siccità che affligge il Paese, che sta costringendo erbivori e predatori a spostarsi dai loro habitat abituali.
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L’esempio di Chernobyl
Siamo d’altronde a conoscenza di diversi casi in cui, seppur per ragioni differente, aree urbane sono state abbandonate permettendo il ritorno della vita selvatica, a testimonianza che quando l’uomo fa un passo indietro la natura torna subito a respirare. L’esempio più noto è quello di Chernobyl, a oltre trenta anni di distanza dall’incidente nucleare la biodiversità della zona, ormai completamente priva di presenza umana, è aumentata in maniera esponenziale. Le popolazioni di lupi, alci, orsi bruni, volpi e cavalli di Przewalski sono cresciute enormemente (anche se non è ancora chiaro il reale effetto delle radiazioni sugli animali).
Perché crediamo di vedere animali ovunque
Il proliferare di notizie false circa il ritorno degli animali in città e una presunta rivincita della natura, potrebbe essere legato all’ardente bisogno di storie positive cui appigliarsi, in un momento così difficile. È in qualche modo rassicurante pensare che almeno gli animali possano beneficiare della nostra reclusione e vagare pacificamente.
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O forse, più o meno inconsciamente, desideriamo che queste notizie siano vere e che gli animali tornino a riempire le nostre vite perché siamo vittime di quella George Monbiot definisce “noia ecologica” e abbiamo un disperato bisogno di natura e di riabbracciare la nostra animalità. Ci auguriamo che quando l’emergenza sarà passata e usciremo da questo limbo, potremo ancora ricordarci di questa necessità e che saremo disposti a fare delle rinunce affinché la linea di separazione che divide domestico e selvatico sia meno marcata.
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